giovedì 4 agosto 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 160° pagina.


«Perché mi raccontate tutto questo? Perché avete voluto aprirvi così sui vostri sogni segreti? Voglio dire: in fin dei conti ci conosciamo poco, io non andrei a parlare di cose così grosse al primo che capita…».

«Perché io credo di avervi capito, dottor Laran. Voi siete uno che vuole investigare nell’ignoto, l’ho intuito il giorno in cui vi ho conosciuto, quando voi e i vostri amici siete venuti a vedere cosa era successo sul Monte Leccio, facendo finta di cercare funghi….  e ne sono stato certo quando vi ho di nuovo incontrato nel Santuario di Silen, che studiavate con attenzione i bassorilievi sulle pareti. Voi siete uno di quelli che vogliono sapere, che non si accontentano di credere, o di sognare. Voi volete avere certezze e sareste disposto a tutto, pur di ottenerle. Lo so, lo sento.

Ve lo leggo nello sguardo anche adesso. Come state guardando la mia biblioteca, come leggete i titoli alla ricerca di qualcosa, dimostra ai miei occhi quello che volete.

Dite la verità: voi siete venuto qui proprio perché volevate scoprire qualcosa da me. Lo stesso amuleto che vi pende dal collo, dimostra che vi piace sguazzare nel mistero. Scommetto che se potessi dare un’occhiata alla vostra libreria, vedrei molti titoli che possiedo anche io, magari titoli come L’Ombra delle Leggende di Perun Oyarsun o cose di questo tipo….».

Istintivamente Velthur riafferrò il ciondolo, domandandosi se anche Aralar potesse leggere nel pensiero come una Fata.

«Voi volete che collabori con voi alle vostre ricerche?».

«Io ne sarei lieto. Ho bisogno di persone che mi aiutino. Che mi offrano la loro esperienza, il loro consiglio, che mi aiutino a procurarmi i mezzi per continuare le mie ricerche. Voi siete un uomo colto e intelligente, uno dei pochi in questa regione depressa….».

«Se avete bisogno di gente colta e con mezzi adeguati, perché siete venuto ad imbucarvi in questa regione ai confini della civiltà? Non era meglio restare a Prini?».

«Perché qui c’era ciò che cercavo: il Santuario di Silen».

Finalmente cominciava a scoprirsi.

«Volete dire che voi sapevate già del Santuario prima ancora di venire scoperto?».

«Sì, o meglio speravo che esistesse davvero. Una Fata mi ha detto che la chiave di molti segreti l’avrei trovata qui, e che presto sarebbe stata scoperta, se avesse dato l’indicazione giusta a una famiglia di contadini che la possedeva senza saperlo. E così è stato».

«La Fata che ha visitato gli Akapri rivelando l’ubicazione del tempio era quella di cui parlate voi, allora?».

«Sì, certo. Una mia amica….».

Il sorriso dell’eremita si faceva sempre più furbo, strafottente e compiaciuto. Velthur cominciò a senitre il desiderio di prenderlo a cazzotti sul muso e spaccargli quel gran nasone già rotto, come quello di un pugile, che si ritrovava.

«Dite la verità: il belk estivo che gli Akapri hanno visto dalla loro fattoria in cima a questo monte l’avete organizzato voi? O la vostra amica Fata?».

«Io ho chiesto che venisse celebrato, senz’altro. Ma il belk è stato celebrato dalle mie amiche Fate e dai loro seguaci umani per iniziarmi ai misteri del Grande Capro Nero. Era importante che io potessi conoscere le dottrine misteriche del belk, per poter conoscere i misteri del passato».

«Non credo che un Reverendo Padre che partecipa a quell’orgia stregonesca faccia una bella figura…. Sarebbero capaci di sconsacrarvi, se lo scoprissero».

«Perché dovrebbero scoprirlo? L’ho detto a voi, perché siete un Avennar, non potete avere simpatia per i sacerdoti di Sil, non avreste nessun interesse a rivelarglielo».

«No, ma non amo l’ipocrisia. Conosco fin troppi sacerdoti che dall’alto degli altari ammoniscono i fedeli contro riti e culti che loro condannano, e poi di nascosto praticano loro stessi ciò che aborriscono in pubblico tanto aspramente. Se voi volete diventare uno di loro, non potete godere della mia amicizia».

Fu allora che per la prima volta Velthur vide l’eremita alterarsi, e il lampo di follia nei suoi occhi diventò furore.

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