È questo che bisogna sapere ogni volta che si va a chiedere
un responso alle Fate: rendersi conto che quello che dicono può voler
significare cose diverse. Altrimenti, rischi di venire ingannato».
«Insomma, delle belle imbroglione, queste Fate!»
«Sì e no. In realtà le Fate sono come la vita, o meglio come
il Fato di cui portano il nome. Nella vita quante cose sono chiare? Vi è mai capitato,
con il senno di poi, di dirvi: “che stupido sono stato a non capire prima
quello che i fatti della vita volevano dirmi”?».
«Innumerevoli volte. E a dire il vero, il motivo per cui sto
andando dalle Fate è proprio perché non voglio, per l’ennesima volta, trovarmi
a dire proprio questa frase!».
«E allora vi racconto un’altra storia, per farvi capire
meglio ciò di cui sto parlando. Un ricco athum, si recò dalle Fate per sapere chi era che
aveva svaligiato la villa di sua madre, rubando tutti gli oggetti di valore che
vi si trovavano. Sperava di poter recuperare almeno una parte dei loro averi,
perché fra le cose che i briganti avevano depredato, c’erano molti cimeli e
gioielli di famiglia.
In cambio, offrì tutto il vino degli otri delle sue cantine.
L’uomo ammise che in quel caso forse non lo voleva sapere,
perché il messaggio era chiaro: doveva esserci di mezzo qualcuno molto vicino a
lui. Rispose quindi che più che voler sapere chi erano i colpevoli, voleva
sapere come fare per riavere ciò che era stato tolto alla sua famiglia.
Il nobile patrizio si recò là con dei gendarmi e con tutti i
suoi servi armati fino ai denti, e trovò effettivamente gran parte degli
oggetti rubati dalla sua villa e anche molte altre cose rubate.
I gendarmi poi, che volevano assolutamente catturare i
briganti, si appostarono nella caverna e attesero che questi comparissero. Ne
risultò un combattimento, e alcuni dei briganti furono uccisi, e altri
catturati, fra i quali il loro giovane capobanda, un uomo di grande avvenenza e
prestanza fisica.
Quando si seppe che quella banda di briganti era stata
catturata, e che il capobrigante sarebbe stato decapitato sulla piazza del
paese vicino alla villa, la sorella più giovane del nobile patrizio sparì nella
notte. Fu cercata dappertutto fino a quando fu scoperta dai gendarmi intenta a
cercare di far evadere il capobanda dei briganti, di cui era l’amante.
Si venne a sapere quindi che era stata lei a far entrare
nottetempo i briganti nella villa, una notte che i suoi familiari si erano
allontanati in visita a dei parenti, e gli schiavi erano stati spinti ad
ubriacarsi dalla fanciulla.
Al nobiluomo si spezzò il cuore, perché la fanciulla fu
imprigionata con l’accusa di complicità, ma lei non poté neanche vedere la fine
del processo, perché si suicidò in carcere dopo l’esecuzione del suo amato.
Disperato e pieno di rimpianto, volle tornare dalle Fate,
per chiedere loro quale sarebbe stata la domanda che avrebbe dovuto porre per
permettergli di riavere la refurtiva senza causare la tragedia e la vergogna
familiare che l’aveva poi colpito. Forse voleva capire dove aveva sbagliato, e
anche se non poteva tornare indietro, voleva imparare a evitare altri tragici
errori futuri.
Le Fate gli risposero che avrebbe potuto fare due domande
diverse: una era “cosa devo fare per riottenere la refurtiva senza dover
scoprire chi è stato a rubarmela”, e loro gli avrebbero dato il nome del
colpevole con cui avrebbe potuto mercanteggiare per riottenere il maltolto, ma
non avrebbe risolto il suo problema familiare di cui non si era neanche reso
conto.
E l’altra domanda sarebbe stata “come devo fare per impedire
che succedano altre disgrazie in famiglia” e allora loro gli avrebbero detto di
mandare sua sorella in un monastero per tre anni. Cosa che gli avrebbe fatto
mangiare la foglia, ma almeno sua sorella sarebbe stata ancora viva.
Il nobiluomo poi aveva chiesto ancora quale secondo loro
sarebbe stata fra le due la domanda migliore da porre, e loro gli risposero che
era un ben misero Uomo se credeva che potessero essere le Fate a dover guidare
le scelte degli Uomini, dicendo loro quale era la scelta migliore da prendere.
Capite la morale della storia? Bisogna saper porre le domande giuste,
per avere le risposte giuste. Ma è sempre col senno di poi, che ci accorgiamo
di aver posto le domande sbagliate. Eh, io c’ho
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