lunedì 25 luglio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 153° pagina.


«Ormai ho tradotto una buona parte dei testi incisi sulle pareti del santuario. Come si era immaginato, narra la storia di Anemexin, il Gigante cristallizzato nella sua tomba sotto la statua di Silen. Una cosa molto interessante, sapete?».

«Ah, non ne dubito! Potete darmi qualche anticipazione?».

«Da quel che sono riuscito a capire, era il signore della città di Allathrin, che sorgeva da queste parti, verso sud-est, da quel che ho capito. Credo che da quelle parti siano state ritrovate alcune rovine, infatti.

Comunque era una grande città antidiluviana che faceva parte del grande impero dei Giganti, come tutte le città di quel tempo, a quel che dicono le antiche cronache.

La nobiltà era tutta costituita dai Giganti, signori del mondo, e il popolo e gli schiavi erano tutti invece della stirpe degli Uomini.

Da quel che sono riuscito a capire, visse parecchi anni prima del Diluvio, credo che sia morto circa due secoli prima del cataclisma.  Fu un grande e potente guerriero, combatté e vinse molte battaglie. Dai testi del santuario, sembra che in quel tempo ci sia stata una grande guerra in queste terre, in cui alcune province si erano ribellate contro il millenario dominio dell’impero gigantico.

Anemexin, fedele al Gran Re dei Giganti, sedò le rivolte e riaffermò il potere imperiale. Perciò fu considerato un grande eroe.

Poi successe qualcosa…. non ho tradotto tutto, ma gli fu fatto un dono importante da un Nano delle Montagne della Luna, dello Zerennal Baras, l’antichissimo regno del Giardino delle Rose.

A quel tempo, i Nani erano alleati dei Giganti, ma erano riusciti a mantenere una certa indipendenza, a differenza degli Uomini.

Comunque, questo Nano era un Mastro Alchimista che volle donare qualcosa di grande valore al Signore di Allathrin. Un oggetto alchemico, senza dubbio. Qualcosa che però ha provocato la morte dello stesso Anemexin, ma non sono ancora riuscito a capire come.

Sapete, ho tradotto brani qua e là, senza partire dall’inizio per arrivare alla fine, ma in base ai brani che mi sembravano più facili da capire».

«So che ci sono altri studiosi che stanno traducendo i testi del Santuario di Silen. Riuscirete ad arrivare prima di loro, a finire?».

«Oh, non lo so e non m’importa. A me interessa sapere quanto più possibile su quel tempio, non cerco di dimostrarmi migliore di nessuno. Ho abbandonato i lussi e gli inutili orpelli del mondo civile per dedicarmi solo alla ricerca della Luce di Sil, cercare la verità solo per glorificare se stessi è un allontanarsi da quella Luce.

È la passione per la verità per se stessa che mi guida, e deve essere solo quella. Un tempo cercavo la gloria, ma quei tempi sono passati, da quando fui ordinato kamethei etariakh un paio d’anni fa. Non ho deciso subito di farmi eremita, ma dopo qualche tempo mi sono accorto che per separare la mia anima dall’attaccamento alla gloria del mondo e ai suoi vizi, dovevo trovare un luogo che fosse lontano da inutili tentazioni che mi potevano allontanare di nuovo da Sil».

«Lo dite come se il vostro passato fosse stato pieno di vizi e malvagità».

«Grandi malvagità, per fortuna, no. Ma vizi, molti. Soprattutto il vizio dell’avidità di gloria, ricchezza, sete di emozioni forti e desiderio di prevaricazione.

Fin da giovane, ho perseguito una vita di avventure. Ho fatto il navigatore per molti anni, fin dall’età di quattordici anni, quando mi imbarcai come mozzo su una nave diretta verso le isole dei Mari del Sud, in regioni lontanissime di Kellur…. Ho avuto una gioventù senza regole, né virtù, a parte forse il coraggio di affrontare il pericolo».

In quel momento, i due uscirono dalla galleria, in quel pallido mattino nuvoloso del mese dell’Aquila, e a Velthur parve di aver trovato l’appiglio giusto per conoscere meglio Aralar.
«Ma davvero? Non ho mai conosciuto nessuno che avesse fatto il marinaio. Sapete, qua siamo lontani dal mare. Ho avuto occasione una sola volta nella mia vita di vederlo, il mare, quando ero giovane e feci un viaggio a Enexi, quando mio zio mi premiò per essere riuscito a diventare un medico. Fu un’esperienza che mi segnò molto. Sia la città che il mare, mi segnarono molto, non l’ho mai dimenticato. Da giovane ho fantasticato spesso di fare il navigatore e di raggiungere terre

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