ciascuna da un unico blocco di pietra, estratto da enormi
cave di pietra nelle montagne. Nessuno sa come abbiano fatto gli Iubariti a
trasportare quelle immense rocce scavate e scolpite fino alla città.
Del grande popolo che costruì quella città e il suo impero,
sono rimasti solo poveri villaggi di pescatori sulla costa dell’isola e ancora
più povere tribù di nomadi che vagano nel deserto. Però molti nostri navigatori
mercanti si recano lì per comprare spezie, tessuti e sostante alchemiche
ricavate dalle miniere e dalle cave nelle montagne.
Ogni tanto ci vanno anche alcuni studiosi, per cercare di
scoprire i segreti dell’antica civiltà di Iubar, per raccogliere narrazioni
degli indigeni sui tempi antichi. Uno dei miei sogni da giovane era di
potermici recare anche io….».
«E perché non ci siete andato?».
«Non avevo i pentacoli, bambino mio! Per viaggiare bisogna o
diventare marinai o pagarsi il viaggio».
«Oh…. forse mi piacerebbe fare il marinaio, allora…. e
quelle strane figure alate che volano là in cielo, vicino alla luna, che cosa
sono?».
«Sono i Geni dell’isola di Edan Synair, gli antichi Elfi
della Luce. Secondo la leggenda il centro del loro antico impero si trovava in
quella grande isola, e secondo le tradizioni locali alcuni di loro ci
vivrebbero ancora, nascosti nel deserto e sulle montagne. Ma forse sono solo
leggende, e in realtà i Geni si sono estinti da lungo tempo. Che si sappia,
nessuno dei nostri esploratori dice di averli incontrati, anche se alcuni
raccontano strane storie su quello che hanno visto nel Deserto Rosso che si stende
su quella grande isola.
Comunque, adesso che hai visto l’illustrazione, puoi andare
a casa. Devo ricevere dei pazienti».
«Vi prego, dottore. Solo un’altra illustrazione, poi me ne
vado!»
«Va bene, ma solo una! E se continuerai a dimostrare impegno
e imparerai bene l’alfabeto, la prossima volta ti permetterò di vedere altre
illustrazioni. Saranno i miei premi per la tua buona volontà».
Il dottore sfogliò di nuovo a caso il libro, e sempre
casualmente uscì un’illustrazione altrettanto suggestiva, ma dall’aspetto molto
più inquietante delle rovine di Iubar, illuminate dalla lune e sorvolate dai
misteriosi Geni. Se la prima suggeriva pensieri paurosi, la seconda ne evocava
di veramente orribili.
Mostrava l’interno di una grotta gigantesca trasformata in
tempio, in fondo alla quale troneggiava una grande statua verde smeraldo, che
rappresentava chiaramente una divinità mostruosa.
Si trattava di una donna ricoperta interamente di squame
verdi, con sei braccia. Una delle mani impugnava una scimitarra, un’altra uno
scettro, la terza un cerchio di metallo, la quarta la testa recisa di un uomo
dalla pelle scura, tenendola per i lunghi capelli neri, la quinta un globo, la
sesta una scure bipenne.
Alle sei braccia corrispondevano altrettanti seni, enormi,
sferici e squamosi come il resto del corpo, con sei stelle dorate al posto dei
capezzoli.
Le sue gambe erano due grandi code di serpenti che
ondeggiavano a destra e sinistra del suo corpo con ampie anse, e la sua
capigliatura era un groviglio di altrettanti serpenti, ma ovviamente molto più
sottili. Serpenti cobra, dalla testa a cappuccio. Loraisan, non sapendo che
cos’era un cobra, credette che fossero dei mostri metà serpenti e metà piante,
con la testa a forma di foglia.
Il volto mostruoso della Dea era a metà strada fra un volto
umano e quello di un rettile, con la bocca spalancata e zannuta e una lingua
lunghissima, rossa e affusolata che le scendeva fino al petto.
Di fronte alla statua c’era un grande bacile pieno di fuoco,
di fronte al quale sacerdoti dalle lunghe vesti color ambra offrivano i corpi
di vittime umane decapitate, gettandoli nel fuoco. Lunghe file di teschi
riempivano le nicchie scavate nelle pareti della caverna, chiaramente ciò che
restava delle teste delle innumerevoli vittime che dovevano essere state
sacrificate nel corso degli anni.
La didascalia sotto l’illustrazione diceva: Il Tempio di Umnara, la Grande Dea di Lankar.
Quando il dottore si rese conto di ciò che stava mostrando
al bambino, era troppo tardi.
Sono un cretino, si disse. Con tutti i libri che potevo
prendere, sono andato a prenderne uno che mostrava anche le barbare tradizioni
dei paesi stranieri.
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