La sua era una delle figure più mostruose della religione
dei Thyrsenna. Solitamente veniva rappresentato come un essere antropomorfo
dalle sfumature verde-giallastre, con un ricurvo becco verde ramarro al posto
della bocca, sulla testa un groviglio di serpenti o tentacoli anch’essi verdi
al posto dei capelli e due grandi ali membranose e squamose, che ricordavano
una via di mezzo fra le ali dei pesci volanti e quelli delle farfalle, e con
due grandi occhi gialli e sporgenti, dalle pupille a fessura.
Pareva che il suo culto fosse originario della stirpe dei
Tritoni, e il suo aspetto sembrava confermarlo.
Alcune sette misteriche delle regioni meridionali del
Veltyan, presso il mare, lo adoravano come loro patrono, e lo chiamavano il
Guardiano della Soglia, Colui (o Colei, non era chiaro il suo genere, ammesso
che ne avesse uno) che custodisce i segreti dell’Aisedis, l’aldilà dei
Thyrsenna.
Naturalmente, la figura sulla copertina non era a colori, ma
lo era invece la stampa all’interno.
«Questa è un’edizione rarissima, che fu pubblicata più di
cento anni fa solo per i seguaci del culto di Cthuchulcha. Mi è stato donato da
una persona di cui non posso rivelare il nome, con la raccomandazione di
conservarlo gelosamente. Chi sia stato a scriverlo, non è noto. Ma l’uomo, o la
donna, che ne fu l’autore o l’autrice, dichiara nel libro che quello che vi è
scritto gli è stato rivelato da Cthuchulcha stesso, ed è lo strumento per
varcare la Soglia
dell’Altrove.
Guardate, guardate voi stesso, qui ci sono molti simboli e
brani misteriosi che non sono ancora riuscito a decifrare nel loro significato,
ma sono sicuro che in esso è contenuto il segreto che i Geni conservavano nella
loro città. In qualche modo, qualcosa di quel sapere antico deve essere giunto
fino ai nostri giorni, forse attraverso i Tritoni, forse attraverso la
riscoperta del sapere tramite una rivelazione divina….».
Aralar cominciò a sfogliare il libro, e leggerne brani,
inframmezzati da illustrazioni con complesse forme geometriche e figure
mostruose, inquietanti, e assurdamente caotiche, in cui sembrava che ogni sorta
di membra umane e animali, o pazzescamente ibride, si unissero per comporre
corpi multiformi e privi di ogni simmetria e coerenza.
In altre illustrazioni comparivano quelle che sembravano
orbite di corpi celesti, che però non avevano niente a che fare con la mappe
celesti che Velthur aveva visto fino a quel momento.
I Thyrsenna non conoscevano ancora i telescopi, anche se
avevano scoperto le lenti da diversi secoli. Siccome erano rimasti fermi ad un
sistema geocentrico simile a quello tolemaico, non sapevano nulla del moto
della Madre Terra attorno al Sole, né di orbite ellittiche, né di satelliti
attorno ai pianeti, né di altri sistemi solari oltre al proprio.
Le mappe stellari del libro invece mostravano costellazioni
sconosciute, e astri che sembravano orbitare attorno ad altri astri con orbite ellittiche, che a loro volta
orbitavano attorno ad altri astri con orbite altrettanto ellittiche, in un
sistema inestricabile di ellissi intersecantisi e concentriche.
E i brani di testo che Aralar leggeva sembravano essere
fatti nello stesso stile delle illustrazioni: caotici, incomprensibili,
insensati, inquietanti e folli.
«Quattro sono le direzioni che costituiscono il nostro
mondo. Tre formano l’estensione, la quarta da sola forma la durata. E la quarta
direzione è percorribile solo in un senso. Ma nell’Altrove le cose sono
diverse, e oltre l’orizzonte si stendono altre direzioni, sia nell’estensione
che nella durata.
Ci sono mondi nei mondi, orizzonti dentro orizzonti, sia
nella polvere e nel fango dal quale siamo stati tratti, sia nell’immensità
celeste verso cui siamo proiettati.
Ugualmente distanti dalla polvere e dalle stelle, non
comprendiamo né l’una né le altre.
L’Ignoto che si stende tutt’attorno a noi ci schiaccia, ma
le nostre domande lo interrogano, mentre esso non può interrogare noi, a meno
che non siamo noi a concederglielo.
Le nostre domande sono più grandi dell’Abisso in cui si
perdono….».
Velthur stava per chiedere che cosa demoneoscuro volesse
dire quello sproloquio esoterico di direzioni e durate e abissi cosmici, quando
in quel momento capitò una cosa alquanto strana, più strana persino di Aralar.
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