Il terzo è il Rosso Fiore del Mistero, il più grande e
glorioso di tutti. È il fiore di ciò che è oltre ogni tua comprensione, e che
non potrai mai svelare, né comprendere……l’unico fiore che non potrai mai
possedere pienamente».
Velthur intanto si era gettato su Menkhu e gli strattonava
il braccio per spingerlo ad entrare e chiudere la porta dietro di sé, ma fu
l’enorme Sileno a prenderlo per un braccio e trascinarlo fuori con la sua
irresistibile forza.
«Velthur! Fuori di qui non c’è nessuno! Nessuno, capisci? Guarda tu stesso!».
Menkhu aveva ragione. Fuori della casupola di pietra non
c’era assolutamente niente, se non le capre e un altro paio di gatti che
guardavano da lontano, allarmati, come guatando una preda.
«Cosa credevi di aver visto, Velthur? L’eremita ha fatto
impazzire anche te? Adesso la follia è diventata contagiosa?».
Per Velthur fu come risvegliarsi da un incubo. Un incubo di
cui non voleva sapere più niente.
«Menkhu…. Andiamocene. Subito!».
E tirandolo di nuovo per un braccio, si mise a correre giù
per il sentiero, deciso a non farsi più rivedere in quel posto.
CAP. XVI: LA VISITA REGALE
L’autunno ormai era avanzato. Le piogge e il vento
cominciavano a far cadere le foglie colorate dei boschi, dei frutteti e dei
filari, e la gente aveva ormai cambiato abbigliamento da tempo.
Niente più corte tuniche bianche o dai colori chiari di
cotone, e chi poteva permetterselo rinunciava ad andare a piedi nudi, tanto
meno in sandali.
Gli uomini cominciavano a mettersi braghe che arrivavano
sotto il ginocchio, la cui usanza era stata importata dalle tribù barbare del
nord molti secoli prima, venute per immigrazione o invasione nelle verdi terre
del Veltyan.
Le donne portavano tuniche più pesanti, che arrivavano fino
alle caviglie, e tutti per uscire la sera portavano i tradizionali grigi
mantelli di feltro. Sul capo, le donne avevano i pesanti veli di lana colorata,
gli uomini gli altrettanto colorati ampi cappelli. Anche i nobili e gli alti
sacerdoti smettevano di radersi e si lasciavano crescere le barbe, comunque non
lasciate incolte come quelle del popolo, ma sagomate e intrecciate in vari
modi.
La festa della vendemmia era già stata celebrata e anche con
grande soddisfazione, perché il raccolto d’uva era stato molto abbondante,
soprattutto di uva fragola, che in quella zona veniva diffusamente coltivata.
Tanto vino dolce sarebbe fermentato nelle grandi anfore di terracotta dei
viticultori della provincia dell’Enkarvian.
Si era ormai a metà del mese dell’Aquila, quando alla gente
di Arethyan fu annunciato che la
Kyrenni , la Regina Eletta
Exinedri II, era prossima a visitare il Santuario di Silen.
Ovviamente, l’eccitazione era alle stelle.
Nessuna Regina del Veltyan era mai stata da quelle parti. Per
la gente di quelle province, la
Kyrenni era solo una figura quasi mitologica, una sorta di
divinità che viveva in un regno favoloso, la grande capitale di Veyan, di cui
quasi nessuno là sapeva niente, se non la gente più colta o di nascita nobile,
usi a viaggiare nelle regioni centrali del grande Regno Aureo almeno una volta
nella vita.
La notizia ufficiale della visita della Regina fu portata
alla fattoria dei Ferstran da Thanxiel Ekhari, amica di Syndrieli e
sacerdotessa di Nethuan, il Dio dei Pozzi e delle Fonti, una delle divinità più
popolari presso i contadini, anche se di secondaria importanza per le gerarchie
sacerdotali.
Mentre erano sedute assieme nella sala da pranzo della
fattoria a bere una tisana calda, la piccola Eukeni, la secondogenita di
Syndrieli e Larsin, ascoltava la conversazione fra Thanxiel e sua madre,
affascinata ed emozionata all’idea che avrebbe potuto vedere la Regina.
Naturalmente, non poteva trattenersi dal fare un sacco di domande alla
Reverenda Madre. Syndrieli non poteva fare a meno di dire alla figlia di non
disturbare
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