mercoledì 27 luglio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 154° pagina.


lontane. Ancora oggi, ogni tanto, faccio fantasie infantili di questo tipo. E ancora più spesso ho desiderato conoscere qualcuno che avesse fatto il navigatore».

«A me il mare ha segnato tutta la vita, e mi ha insegnato molto, ma ora sono contento di averci rinunciato. Ho voluto conquistare un orizzonte ancora più grande dell’oceano, un orizzonte che va oltre questo mondo».

«Non volete raccontarmi della vostra vita in mare?».

«Per voi lo faccio, se vi interessa. Sono nato e cresciuto presso la città di Prini, e quindi il mare l’ho visto fin da bambino, ma mio zio era uno scalpellino, mia madre una pescivendola. Mio padre invece, che avrò visto al massimo una decina di volte nella mia vita, era un marinaio e mi ha trasmesso la passione per i viaggi in mare. I miei genitori non erano sposati, i marinai non si sposano con nessuno, nemmeno con il “matrimonio notturno”, si sa, ma ogni tanto si faceva vedere e mi raccontava dei suoi viaggi.

Quelle poche volte che lo vidi, fra un viaggio e l’altro, mi raccontò storie incredibili su paesi lontani oltre l’Oceano Meridionale, e così decisi di seguirne le orme, con grande dispiacere di mia madre e di tutta la sua famiglia.

Avevo il sogno di diventare ricco, di ritornare dai miei viaggi pieno di soldi e di tesori conquistati in lontani paesi, ma erano solo i sogni di un ragazzino. Altri erano i tesori che avrei conquistato: i tesori della conoscenza.

C’è chi percorre le rotte oceaniche solo per poter trovare nuovi mercati con altri paesi e guadagnare soldi e ricchezze in quantità, ma c’è anche chi naviga per conoscere il mondo, per svelare le frontiere dell’ignoto e aumentare la conoscenza del nostro popolo, o per riscoprire antichi segreti dimenticati dai tempi del Diluvio.

Io sono partito con vuoti sogni di ricchezza, e sono tornato con un grande bagaglio di conoscenza che ho voluto mettere a frutto per il bene di tutti e per adempiere alla volontà di Sil.

Ho visto le isole paradisiache dei Mari del Sud, lussureggianti di fiori e di frutta e abitate da selvaggi dalla pelle scurissima, e ho visto gli accampamenti dei nomadi della grande isola desertica di Edan Synair, e ho visto i templi di smeraldo nascosti nelle giungle dell’altrettanto vasta isola di Lankar, dove i Tritoni emergono dalle acque ogni mattina per aggirarsi fra paludi e foreste.

Ho incontrato i Sacerdoti della Fiamma, adoratori di Uri Manelka, il Signore della Luce e della Fiamma, nei misteriosi altipiani d’Oriente, e là ho visto prodigi e misteri.

Ho visto le calde terre dell’Occidente da dove vennero i superstiti dei Giganti secoli fa, e ho visto le ciclopiche rovine delle loro antiche città. Sono stato persino nell’Estremo Sud del mondo, là dove ormai non vive quasi più nessuno, dove si dice che si trova la Montagna dalle Sette Balze, dove furono creati i primi Uomini in un passato immemorabile….».

«E l’avete vista???».

«No, purtroppo no. Feci parte di una spedizione che era partita proprio per cercarla. Il comandante era un uomo molto religioso. Cercava la Terra Santa dove gli Uomini possono toccare il Cielo degli Dei. Molti marinai cercano la Terra Santa nella speranza di poter parlare con gli Dei stessi e accedere alla visione di Sil su questa terra. È il grande miraggio dei marinai thyrseniakh, il grande sogno che tutti vorremmo realizzare, ma che per il momento nessuno ha conquistato.

O almeno, nessuno che si sappia. Alcuni dicono che se uno raggiunge la Terra Santa e scala la Montagna delle Sette Balze, poi non può più tornare in questo mondo, perché ormai fa parte del Regno degli Dei.

Credevamo di poter raggiungere la beatitudine eterna, quando siamo partiti, e non c’importava di non tornare più indietro. Eravamo tutti mossi da una grande fede, ed eravamo disposti a morire, piuttosto che tornare indietro a mani vuote.
Ma la volontà degli Dei non fu con noi. Raggiungemmo il Mare Mediterraneo Australe, chiuso fra il continente australe di Gonlemur e quello antartico di Amentur. Le antiche carte dicevano che era là la via d’accesso per raggiungere la Terra Santa, risalendo il corso di un fiume e attraversando una grande pianura, fino a giungere a una catena di montagne che delimitavano una distesa di ghiacci, ma prima di raggiungere quel luogo, ci perdemmo. Le mappe antiche che avevamo non

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