mercoledì 24 agosto 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 179° pagina.


della fattoria, anche perché da quel lato c’erano molti più alberi, che spesso schermavano la vista della cima del grande tumulo, anche se ormai avevano perso quasi tutte le foglie.

Il sole stava spuntando dalle cime delle montagne a nord-est, quando arrivò il corteo regale, passando per il sentiero fiancheggiato di filari di noci che dalla strada lastricata portava alla fattoria degli Akapri e da lì poi alla Polenta Verde.

Da Enkar erano arrivati gli uomini e le donne della guardia degli Shepenna della città, per poter tenere a freno la massa della plebe devota. E in particolare, al fine di impedire loro di salire sul tumulo, quando la Regina vi fosse salita per la benedizione del tempio ipogeo e del popolo.

All’inizio, tutto si svolse con sufficiente ordine. L’entrata del Santuario d’Ambra fu sgombrata per far entrare la sovrana e i dignitari del regno che l’avevano accompagnata fin là.

Menkhu e Harali, più curiosi, avevano provato ad avvicinarsi nonostante la calca, per poter godere della fuggevole visione della Kyrenni, ma non videro pressoché niente, se non le figure svettanti e scure dei due Giganti.

Velthur, che era del tutto indifferente alla Kyrenni e alla sua corte, restò seduto presso il fiume, ai piedi di un grande noce, meditando sul perché si trovava là.

In fin dei conti, non poteva provare né simpatia né interesse per una sovrana che era il capo della religione ufficiale del Veltyan, che aveva o perseguitato o semplicemente tolto molti diritti ai seguaci dell’Aventry come lui. Se gli fosse capitato di vivere a Veyan, la lontana capitale del Veltyan, o in un altro dei principali centri del Regno Aureo, non gli sarebbe stato permesso di esercitare la professione medica se non con pazienti che fossero anch’essi degli Avennarna.

Solo là, vicino agli estremi confini del paese, dove le leggi teocratiche venivano applicate con molto meno rigore, uno come lui poteva permettersi di avere come pazienti i devoti seguaci del culto tradizionale di Sil e degli altri Dei.

Se non fosse stato per il monito delle Tre Madri del Fato riferito da Azyel, lui avrebbe voluto trovarsi a casa sua, a passare una tranquilla mattina di riposo e di lettura dei suoi libri. E per questo sperava che, se doveva succedere qualcosa, allora si sbrigasse ad avvenire, così che potesse salvare almeno una parte della giornata.

Alla possiblità che quello che sarebbe successo avrebbe potuto sconvolgere anche lui, non pensava affatto. Purtroppo per lui.

Mentre aspettava in riva al fiume che la Regina finisse la sua visita all’ipogeo, comparve Larsin con il suo mantello di feltro rosso scuro.

«Siamo fortunati, non piove e non c’è la nebbia, anche se non è certo una giornata molto serena! Ma non mi aspettavo di trovarti qua, dottore».

«Non avrei voluto, infatti, ma dovevo adempiere a una promessa. La tua famiglia, dov’è? Non vengono?».

«Oh no, ci sono tutti, a parte la mia donna, che verrà dopo con il piccolo Loraisan. Io sono venuto prima, con gli altri bambini e con i fratelli di Syndrieli. Loro se ne stanno là, nella calca vicino all’entrata del santuario. Io ho preferito farmi una passeggiata intorno per incontrare gli amici».

«Perché portare Loraisan, che è così piccolo e fragile? In questa stagione, non starebbe meglio a casa?».

«Syndrieli vuole che riceva la benedizione anche lui, assolutamente. È convinta che se riceverà la benedizione della Regina, crescerà grande e forte e non sarà più gracile e debole. E poi la nostra stessa matriarca ha voluto che tutti i bambini della famiglia fossero presenti, perché dice che la benedizione della Regina probabilmente non potranno mai più riceverla in vita loro. Sono state irremovibili, io che potevo fare? Sono loro due, a comandare in casa nostra, lo sai bene».

«Va bene, ma spero che Loraisan sia coperto bene».
«Oh, non preoccuparti. Syndrieli è quasi ossessiva in queste cose. Una vera fanatica! Gli altri nostri figli poi cominciano a diventare gelosi… non solo di lei, anche di me. Devo dire che lui è diventato il nostro prediletto. Sarà perché pare così gracile, e non sappiamo se riuscirà a diventare grande, sarà perché è tutto quello che ci è rimasto di Thymrel, sarà perché è bellissimo, con quei grandi

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