Percorse le stradine e i viottoli, e a un certo punto si
rese conto che alcune vie assomigliavano a quelle che conosceva, ma che nello
stesso tempo erano diverse. Una porta non si trovava dove avrebbe dovuto
essere, una lampada perenne non pendeva dal muro in cui era sempre stata
appesa.
Trovò anche l’Osteria del Gatto Nero, ma era chiusa e aveva
un’insegna completamente diversa. Al posto del gatto nero, sull’insegna c’era
un’enorme occhio rosso, e infatti il locale si chiamava Osteria dell’Occhio
Rosso. Parlando al buio della notte, sperò che un Demone benevolo gli
rispondesse.
«Od ho bevuto veramente troppo, o mi hanno messo qualche
cosa nel vino. Che mi abbiano dato il vino delle Fate?».
Cercò di tranquillizzarsi con quell’idea, ma si accorse che
gli effetti del vino cominciavano ad attenuarsi e che stava diventando sempre
più lucido.
E stava male. Sentiva una forte nausea ed era afflitto da
una notevole flatulenza. Temeva di vomitare e magari anche di farsela nelle
braghe.
Provò a cercare casa sua, seguendo quella che pareva essere
la strada principale, simile e dissimile da quella che conosceva, nella
speranza di poterla raggiungere e poter riposare dimenticando quell’assurda
allucinazione.
Ma si perse di nuovo, non riuscì a capire dove si trovava,
mentre non si vedeva anima viva in nessuno dei vicoli. Fu quasi tentato di
bussare a una di quelle porte sconosciute, per trovare rifugio in un posto
qualunque, per sentirsi dire che era solo vittima di un’assurda allucinazione.
Ma qualcosa lo distrasse da quel proposito, perché sentì
delle voci in lontananza.
Ma non erano voci schiamazzanti, né voci che parlassero.
Sembrava un coro di voci maschili che cantasse una sinistra cantilena, e
sembrava provenire da un vicolo là vicino.
In fondo al vicolo c’era una piccola piazzetta dove si
vedeva la facciata a colonnata di un piccolo tempio, di cui si intravedevano le
luci all’interno. Luci di lanterne ad olio, non lampade perenni, come voleva la
tradizione quando si trattava di cerimonie religiose.
Prima che Arnith potesse avvicinarsi alla porta del tempio,
che era aperta, si profilarono delle figure che uscirono nella piazzetta.
Era una processione di sacerdoti incappucciati, con lunghe
tuniche grigio chiaro, color della cenere. Ognuno di loro portava una lanterna
rossa in mano, e procedevano a piedi nudi sul selciato della piazza lentamente
in una ordinata fila, a capo chino e cantando quella lugubre cantilena che Arnith
non aveva mai sentito.
Arnith si sentì ancora più confuso. Sembrava che la fila di
sacerdoti celebrasse un rito in commemorazione della morte di Fuflun, ma
seguendo una forma sconosciuta. Anche perché erano tradizionalmente le donne a
dover piangere la morte di Fuflun per le strade di notte, e non gli uomini.
E la cosa più assurda era che mancava ancora più di una
settimana, prima che cominciassero i riti funerari della morte annuale di
Fuflun.
Mentre Arnith si domandava se era impazzito e se invece era il
mondo ad essere impazzito, decise di seguire la processione, per vedere dove
andava. Magari, una volta finito il rito, avrebbe chiesto loro che cosa
significava tutto questo.
Sempre che la nausea non lo facesse piegare in due per il
vomito.
La processione vagò per un po’ per le strade del villaggio,
fino a raggiungere il suo limitare e procedere nella campagna, lungo il fiume
in direzione di Sartiuna. Il sentiero per la campagna che stavano percorrendo
lo conosceva bene, ma anch’esso appariva diverso.
Lungo il tragitto c’erano come delle pietre miliari, dei
piccoli monoliti dalla foggia molto strana, dedicati a una divinità
apparentemente sconosciuta. Erano degli obelischi alti un metro e mezzo, larghi
e massicci, sulla cui punta a piramide erano scolpiti dei grandi occhi, uno per
ogni lato. Lungo i parallelepipedi sottostanti c’erano degli ideogrammi in gran
parte sconosciuti, a parte alcuni simboli comuni anche alla religione
ufficiale. Si vedevano delle triplici svastiche e dei pentacoli, ma era del tutto
assente la croce ansata, che era il simbolo principale e supremo del culto di
Sil.
Il sentiero sembrava essere un
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