«Perché mi raccontate tutto questo? Perché avete voluto
aprirvi così sui vostri sogni segreti? Voglio dire: in fin dei conti ci
conosciamo poco, io non andrei a parlare di cose così grosse al primo che capita…».
«Perché io credo di avervi capito, dottor Laran. Voi siete
uno che vuole investigare nell’ignoto, l’ho intuito il giorno in cui vi ho
conosciuto, quando voi e i vostri amici siete venuti a vedere cosa era successo
sul Monte Leccio, facendo finta di cercare funghi…. e ne sono stato certo quando vi ho di nuovo
incontrato nel Santuario di Silen, che studiavate con attenzione i bassorilievi
sulle pareti. Voi siete uno di quelli che vogliono sapere, che non si accontentano
di credere, o di sognare. Voi volete avere certezze e sareste disposto a tutto,
pur di ottenerle. Lo so, lo sento.
Ve lo leggo nello sguardo anche adesso. Come state guardando
la mia biblioteca, come leggete i titoli alla ricerca di qualcosa, dimostra ai
miei occhi quello che volete.
Dite la verità: voi siete venuto qui proprio perché volevate
scoprire qualcosa da me. Lo stesso amuleto che vi pende dal collo, dimostra che
vi piace sguazzare nel mistero. Scommetto che se potessi dare un’occhiata alla
vostra libreria, vedrei molti titoli che possiedo anche io, magari titoli come L’Ombra delle Leggende di Perun Oyarsun
o cose di questo tipo….».
Istintivamente Velthur riafferrò il ciondolo, domandandosi
se anche Aralar potesse leggere nel pensiero come una Fata.
«Voi volete che collabori con voi alle vostre ricerche?».
«Io ne sarei lieto. Ho bisogno di persone che mi aiutino.
Che mi offrano la loro esperienza, il loro consiglio, che mi aiutino a
procurarmi i mezzi per continuare le mie ricerche. Voi siete un uomo colto e
intelligente, uno dei pochi in questa regione depressa….».
«Se avete bisogno di gente colta e con mezzi adeguati,
perché siete venuto ad imbucarvi in questa regione ai confini della civiltà?
Non era meglio restare a Prini?».
«Perché qui c’era ciò che cercavo: il Santuario di Silen».
Finalmente cominciava a scoprirsi.
«Volete dire che voi sapevate già del Santuario prima ancora
di venire scoperto?».
«Sì, o meglio speravo che esistesse davvero. Una Fata mi ha
detto che la chiave di molti segreti l’avrei trovata qui, e che presto sarebbe
stata scoperta, se avesse dato l’indicazione giusta a una famiglia di contadini
che la possedeva senza saperlo. E così è stato».
«La Fata
che ha visitato gli Akapri rivelando l’ubicazione del tempio era quella di cui
parlate voi, allora?».
«Sì, certo. Una mia amica….».
Il sorriso dell’eremita si faceva sempre più furbo,
strafottente e compiaciuto. Velthur cominciò a senitre il desiderio di
prenderlo a cazzotti sul muso e spaccargli quel gran nasone già rotto, come
quello di un pugile, che si ritrovava.
«Dite la verità: il belk
estivo che gli Akapri hanno visto dalla loro fattoria in cima a questo monte
l’avete organizzato voi? O la vostra amica Fata?».
«Io ho chiesto che venisse celebrato, senz’altro. Ma il belk è stato celebrato dalle mie amiche Fate
e dai loro seguaci umani per iniziarmi ai misteri del Grande Capro Nero. Era
importante che io potessi conoscere le dottrine misteriche del belk, per poter conoscere i misteri del
passato».
«Non credo che un Reverendo Padre che partecipa a
quell’orgia stregonesca faccia una bella figura…. Sarebbero capaci di
sconsacrarvi, se lo scoprissero».
«Perché dovrebbero scoprirlo? L’ho detto a voi, perché siete
un Avennar, non potete avere simpatia per i sacerdoti di Sil, non avreste
nessun interesse a rivelarglielo».
«No, ma non amo l’ipocrisia. Conosco fin troppi sacerdoti
che dall’alto degli altari ammoniscono i fedeli contro riti e culti che loro
condannano, e poi di nascosto praticano loro stessi ciò che aborriscono in
pubblico tanto aspramente. Se voi volete diventare uno di loro, non potete
godere della mia amicizia».
Fu allora che per la prima volta Velthur vide l’eremita
alterarsi, e il lampo di follia nei suoi occhi diventò furore.
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