venerdì 4 novembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 239° pagina.


A parte Axili, Harali e un paio di contadini con cui Aralar aveva fatto conoscenza, nessuno venne a partecipare al rito funebre.

Velthur, però, pur non avendo voluto assistere al funerale, era rimasto in attesa fuori della necropoli, aspettando che Aralar fosse sepolto nella sua nicchia, e che i partecipanti se ne fossero andati.

Non sapeva perché fosse venuto là. Voleva vedere la sua tomba e, in qualche modo, sentirsi sicuro che fosse veramente morto. Perché, dato tutto quello che era successo, non riusciva a crederci fino in fondo. La sua razionalità stava cedendo sempre più.

E mentre aspettava fuori, ripensò alla profezia che gli aveva narrato Azyel, dicendogli che subito dopo la festa di Tinsi Garpen Silal, lui avrebbe visitato la tomba di Aralar, pensando al fatto che lui era stato la causa indiretta della sua morte.

Mentre attendeva, si sedette su una delle arrotondate e fredde pietre miliari del viale che conduceva dalla strada lastricata del paese all’ingresso scavato nella roccia della collina della necropoli, accanto ad alcuni dei numerosi cipressi che crescevano nel parco del cimitero.

Mentre attendeva, immerso nei suoi pensieri, vide che un fianco di uno dei cipressi del viale aveva la forma di una figura incappucciata.

La guardò incuriosito per alcuni secondi, fino a quando capì cosa stava guardando.

«Azyel? Se sei tu, fatti vedere, o almeno fatti sentire».

I rami si mossero, e la figura sembrò volgersi verso di lui, mentre due grandi occhi neri cominciarono a fissarlo.

«Se vuoi sapere da me se lui è veramente morto, ti dico che non posso esserne sicuro neanche io. È stato inghiottito dall’Altrove, dove noi del Popolo Fatato non possiamo vedere, lo sai».

«È stato inghiottito ed è stato risputato a pezzi. Ma il suo spirito, lo spirito della sua opera, continua a vivere in mezzo a noi, ed ha posseduto Harali, che ora mi è divenuta nemica».

«Di lei non ti devi preoccupare. La sorveglieremo, e le impediremo di farti del male. Ricordati che lei è nata e cresciuta vicino al nostro regno. Quelli della sua gente si guardano bene dal contrariarci, e tu sei sotto la nostra protezione. Le diremo di non darti fastidio, e lei ubbidirà. Tu devi leggere il diario di Aralar, perché noi non lo possiamo fare. Capisci bene da solo che le cose che ci sono scritte potrebbero farci impazzire. Quando noi leggiamo un testo scritto da un’altra persona, vediamo i pensieri e le immagini che si trovavano nella mente dell’autore nel momento in cui l’ha scritto. Potrebbe succederci quello che è successo a me alla Polenta Verde, quel maledetto mattino di usiltin.

Ce l’ho io il diario, guarda. E quando sarà il momento, te lo restituirò».

Alzò il braccio fatto di rami di sempreverde, e mostrò il grosso libro dalla copertina scura che Velthur riconobbe come il diario maledetto.

«La profezia delle Madri del Fato non si è realizzata. La lettura de Le Dottrine Misteriche di Cthuchulcha non mi è servita a niente. Non ho scoperto cosa stava facendo Aralar, e anzi di quel libro non c’ho capito quasi niente».

«Le Tre Madri del Fato non ti hanno detto che nel libro avresti trovato cosa stava facendo Aralar, né che tramite esso saresti riuscito a fermarlo. Loro ti hanno detto che semplicemente in quel libro c’è il segreto di ciò che ha tentato di fare, e poi hanno previsto che tu saresti riuscito, in qualche modo, a fermarlo. Che poi le due cose fossero collegate, l’hai supposto tu.

Ricordati cosa ti ha insegnato Sethir Frontyakh. Voi Uomini spesso interpretate le nostre profezie in modo errato, perché partite da presupposti sbagliati. Non siamo noi a sbagliare, ma voi.

Loro hanno visto questo giorno. Tu che guardi la sua tomba, pieno di orrore per la sua morte, e dentro di te la consapevolezza di averlo fermato. Non di avere fatto finire tutto, ma almeno di avere dato inizio a una tregua, a un periodo di pace. E la loro profezia si è rivelata esatta. Se tu riuscirai mai a comprendere quello che è scritto in quel libro, non lo sanno neanche loro. Il libro parla dell’Altrove, e quindi è oltre le loro possibilità».
«E di tutto il resto, che dicono? I gigli rossi continuano a spuntare. Guarda, ce n’è uno anche là , accanto a quel cipresso là in fondo, dove la neve si è fusa. Spuntano anche in pieno inverno, ne trovi

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