Una delle parti trasparenti era una sorta di cabina in cui
si vedeva la Regina ,
seduta su di un trono di quarzo alchemico di color verde smeraldo, simbolo del
Regno Aureo, che salutava il popolo riunito lungo i lati della strada, che
veniva tenuto indietro dalle guardie reali e soprattutto dalle temibili figure
dei due Giganti alti tre metri, figure magnificenti ed incredibili, dentro le
loro armature anch’esse di acciaio adamantino come la carrozza, ma con
l’interno laminato d’argento, per dare alle corrazze un aspetto specchiante.
I due Giganti erano la principale attrazione, subito dopo la
grande carrozza regale. Perché, se da quelle parti non si era mai vista una
Regina, del pari non si era mai visto un Gigante, che ormai erano una stirpe
rara e generalmente molto isolata dal mondo degli Uomini.
Dopo essere passato per il paese, il corteo regale proseguì
per la strada lastricata, passando di fronte al sentiero che conduceva alla
fattoria dei Ferstran, i quali ovviamente erano tutti là, o quasi, proprio
all’imboccatura del sentiero.
La più emozionata, ovviamente, era la piccola Eukeni, che
sperava di poter vedere la
Regina dentro la carrozza, per poter fantasticare di essere
al suo posto.
Ma la sua avidità di vedere la Regina non era superiore a
quella di suo fratello Erkan di vedere i due Giganti della guardia reale.
Il suo più grande stupore fu nel vedere che i Giganti
avevano una pelle scurissima, che si
poteva vedere solo sui loro volti barbuti e sulle mani. Da quelle parti
non si era mai visto nessuno con la pelle tanto scura, né si era mai immaginato
che potessero esistere persone, umane o no, con la pelle di quel colore.
Anche se le storie che arrivavano dai porti del Regno Aureo
parlavano spesso delle isole dei Mari del Sud dove vivevano popoli barbarici
dalla pelle scura, di fatto la gente semplice si figurava semplicemente genti
dal colorito scuro come un contadino abbronzato sotto il sole estivo, ma non di
quel colore bruno che rendeva i Giganti, agli occhi della gente di Arethyan,
ancora più terrificanti della loro statura e delle loro armature scintillanti.
Stranamente poi, le loro lunghe capigliature e le loro barbe
che uscivano da sotto gli elmi erano di un castano chiaro, che sotto la luce
del sole assumeva toni di biondo cenere, e questo rendeva ancora più strano e
impressionante il loro aspetto.
«Padre, ma sono bruni quasi come un guscio di castagna!»
gridò Erkan non appena poté osservarli che avanzavano ai lati dei cavalli della
carrozza regale, con le spade sguainate.
«Perché i loro antenati vennero secoli fa dalle calde terre
oltre i Mari del Sud, dove il sole è tanto forte che scurisce la pelle di
chiunque».
«E le loro barbe e le loro chiome sono chiare, invece! E i
loro occhi sono neri! Una volta la sacerdotessa Thanxiel mi ha raccontato che i
Giganti erano pallidissimi, con i capelli bianchi e gli occhi splendenti, e
avevano sei dita nelle mani e nei piedi».
«Quelli di cui parlava erano i Giganti di prima del Diluvio.
Erano una razza diversa da questa. Questi sono i Giganti della Montagna, i loro
lontani discendenti, e sono molto diversi. Ma se noti, anche loro hanno sei
dita nelle mani, e sicuramente ce le hanno anche nei piedi».
Solo allora Erkan si accorse che era proprio così. Neanche
le Fate avevano sei dita nelle mani e nei piedi. Per la prima volta, Erkan vide
qualcosa che lo affascinava più del popolo fatato.
Larsin aveva avuto la saggezza di dire ai suoi familiari di
starsene abbastanza discosti dal sentiero, perché sapeva che se fossero rimasti
troppo vicini al corteo mentre passava, le guardie avrebbero potuto respingerli
brutalmente.
I due Giganti guardavano impassibili di fronte a sé,
indifferenti ai gruppi di piccoli Uomini che correvano abbandonando il loro
lavoro nei campi e nelle fattorie verso la strada per osservare uno spettacolo
che ai loro occhi probabilmente non avrebbero più potuto vedere in vita loro,
perché si faceva fatica a credere che la Regina potesse tornare là un giorno, per quanto
prodigioso e magnificente fosse il Santuario d’Ambra. Abituati a sentirsi
esclusi dal centro dell’impero, non potevano ancora rendersi pienamente conto
di essere adesso al centro dell’attenzione.
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