sabato 5 novembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 240° pagina.


sempre qualcuno, in qualsiasi campo, in qualsiasi giardino, persino nella penombra del bosco, forano la neve meglio di un bucaneve. Uno di loro mi è stato mostrato da Ashtair, la maledetta gatta di Aralar, come a volermi dire che non è finita. Per quanto tempo continueranno a spuntare? Per sempre?».

«Non lo sappiamo. I fiori appartengono anch’essi all’Altrove, vengono dagli abissi dell’Ignoto. Non possiamo vedere il loro futuro nel nostro mondo. Ma finché continueranno a spuntare, non potremo abbassare la guardia. Dovremo vegliare, dovremo tenerci pronti a combattere, come fanno i gatti…. Ashtair ora appartiene ad Harali, segue lei. Per Harali è solo un altro ricordo di Aralar, che amava, ma in realtà è la sua guardiana. Non è riuscita a salvare il suo precedente padrone, ma forse riuscirà a salvare lei. Col tuo aiuto, forse».

«Non avevi detto che lei avrà una vita lunga e serena, dedicata allo studio e al sapere? E adesso invece mi dici che potrebbe essere in pericolo? Cosa devo fare? Cosa dicono di fare le Tre Madri del Fato?».

«Niente di più di quello che hai fatto finora. Continua a cercare, a studiare, a vegliare, come hai fatto finora. E quando arriveranno i prossimi emissari dell’Altrove, le prossime voci dall’Abisso dell’Ignoto, forse tu sarai pronto, forse tu saprai dare un volto e un nome a ciò che ci minaccia. E per quanto riguarda Harali, le Tre Madri dicono che avrà una vita serena se riusciremo a respingere gli emissari dell’Altrove. Cosa succederà se invece prevarranno, nessuno può dirlo. E loro non possono dirci se vinceremo noi o loro».

«Tutto qui? Nient’altro? Alla fine siamo al punto di partenza e la tua Triplice Regina delle Fate non ha saputo rivelarmi niente di sostanziale. Il mistero resta intatto, non siamo andati avanti di un passo. Non sappiamo cosa ci minaccia, né perché».

«Velthur, credevo che fossimo riusciti a farti capire che le risposte le puoi trovare solo tu, non noi. Noi non ne abbiamo il potere. Solo tu, e coloro che vorranno seguirti sulla tua strada. Questa è l’unica cosa che possiamo dirti».

«E quanto tempo ci vorrà prima che dobbiamo di nuovo affrontare l’Ignoto? Questo almeno lo sapete?».

«Le Tre Madri dicono che ci vorranno anni. Vedono la pace per diversi anni, poi vedono di nuovo una’altra ombra di terrore sul paese, e questa seconda ombra potrebbe durare anche molti altri anni. Poi, fra circa quindici anni l’ombra si allontanerà, ma non sparirà. Semplicemente andrà in un altro luogo, sempre più lontano, ma non sparirà comunque. E in un futuro ancora più lontano quell’ombra tornerà, ma tu non sarai più in questo mondo, e saranno altri a doversene occupare».

«E alla fine quellombra di terrore sparirà?».

«No, non scomparirà mai del tutto. Perché è qui da sempre. Nascosta, latente, quiescente, ma sempre presente. A volte dorme, anche per migliaia di anni, a volte si risveglia e si diffonde sulla Madre Terra come un’epidemia. Poi si ritira. Se è merito di qualcuno, o se è una cosa che deve avvenire naturalmente, non te lo sappiamo dire. Sappiamo solo che dobbiamo combatterla, perché già altre volte ha spinto il nostro mondo nel caos e nella follia».

«E non sapete neanche che cos’è!».

«Quello che sappiamo, non te lo possiamo rivelare, lo sai. È un giuramento che abbiamo fatto ai nostri antenati, dal tempo in cui i Sileni cominciarono a celebrare il belk, e il nostro popolo si unì a loro. I nostri Sacri Misteri sono così, e fino a quando tu non ne vorrai fare parte….».

Velthur fece un gesto di fastidio e una smorfia di disgusto. Lo Gnomo malefico non demordeva mai, e questo lo rendeva sempre più irritante.

«Vattene via! Per un bel pezzo non ne vorrò più sapere di te. Tanto non abbiamo più niente da dirci! Fatti vedere solo quando vorrai darmi quel maledetto diario!».

«Io credo invece che presto, molto più presto di quanto tu possa immaginare, vorrai parlarmi di nuovo…. anche se immagino che non mi tratterai più gentilmente di quanto fai normalmente….».
La sua figura si confuse di nuovo con i rami uniformi del cirpresso, e subito dopo Velthur non scorse più la vaga forma antropomorfa celata in essi. Sperò che se ne fosse veramente andato, e si rammaricò di non avere più al collo la Chiave dei Nan

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