martedì 23 agosto 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 178° pagina.


Voleva che Harali si rendesse conto che Aralar era pericoloso, ma per far questo doveva rimanere suo amico. L’unica cosa era cercare di starle vicino, di tenersi informato su tutto quello che lei faceva e su quello che invece combinava l’eremita.

Mentre cercava di trovare le parole giuste per non contrariarla, notò che lei portava sotto il braccio un cestino di vimini, coperto da un panno. Un angolo rialzato gli fece intravedere cosa c’era dentro.

«State raccogliendo fiori, per caso?».

«Oh sì! Gigli rossi. Avete visto quanti ne crescono, qui? È incredibile, sono completamente fuori stagione, eppure fioriscono come se fosse primavera! Li sto raccogliendo per il Reverendo Padre, mi ha detto che gli servono per le sue pozioni alchemiche…. anche se non so ancora perché».

Velthur e Melkhu si guardarono. Ecco una cosa che sarebbe stato molto interessante scoprire.

«Ho notato che questi fiori sembrano crescere in abbondanza anche sul Monte Leccio….».

«Sì, è vero. Spuntano nella radura in cima, e qualcuno anche vicino all’eremo. Ma qui, sopra il Santuario d’Ambra sono molti di più. Vedete là in cima, fra le viti? Ne spuntano di più sopra il tempio, sembra. Forse nel terreno c’è un elemento che li nutre meglio. Comunque, sono molto resistenti. Se si recide il fiore, subito dopo ricresce da dove è stato tagliato. È una cosa incredibile. Nessun giglio, nessun fiore che io conosca, cresce in questo modo, e persino nel tardo autunno. Mi domando persino se siano veramente dei fiori…».

«Me lo domando anche io, Harali. E credo che non siamo neanche gli unici a domandarcelo. A proposito: lui dov’è? Non lo vedo qui, e non credo possibile che non abbia voluto venire».

«È alla fattoria degli Akapri, mi ha detto che deve parlare con loro. Credo che voglia farsi accettare come kamethei officiante del Tempio, al fianco del sacerdote Maxtran e di sua figlia Maxaleni».

«Sì, immaginavo una mossa del genere. Sappiamo bene che ci tiene molto al Santuario d’Ambra…. Ma mi stupisce che gli Akapri stamattina possano avere il tempo di parlare con lui, considerando a quante cose dovranno prepararsi….a meno che non voglia partecipare lui stesso alla cerimonia. Certo, diventare un sacerdote del Santuario di Silen gli permetterebbe di poter entrarci tutte le volte che vuole, e farci ciò che vuole… ».

Velthur si trattenne. Era sul punto di raccontarle tutti i retroscena, ma pensò che non sarebbe stato il caso spifferarle tutto subito. Poco per volta, le avrebbe messo tante pulci nell’orecchio. In fin dei conti, non poteva sapere niente, quella povera ragazza cresciuta in mezzo ai boschi, di tutta quell’assurda storia piena di particolari loschi, folli e spesso irreali.

Mentre parlavano, il sole era ormai prossimo a spuntare nel cielo dal clima variabile. Le nuvole erano una tavola piatta di cirri, come un soffitto grigio chiaro che si stava tingendo di un rosso intenso.

«Com’è rossa quest’alba! Tinge persino le montagne!» esclamò Menkhu appoggiato al suo bastone da pastore, osservando con aria sognante le cime delle montagne bianche ad oriente, che ora apparivano di un rosa intenso, mentre le nuvole soprastanti apparivano del colore del sangue.

E naturalmente, fu allora che la gente cominciò ad arrivare a frotte.

Velthur vedeva che c’erano ormai gran parte dei suoi compaesani e della gente delle fattorie attorno, ma stava venendo anche un sacco di gente che non aveva mai visto e che sicuramente arrivava dai paesi più vicini, oltre che probabilmente dalla città di Enkar e forse anche dai paesi più a monte lungo il corso del fiume, per non parlare dei pellegrini che venivano da città e paesi di altre province.

C’era da domandarsi che fine avrebbero fatto i campi degli Akapri sotto il peso di tutta quella massa umana che stava crescendo in modo impressionante di minuto in minuto.

Resi nervosi e infastiditi dalla crescente folla, Velthur, Menkhu e Harali si spostarono in un’altra area, verso il fiume.
L’Eydin, scendendo dai monti e uscendo nella  pianura, faceva una grande ansa verso sud-est fra Aminthaisan e Arethyan, mentre invece la strada lastricata andava quasi in linea retta fra i due villaggi. La Polenta Verde, con la fattoria e i possedimenti degli Akapri, si trovava proprio in mezzo a quell’ansa, così che il fiume passava dal lato opposto del grande tumulo rispetto a dove passava la strada. E quindi fra la Polenta Verde e il fiume si concentrava meno folla che dal lato della strada e

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