lunedì 15 agosto 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 170° pagina.


E siccome la casa è grande, la nostra famiglia è numerosa e abbastanza prospera, direi che un bambino in più o in meno non fa differenza, anche se fa differenza per me. Loraisan per me è un figlio come un altro, né più né meno».

«Lodevole, mia cara, ma considera comunque il mio consiglio».

La conversazione poi si spostò su argomenti più frivoli, cioè su come prepararsi all’arrivo della sovrana, su come organizzare i festeggiamenti e via dicendo. Da quel che si diceva, la Regina, dopo la visita al Santuario, sarebbe salita in cima al grande tumulo per dare una benedizione generale al luogo e al popolo raccolto ai piedi del tumulo stesso.

Essendo non solo la Madre della Nazione, ma anche l’immagine di Sil sulla Madre Terra, la Regina era anche il rappresentante supremo del clero dei Thyrsenna, perciò la sua benedizione aveva un valore particolare.

Nei giorni seguenti, l’alkati di Arethyan decretò che il paese fosse tenuto quanto più possibile pulito e in ordine per la visita della Regina. Bisognava cercare di nascondere alla meno peggio l’indigenza e la sporcizia, per dare meno possibile l’impressione di essere uno squallido villaggio di straccioni di confine.

Inoltre, annunciò che la monarca sarebbe arrivata ai primi giorni del mese dell’Arciere. Sarebbe passata prima per Enkar, per fare visita ai due Shepenna della provincia, poi sarebbe venuta assieme a loro ad Arethyan, provenendo da sud sulla strada lastricata che andava lungo il corso dell’Eydin, dentro la sua carrozza di adamantino acciaio alchemico, progettata e costruita per proteggerla da ogni pericolo. Sarebbe stata preceduta, affiancata e seguita dai suoi cavalieri, dalle sue amazzoni, dai due Giganti della guardia regale, dai membri della sua famiglia e diversi Sommi Maestri.

Sarebbe passata per Arethyan e avrebbe proseguito nella campagna, fino alla villa della famiglia patrizia dei Tezanfalas, dove sarebbe stata ospitata per tutto il periodo della sua visita al Santuario d’Ambra.

Molti si domandarono perché la Regina non avesse aspettato la primavera seguente per fare la visita al Santuario di Silen, e se ne dispiacquero. Non semplicemente per il fatto che era una stagione migliore per viaggiare, ma anche perché ci sarebbe stato più tempo per organizzarsi, e magari in quell’occasione sarebbe venuta molta più gente, dato che la notizia avrebbe avuto il tempo di giungere a province più lontane. Non tutte le contrade del paese erano provviste di una sfera di cristallo alchemico che potesse far giungere le notizie all’istante, e molti dovevano ancora arrangiarsi con i messaggeri a cavallo.

Pareva però che la Regina avesse una grande impazienza di vedere quel luogo di cui le avevano raccontato cose mirabolanti. E pareva addirittura che tale visita non sarebbe stata l’unica.

Una mattina di turmutin, il settimo giorno del mese dell’Arciere, le trombe d’oro rosso del corteo regale annunciarono al popolo di Arethyan che l’eletta sovrana di tutti i Thyrsenna stava arrivando con il suo seguito.

Ci mise pochissimo, il suono delle trombe, a venire accompagnato dalle grida di giubilo dei paesani, alcuni dei quali correvano per le strade verso la strada lastricata che, fiancheggiando il fiume, incrociava la strada principale del villaggio.

Il sacerdote Atar Kalpur ordinò al più forte dei suoi schiavi di salire in cima al tempio di Sil per suonare le bronzee campane tubolari con la mazza di ferro, per celebrare il grande evento.

Ne risultò un bel frastuono.

Il corteo regale non si fermò passando per il villaggio, ma procedette comunque abbastanza lentamente perché il popolo riunito potesse ammirarlo in tutta la sua magnificenza, e osservare la Regina che salutava tutti con la mano e con molti sorrisi.

L’enorme carrozza della Regina, trainata da ben otto cavalli e con sei ruote di bronzo e acciaio, pareva un enorme diamante con i bordi ornati d’elettro. In parte era trasparente, essendo fatta principalmente di adamantino acciaio alchemico, simile al cristallo più brillante, in parte sembrava fatto di specchi dorati. In realtà si trattava di altre lastre di acciaio alchemico, rivestite all’interno di un sottile strato di elettro.

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