CAP. XIV: PICCOLI SEGRETI IN FAMIGLIA
Era un fresco pomeriggio di usiltin, alla fine del mese
della Fanciulla, quando Velthur andò a trovare Larsin, per raccontargli del suo
breve viaggio alle Colline di Leukun.
Sedevano nel portico della fattoria, bevendo una coppa di
vino. Anzi, nel caso di Larsin più di una coppa. Da quando Thymrel era scomparsa,
aveva preso a bere troppo frequentemente. Tendeva a ubriacarsi spesso e
volentieri e lavorava molto di meno. Spesso vagava nei campi, come alla ricerca
di qualcosa. Non si rassegnava alla scomparsa della ragazza, non si rassegnava
all’idea che Loraisan sarebbe cresciuto senza conoscere la sua madre naturale.
Larsin ascoltò con pazienza e senza fare troppe domande la
lunga narrazione di Velthur. Ogni tanto scuoteva il capo quando la narrazione
sembrava troppo fantastica e anomala, per esempio quando l’amico raccontò delle
incredibili visioni che gli aveva dato il vino delle Fate offertogli dal
vecchio Sethir.
Quando Velthur ebbe finito, Larsin fece la domanda che gli
premeva di più.
«Allora, le Tre Regine delle Fate non hanno saputo dirti che
fine ha fatto Thymrel?».
«No, dicono di non poterlo fare. Loro dicono che è
nell’Altrove. Non la possono raggiungere, ma non hanno escluso la possibilità
che la possiamo raggiungere noi. Anche se mi hanno messo molto in guardia dal
volere investigare nell’Altrove. Loro temono che io voglia avventurarmi troppo
in là, sulle orme dell’eremita».
«E cosa significa “nell’Altrove”? Quelle non parlano mai
chiaramente. Gli Dei le maledicano!».
«Un altro al mio posto ti avrebbe detto di tacere, per non
attirare la loro maledizione. Io ti dico solo che non è colpa loro. L’Altrove è
semplicemente non essere più in questo mondo. Loro dicono che esistono altri
mondi oltre al nostro, invisibili e irraggiungibili, almeno per loro, e la loro
vista magica non riesce a spingersi oltre i confini del nostro mondo. Possono
vedere luoghi lontanissimi su questa terra, momenti del passato anche molto
remoti, o del futuro, ma tutto ciò che non è di questo mondo loro non lo
vedono.
E quello che è sconcertante, è che non vedono il bambino di Thymrel.
Per loro, anche lui non è di questo mondo».
«Senti: quelle ti hanno preso in giro! Sei disposto a
credere a queste baggianate?».
«Non lo so, ma penso che siano in buona fede. Non sto
dicendo che tutto quello che mi hanno detto sia vero, sto dicendo solo che loro
credono che sia vero. Ma a me, a dire il vero, non importa molto sapere cosa
credono loro o chiunque altro. A me importa solo sapere. La chiave è
quell’ometto, quell’eremita. Bisogna scoprire cosa nasconde. Forse lui sa che
fine ha fatto Thymrel».
«Cosa proponi? Sequestrarlo e torturarlo per farlo
confessare?».
«No, se non sarà necessario. Diverrò suo amico, e cercherò
di scoprire qualcosa sul suo conto. Le Tre Madri del Fato mi hanno detto di
fare così, e intendo seguire il loro consiglio. Anzi, ho già cominciato. L’ho
visto stamattina al Santuario d’Ambra. Gli ho detto che ero interessato alla
traduzione delle iscrizioni che stava facendo, e ho cercato di attaccare
bottone parlando dei nostri rispettivi studi. Ha ammesso di essere un alchimista
e un ricercatore di antiche dottrine. Mi ha detto che posso andare a trovarlo
nel suo eremo il prossimo usiltin».
«Perché non oggi, invece?».
«Mi ha detto che oggi aveva un impegno con un’altra persona.
Non ho fatto domande e ho accettato la sua decisione».
«Ci andrai da solo?».
«Penso di no. Credo che ci sarà Menkhu, il figlio di Prukhu,
a proteggermi le spalle. E forse anche quello Gnomo, Azyel».
«Che storia. Avrei un sacco di domande da fare a
quell’Azyel, se davvero la sa tanto lunga. Per esempio, perché nessuno della
sua stirpe è venuto a reclamare la coppa di legno che ho trovato su Monte
Leccio, come è successo allo scialle trovato da Maxtran?».
«Beh, innanzitutto perché
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