martedì 1 novembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 237° pagina.


Io voglio solo che la sua passione per la ricerca non vada perduta. Custodirò io l’eremo, e tutti i libri che ha lasciato dentro, il suo laboratorio di alchimia….

La Reverenda Madre mi ha promesso che farà il possibile. Gli strumenti di alchimia sono stati tutti sequestrati dai gendarmi, e non sa se potrà restituirli a me, ma i libri li potrò tenere. Passerò la mia vita d’ora in poi a studiare, a coltivare la conoscenza, a raccogliere altri libri, e se troverò delle consorelle e dei confratelli che vorrano seguirmi, coltiveremo assieme questa grande passione. Sarà così che faremo in modo che la vita e l’impegno di Aralar non siano stati inutili».

«Non pensate che potreste onorare la sua memoria anche entrando in un monastero, dove comunque potreste continuare gli studi dei suoi libri, magari anche con l’aiuto di chi ha già cultura ed esperienza…?».

«Lo so che volete che mi allontani da tutto questo, l’ho capito. Ma è inutile che ci proviate. Ho già deciso:  prima di venire qui, mi sono incontrata con la Reverenda Madre Axili, le ho espresso la mia intenzione di occupare l’eremo di Aralar e di proseguire la sua opera, dato che di eredi non ne aveva, e non ha lasciato alcun testamento. Dice che pensa di riuscire a far valere legalmente le mie ragioni. In fin dei conti, si tratta di continuare a pagare l’affitto all’athum che possiede il monte. Se nessuno viene a reclamare i beni personali di Aralar, li posso tenere io, in quanto unica sua pupilla spirituale».

«Harali, che voi dobbiate allontanarti da quel luogo non è una mia opinione personale, è un dato di fatto! La morte di Aralar è stata la cosa più orribile che abbia mai visto in vita mia, e credo anche più orribile di quello che ha visto chiunque altro. Non riesco neanche a capire come sia possibile che l’abbiano smembrato in quel modo…. Avete avuto modo di vederne i resti? Ve lo hanno detto in che condizioni ho trovato i pezzi del suo corpo? Come potrei accettare serenamente che voi d’ora in poi viviate nella sua casa, studiate i suoi libri, senza sapere se quello che è successo a lui possa succedere anche a voi?».

«Ma è proprio per questo che voglio occuparmi della sua eredità. Per impedire che i suoi segreti cadano in mani sbagliate. Io li custodirò, non li rivelerò a nessuno. E se scoprirò i suoi segreti oscuri, non li userò, non lo seguirò sulla sua strada. Era l’aspirazione al sapere, all’elevazione spirituale che volevo seguire in lui, il suo sogno di trovare segreti che potessero aiutare la gente a vivere meglio, a diffondere la virtù e la saggezza. Lui ha senz’altro commesso un gravissimo errore, anche se non so quale, ma io non lo imiterò in questo e non permetterò che lo facciano altri. Non vi sembra giusto, questo?».

«Se è in grado di farlo, sì. Ma voi cosa sapete delle conoscenze di Aralar? Cosa ne sappiamo, se magari altri erano coinvolti nei suoi progetti? Io ho il sospetto che facesse parte di qualche setta o conventicola segreta, misterica, e che altri potrebbero venire a reclamare la sua eredità…».

«Forse l’hanno già fatto. Il diario di Aralar è misteriosamente scomparso. Voi ne sapete qualcosa, dottore?».

Velthur si accorse di essere stato stupido. Non aveva pensato che lei avrebbe potuto accorgersi del furto del diario, dato che aveva accesso all’eremo quotidianamente.

Avrebbe potuto mentire, ma sapeva che Harali non gli avrebbe mai creduto.

«Ammetto di essere stato io. L’ho affidato a chi saprà custodirlo fino a quando non sarà il momento di leggerlo».

«E chi lo deciderà il momento di leggerlo? Voi? Chi vi dà il diritto di decidere della roba degli altri? Quel diario è mio, dottore. Anche se suppongo che neanche facendovi arrestare per furto, potrei riottenerlo. Purtroppo la tortura non è prevista per un furto del genere, ma un po’ di galera sicuramente sì….. pensateci bene. Io adesso uscirò da quella porta e andrò di nuovo da Axili Kalpur a dire che il diario ce l’avete voi. Ci tiene anche lei a quel manoscritto. E tenete conto sempre che voi siete un Avennar, un miscredente ateo, nemico degli Dei, mentre io sono stata già consacrata Reverenda Madre, anche se di ordine minore. La mia parola contro la vostra ha molto più peso».

Si alzò in piedi, e Velthur la vide come se la conoscesse per la prima volta.

Non era più la ragazza dolce, remissiva, apparentemente timida che aveva conosciuto. Ora era una sacerdotessa arrogante, sicura di sé come tante altre sacerdotesse del Veltyan, una nemica.

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