La scrittura dei Thyrsenna era di tipo alfabetico-sillabico
ed era composta di ben cinquantatre lettere, alcune che indicavano un singolo
suono, altre che indicavano una sillaba.
Per questo, non era semplice impararlo in breve tempo. Per
fortuna, a parte la numerosità dei segni, non aveva altre complicazioni. Le
maiuscole non erano sostanzialmente diverse dalle minuscole, dato che venivano
indicate solo da un piccolo cerchio sopra di esse. E non c’era sostanziale
differenza fra la lingua scritta e quella parlata.
Ma anche se Loraisan era volenteroso, era anche molto
curioso, e non poteva fare a meno di fare continue domande al dottore.
Anche la prima lettera dell’alfabeto thyrseniakh era la “A”,
ed era la prima lettera della parola “aelkhameiakh”, cioè alchimia.
«Forza, Loraisan. Dimmi dieci parole che cominciano per
“A”!».
«Alchimia! La parola che preferisco! Dottore, posso fare una
domanda, prima di dirvi le altre nove?».
«Sentiamo!».
«Cosa vuol dire “alchimia”? Io sento sempre parlare di
“alchimia” e di “alchemico”, ma non so cosa vuole dire. Cos’è una cosa
“alchemica”? Cosa vuol dire “alchimia”?».
«Sei troppo piccolo per capire queste cose…..».
«Uff! Anche voi mi dite “sei troppo piccolo per capire”! Ma
come fate a sapere tutti quanti che io sono ancora così piccolo e stupido da
non capire? Cosa ne sapete, se sono in grado di capire oppure no? Io so che
l’alchimia è qualcosa che viene fatto dagli alchimisti in certi laboratori
mischiando certe sostanze…. Cosa c’è di così difficile da capire? Quanto tempo
dovrò aspettare, prima che qualcuno si decida a insegnarmi cos’è l’alchimia?».
«Ehi, giovanotto! Che impertinente impazienza! Non ti sembra
di essere presuntuoso?».
«E perché? Voi provate a spiegarmi cos’è l’alchimia, così mi
convincerò di essere “troppo piccolo” per capire queste cose che solo i grandi
possono capire…. cosa vi costa?».
Mentre Loraisan diceva quelle parole, Velthur guardava i
suoi grandi, profondi occhi neri ed ebbe una sensazione stranissima, nel
sentire quella voce parlare in quel modo, con quella sicurezza e quella
proprietà che non aveva mai visto in nessun bambino. Ebbe come l’impressione di
sentir parlare con una persona adulta che cercasse di imporgli a tutti i costi
la sua volontà, che reclamasse un diritto che non ammetteva rifiuti o ritardi.
«Va bene, qualcosa ti posso spiegare. In fin dei conti,
prima o poi dovrai impararlo. Per prima cosa, ti insegno da dove viene il nome
dell’alchimia, e l’origine di essa.
Il nome dell’alchimia deriva da “Ael Khaam”, che in
un’antica lingua straniera significa “la dimora di Khaam”, che era il nome di
un antico re. La terra di Khaam si trova a sud, di là dal mare, nella grande
isola di Edan Synair. È da quella terra che secondo le antiche cronache
leggendarie venne l’antenato del nostro popolo, il re Ankhaymon. Ne hai sentito
parlare?».
«Sì, me ne ha parlato una volta la nonna Aranthi. Mi ha
detto che era discendente del re Manowa, che scampò al Diluvio con la sua
famiglia e con alcuni dei suoi sudditi».
«Sì, ma forse non ti ha detto che in quelle epoche remote,
prima del Diluvio, l’alchimia era diffusa in tutto il mondo, e le arti alchemiche
dei Giganti dominavano incontrastate. Quando avvenne il Diluvio, quasi tutto il
sapere dell’umanità andò perduto, a parte quello che si salvò nella grande Arca
di Manowa.
Quando quell’antico re patriarca approdò ad Edan Synair dopo
che le acque del Diluvio si furono ritirate, egli divise l’isola, che era
rimasta pressoché deserta, in tre grandi regioni e ne assegnò una per ciascuno
dei suoi tre figli.
A Iasabat, il più giovane, dette la regione del sud, dove fu
fondata Iubar, la grande Città dalle Cento Torri. A Shaim, il più vecchio,
dette la regione centrale, e a Khaam dette la regione a nord.
Khaam era il più sapiente, e nel suo regno si preservò, più
che negli altri due, il sapere antico, e in particolar modo le arti alchemiche.
Per questo l’alchimia porta questo nome. Perché è
quell’insieme di arti che veniva praticata soprattutto nella terra di Khaam,
che preservava il sapere antico.
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