giovedì 14 luglio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 142° pagina.


«Sì, sì, lo so…. i bambini sono sempre “troppo piccoli” per capire qualsiasi cosa che riguardi i grandi….. mio zio dice che a ogni bambino viene ripetuta questa tiritera fino alla nausea…. E quando si diventa grandi, e finalmente si può parlare di certe cose, ci si rende conto che quelle cose di cui “non si poteva parlare” erano solo delle grossissime scemenze! Magari un giorno verrò a sapere cosa vi siete detti voi e la Regina delle Fate, e scoprirò che vi siete detti solo un sacco di fesserie!».

Larsin, che era rimasto seduto, lo sentì , si imbufalì e scattò con rabbia verso di lui.

«Erkan! Adesso sì che ti prendo a sberle! Ma sul serio!».

A Velthur sarebbe venuto da ridere per l’impertinenza del ragazzino, se Larsin non si fosse arrabbiato.

Sentì l’esigenza di doverlo difendere, anche se questo probabilmente avrebbe fatto infuriare ancora di più Larsin.

«Le sberle non serviranno a fargli passare la mania delle Fate. Magari proviamo a convincerlo che sì, forse sono solo un mucchio di scemenze!».

«Basta dirglielo, Velthur! A suon di ceffoni! E mica lo prendo a sberle per le Fate, ma perché è un arrogante piccolo impertinente e deve imparare l’educazione e l’umiltà. Sei d’accordo?».

«Va bene, ma dopo. Lascia che gli parli io, per primo. E poi magari lo punirai, anche se preferirei che lo facessi da sobrio!».

Larsin si bloccò. Larsin l’aveva punto sul vivo. Strinse i pugni e digrignò i denti».

«Venisse un accidente anche a te!»

A sorpresa, fu Erkan allora a difendere il dottore.

«Non è colpa sua se è meglio di te! Lui vuole sapere la verità! Tu inveisci contro tutti perché Thymrel è scomparsa, ma lui cerca di capire cosa è successo! Cosa che non fai tu!».

A quel punto, Larsin perse definitivamente la tramontana e si lanciò sul figlio per menarlo.

Istintivamente, Velthur schermò il corpo del bambino con il suo, rannicchiandosi sopra di lui, urlando a Larsin di fermarsi.

Proprio in quel momento, provvidenzialmente uscì nel cortile Syndrieli, attirata dalle urla, mentre gli altri bambini rimanevano spettatori muti e paralizzati dal terrore in mezzo al cortile. Il gioco era finito per tutti.

«Larsin! Cosa demoneoscuro stai facendo???? Vattene via immediatamente, maledetto ubriacone!!!».

Lui, per fortuna, si fermò, ma cominciò un litigio spaventoso con la sua donna, scambiando accuse e insulti spaventosi. Larsin aveva trovato la vittima contro cui scatenarsi, quella che gli poteva far fronte nel modo adeguato.

Velthur ne approfittò per prendere Erkan e portarlo lontano, dietro la casa, nel frutteto di meli.

Le urla dei genitori di Erkan si persero in lontananza mentre il dottore e il bambino si inoltravano fra i meli, sul crinale della collina.

«Tuo padre sta passando un momento molto difficile. Io sto cercando di aiutarlo, ma tu devi aiutarmi. Devi cercare di non farlo arrabbiare più di quanto sia arrabbiato già per conto suo. Perdere una persona a cui si è affezionati mette a dura prova persino un uomo della sua tempra».

«Sì, sì, lo so…. lui era innamorato di Thymrel. Lo vedevamo tutti, anche la mamma. Ma a lei non importava. Anzi, era contenta perché lui stava più in casa, andava meno in giro la sera, lavorava di più. Almeno così diceva lei. Adesso invece non fa altro che lamentarsi di lui, e un paio di volte ha detto che era lui che doveva scomparire, non lei. Penso che fra poco se ne andrà sul serio. Dice che l’unica cosa che lo trattiene è il figlio di Thymrel. Chissà…. forse porterà via anche lui».

«Tu vorresti che lo facesse?».
«No! Cioè, io non voglio che se ne vada, ma non voglio neanche che continui a fare così. È cambiato, una volta era un uomo buono. Non mi ha mai picchiato, a parte una volta che ho rovesciato un vaso pieno di olio mentre giocavo. Quella volta l’avevo proprio fatto arrabbiare. Ma per il resto mi faceva molta compagnia. Mi portava con sé a pescare, a volte a trovare gli amici. La mamma gli diceva che mi insegnava a diventare un lazzarone, ma non era vero. Mi insegnava tante

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