Non aveva pensato che, trovandosi a dover scegliere fra lui
e la memoria di Aralar, lei avrebbe scelto quest’ultima.
«Ora io me ne vado, dottore. Non speravo di farvi confessare
il furto del diario, quindi mi aspetto adesso che vi dimostriate ragionevole e
che me lo consegnate al più presto. Vi do qualche giorno di tempo. Se non
l’avrò riavuto, andrò a parlare prima con Axili, poi con i gendarmi, e vediamo
chi avrà le armi migliori. Pensateci!».
Si avviò verso la porta, senza neanche farsi accompagnare.
Era furiosa, e lo si vedeva.
Velthur cominciò a sentire crescere il panico dentro di sé.
Non era finita, non era affatto finita.
E non credeva per niente nelle buone intenzioni di Harali.
Era convinto che la sua fosse solo ipocrisia. Lei voleva i segreti di Aralar
per continuarne l’opera integralmente, qualsiasi fosse stata. L’eremita pazzo
l’aveva plagiata, e l’aveva ormai trascinata nello stesso vortice di follia
delirante.
O forse, la stessa forza che aveva fatto impazzire Aralar,
ora aveva fatto impazzire anche Harali.
Subito dopo, arrivò la signora Mendibur a portare via i
calici di vino caldo che aveva portato prima per il dottore e la sua ospite.
«Povera ragazza…. come sta? Dev’essere stato un colpo
orribile per lei. Cosa farà ora? Tornerà a casa sua?».
«No, vuole stabilirsi nell’eremo e proseguire l’opera del
suo mentore. Ho cercato di dissuaderla, invano».
«Un altro guaio, insomma! Non se ne può più, dalla scorsa
estate il nostro villaggio sembra diventato una gabbia di matti! Demoni che
volano nella notte, apparizioni di animali misteriosi, il ritrovamento del
Santuario d’Ambra e quello che vi è successo quando la Regina l’ha visitato….».
«Per non parlare della misteriosa sparizione di Thymrel….».
«Prego, dottore?».
Velthur la guardò come se fosse impazzita anche lei.
«Thymrel Nerkan…. la ragazza che è scomparsa poco dopo aver
partorito un bambino. Chi altri?».
«Scusatemi, dottore…. ma non mi viene in mente una storia
del genere…. non era una ragazza del nostro paese, vero?».
Demenza senile precoce, si domandò il dottore. Eppure in
genere Artheni, che aveva sessant’anni, possedeva una memoria notevole,
soprattutto per le persone. Sapeva sempre tutto di tutti, era sempre al
corrente delle ultime chiacchiere non solo del paese, ma anche di quelli più
vicini.
«No, in effetti non era del nostro paese…. fu ritrovata
svenuta in una barca sul fiume da Larsin Arayan, incinta. Io vi chiesi di non
parlare a nessuno di questa storia, perché temevo che fosse una fuggiasca da un
monastero, e voi manteneste il segreto.
Poi la ragazza partorì un bambino in casa dei Ferstran, e
gli diede nome Loraisan, ma poco dopo lei scomparve misteriosamente una notte,
senza lasciare tracce, lasciando il bambino nella sua culla. Riesce a
ricordarsi, adesso?».
La signora Mendibur scosse la testa con gli occhi fuori
dalle orbite per lo stupore.
«Dottore…. sta scherzando o ha bevuto? Il piccolo Loraisan,
lo sanno tutti, è l’ultimo figlio di Syndrieli. È nato questa estate, appunto.
A meno che non parli di un altro Loraisan, ma è l’unico che è nato in casa
Ferstran, e tra l’altro non è neanche un nome dei più comuni….».
Per un secondo, Velthur pensò che fosse la signora Mendibur
a scherzare. Forse voleva fargli credere di essere impazzita. Ma lei aveva
sempre avuto uno scarsissimo senso dell’umorismo. E scherzare su cose così
tragiche sarebbe stato di pessimo gusto. Non era certo il tipo da fare cose del
genere.
Quindi cominciò a pensare che le possibilità fossero solo
due: o era impazzita, o invece era impazzito lui, e sentiva cose che non
esistevano.
Istintivamente, percepì che non era il caso di insistere.
Non provò neanche a farle domande sul suo stato di salute, ma decise che
l’avrebbe tenuta d’occhio.
D’altra parte, in quel momento aveva ben altro di cui
preoccuparsi.
Il giorno dopo, si svolsero i funerali dell’eremita.
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