messo un bel po’ di tempo per capirlo. Anche io all’inizio
mi dicevo che le Fate erano delle brutte bastarde, non capivo che siamo noi
Uomini ad essere dei poveri ignoranti che non sanno come muoversi nella vita. E
la colpa non è di nessuno. Né nostra, né delle Fate. Semplicemente la vita è
così. Misteriosa e ambigua».
«Però… siete bravo a raccontare le storie, Sethir! E capisco
benissimo cosa intendete dire: le Fate ti possono dare solo dei vaghi
suggerimenti, ma non possono dirti cosa devi o non devi fare. Il Fato, in
effetti, ce lo costruiamo da soli, anche se sembra scritto nel nostro sangue,
no? Voi mi ricordate un mio amico che ho perso qualche tempo fa, e che spero di
poter ritrovare nel bosco delle Fate. Un Sileno di nome Prukhu. Anche lui era
molto bravo a raccontare storie, come la gran parte dei Sileni».
«Ah, Prukhu??? Siete amico di Prukhu?? Il vecchio Prukhu,
che vive dalle parti di Arethyan?».
«Sì, proprio lui. Anche io vengo da Arethyan. Lo conosco da
tanti anni, ma qualche mese fa ha dovuto venire qui, al cospetto della Regina
delle Fate, e da allora non l’ho più visto….».
«Ah, siete di Arethyan, il paese vicino al Santuario di
Silen? Ditemi, l’avete visitato? Io non ci sono ancora stato, ma tutti ne
parlano, e dicono che è una cosa meravigliosa e antichissima, che viene da
prima del Diluvio. È vero?».
La conversazione quindi si spostò per un po’ sul Santuario
d’Ambra, inevitabilmente. Velthur si maledisse per aver detto di venire da
Arethyan. Non ne poteva più di parlare di quel benedetto tempio ipogeo.
Poi però riuscì a riportare il discorso su Prukhu.
«Eh, il vecchio Prukhu! Ogni tanto veniva a far visita anche
a casa mia. Quante storie che mi ha narrato! Adesso però è un po’ di tempo che
non lo vedo più. Però vedo suo figlio, Menkhu. Lo conoscete?».
«No! Non mi ha mai detto di avere un figlio!».
«Veramente ne ha parecchi, di figli e figlie. Credo una
dozzina. Proprio come me. Credo anche che abbia avuto due mogli. La prima è
morta di parto e si è risposato. Poi, quando i figli sono diventati grandi, ha
cominciato a vivere presso gli Uomini, come fanno a volte i Sileni. Però suo
figlio Menkhu mi ha detto che adesso è ritornato alla vita dei boschi, e che
non avvicina più nessun Uomo. Una cosa molto strana. A lui piaceva partecipare
alle feste campestri. Gli piaceva dormire nei fienili, stare con la gente
umana. Quando ho cercato di chiedergli il perché, Menkhu non ha voluto dirmi
niente. Dice che sono cose che riguardano solo i Sileni e che lui non poteva
parlarmene.
Mah… mi è dispiaciuto molto. Spero che un giorno si rifaccia
vedere. Era simpatico».
Velthur non rivelò a Sethir il vero motivo del perché Prukhu
non si faceva più vedere nel regno degli Uomini. In fin dei conti, non sarebbe
servito certo né a Prukhu né tantomeno a lui.
«Anche la sua famiglia vive da queste parti?»
«Ma sì, certamente. Qui è pieno di Sileni nei boschi. Non ha idea di quanti ce ne sono. Sono
timidi, e si nascondono quasi tutti, e quindi sembra che non ci siano, ma vi
assicuro che sono numerosi. Quanti siano, ovviamente, è impossibile saperlo, ma
se si va nei boschi qui attorno si vedono tracce dappertutto. Li vedrete se
andrete dalle Fate».
«E ditemi: c’è la possibilità di incontrare la Regina delle Fate in
persona?».
«La Regina ?
Guardate, non c’è nessuna Regina, se intendete il capo delle Fate. Cioè, la Regina è un modo per
indicare tre persone diverse: le Tre Madri del Fato. O meglio la Triplice Madre. La gente di
fuori crede che sia una persona sola, ma in realtà sono tre Fate diverse, che
governano la tribù del posto. Siccome le Fate e i Sileni parlano di loro come
se fossero una persona sola, la gente si è messa in testa che è una sola, ma in
realtà sono tre. E sono sempre state tre, per tradizione».
«Sì, avevo sentito questa storia. O meglio, l’ho letta in un
libro sul popolo fatato. Ma almeno una delle tre, la si potrebbe incontrare, là
nel bosco?».
«Se ne incontrate una, le incontrate tutte e tre. Si fanno
vedere solo quando sono assieme. Sì, alcuni le hanno incontrate. La nostra alkati, per esempio, ogni tanto le
vede».
«Ah, questioni amministrative, immagino….».
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