mercoledì 13 luglio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 141° pagina.


Solo allora Velthur si rese veramente conto in che condizioni si trovasse Larsin. Era davvero disperato.

Ora aveva una ragione in più per cercare di scoprire la verità sugli eventi misteriosi che li avevano avvolti. Doveva salvare anche Larsin da se stesso.

«Larsin, amico mio…. ti prego! Se puoi, resisti! Sono deciso ad andare avanti a capire questa storia assurda, voglio sapere cosa è successo e cosa sta succedendo, e sono disposto a camminare sui carboni ardenti pur di scoprire la verità. Lo sai che quando mi metto in testa qualcosa, bisogna proprio stendermi a terra, per farmi desistere. Se Thymrel è ancora viva, la troveremo, ma tu resisti, accidenti! Smetti di bere e abbi fiducia nel futuro!».

Larsin si mise a sghignazzare. Velthur non reagì. Nel momento in cui aveva detto “fiducia nel futuro”, si era reso conto di aver detto qualcosa di così retorico da apparire ridicolo.

Larsin era un uomo semplice, ma non stupido, se lo diceva sempre. Altrimenti, non avrebbero potuto essere amici.

«Ma quale fiducia! Io sento solo dolore e angoscia. Invidio Syndrieli che trova rifugio nella religione. Anche se mi irrita vederla lì a fare offerte alle sue statuine degli Dei appena ha un ritaglio di tempo, devo ammettere che è meglio questo che ubriacarsi come faccio io. Lei ha la fede, io ho la birra, il vino e il sidro…. ieri sera Maxtran mi ha offerto la sua birra verde, ed ero quasi tentato da chiederne così tanta da farmi morire!»

«Spero che tu stia scherzando….».

«Se mi lasci bere un’altra coppa di vino senza protestare, ti dirò che stavo scherzando… per il momento».

In quel momento alcuni dei figli di Larsin arrivarono correndo nel cortile provenendo dal frutteto dei meli dietro la fattoria. Stavano giocando allegramente con i bambini di Maeliani, la prima sorella minore di Syndrieli.

Giocavano a fare i soldati della Guardia della Regina dei Thyrsenna e di doverla difendere dai barbari invasori nordici.

Erkan invece urlava e spergiurava che invece lui era un soldato della guardia della Regina delle Fate.

«Ma la pianti con le tue storie di Fate?» gli urlò contro uno dei cuginetti.

«Va bene, allora non gioco più!» Erkan fece per andarsene gettando a terra il pezzo di legno intagliato che era la sua spada da guerriero.

«Li senti, Velthur? Erkan ha rotto le scatole persino agli altri bambini, con le sue storie sulle Fate. È ossessionato! Un vero maniaco! Ha troppa fantasia!».

«Non si ha mai troppa fantasia, Larsin. Si tratta solo di imparare a guidarla dove vuoi tu, e non a lasciarti guidare da essa».

«Oh, non cominciare con i tuoi detti! Se Erkan avesse preso da me, penserebbe a diventare un uomo, non a restare bambino con le sue favole!».

Per tutta risposta, Velthur si alzò e andò verso Erkan, che si era messo in un angolo del cortile con aria imbronciata.

«Erkan, posso chiederti una cosa? Solo una curiosità: come mai ti piacciono così tanto le Fate? Cosa ti affascina tanto in loro? Voglio dire: a questo mondo ci sono tante altre cose interessanti. Perché proprio le Fate e non piuttosto altre creature, altre storie?».

«Perché…. sono misteriose. Loro possiedono grandi segreti. Possono vedere il passato e il futuro, conoscere i segreti di tutto il mondo. Questa cosa mi affascina, mi interessa. Vorrei saperne di più. Voi siete stato a trovarle. Vi ho sentiti parlarne, voi e mio padre. Lui ha detto che non devo chiedervi niente, che non devo darvi fastidio. Ma ora siete stato voi a chiedermi perché mi interessano tanto le Fate. E adesso voglio sapere cosa avete visto e saputo là, sulle Colline di Leukun. Siete andato a chiedere dove è finita Thymrel, vero?».

«Tuo padre ha ragione a dirti che non devi interessarti di queste cose. Sei troppo piccolo per capire, e in ogni caso non sono cose che ti riguardano….».

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