mercoledì 12 ottobre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 217° pagina.


«Davvero??? Forse dovrei farlo vedere a Prukhu, questo libro, e magari leggerglielo….».

«Beh, non so quanto potrebbe saperne delle cose scritte là, ma l’Albero Cosmico è una credenza del Grande Nord. Lui conosce molte cose dei popoli nordici, delle loro leggende e delle loro credenze. Quei popoli adorano gli alberi, proprio come noi Sileni, e credono che l’universo stesso sia costituito da un gigantesco Albero Cosmico che attraversa tutti i mondi. Lui però diceva che le sue radici affondavano nel regno dei morti, un mondo di nebbie».

«Addirittura le leggende dei popoli barbari del nord! Mi sembra un gran minestrone….  io comunque della cultura di quei popoli non so praticamente niente. Non li ho mai trovati interessanti».

«Male. Magari è proprio là che puoi trovare cose utili per risolvere l’enigma di tutta questa storia».

Quelle parole gli fecero venire in mente un particolare che aveva dimenticato, tra gli innumerevoli di quella storia.

Nella lunga narrazione delle vicende misteriose della Valle dei Gigli, c’era l’episodio del minatore originario delle terre dei Teudanna, nelle lontane foreste del nord, che avendo sentito parlare dell’avvistamento del misterioso cervo bianco dalle corna rossa, aveva abbandonato il lavoro in preda ad un terrore superstizioso.

A questo punto, poteva immaginare che i popoli nordici, considerati dai Thyrsenna barbari rozzi e ignoranti, fossero a conoscenza di qualcuna delle misteriose forze che stavano agendo nel Veltyan.

In fin dei conti, non si avevano molte notizie di quei lontani e selvaggi paesi oltre le Montagne Albine, dove oscuri sacerdoti celebravano riti oscuri in cui venivano eseguiti cruenti sacrifici umani, e che si trasmettevano oralmente dottrine segrete, che non venivano mai scritte, perché non cadessero in mano ai profani.

Qualcuno sospettava che quei sacerdoti, pur vivendo in mezzo a popoli primitivi e violenti, possedessero un sapere elevato proveniente dalle epoche prima del Diluvio. Non era assurdo pensare che quel libro provenisse in parte da quelle conoscenze segrete dei sacerdoti nordici.

Ma Velthur si sentiva scettico. Probabilmente ci sarebbero voluti degli anni prima di venire a capo di tutti i simboli e le immagini del libro maledetto. Anche investigando tutte le dottrine misteriche del mondo conosciuto. E il tempo, purtroppo, stringeva.

Quando furono tornati ad Arethyan, Velthur si affrettò a lasciar libero il dottor Erkorekan, ringraziandolo di averlo sostituito in quei giorni di assenza e promettendogli che sarebbero rimasti in contatto epistolare.

Aldilà del suo coinvolgimento con le trame del Reverendo Padre Aralar, Velthur era interessato al suo sogno di creare una comunità autonoma di Avennarna ai confini del regno, anche se non certo nella Valle dei Gigli.

Dopo, Velthur cercò di tornare alla sua vita di sempre.

Cercò di concentrarsi sul suo lavoro, sui consueti rapporti con la gente del paese, con le piccole cose quotidiane che avevano continuato a ripetersi imperturbate per anni prima di quel fatidico giorno d’estate in cui il piccolo Erkan era venuto a casa sua a chiamarlo alla fattoria dei Ferstran.

La sera studiava il libro, cercava collegamenti con altri libri di esoterismo, ma la sua ricerca rimaneva quasi del tutto infruttuosa.

Il libro sembrava quasi piovuto da un altro mondo. Seguiva un linguaggio con termini dal significato sconosciuto, si serviva di simboli in gran parte inconsueti e strani, che non riusciva a trovare in nessun altro libro da lui conosciuto. Forse era davvero il frutto del contatto con culture straniere, forse in parte nordiche, ma ancora di più orientali, o addirittura provenienti da olre oceano, dove forse esistevano tradizioni e tecniche alchemiche diverse da quelle dei Thyrsenna, anche se i Maestri Alchimisti erano tutti concordi nel dire che l’alchimia esisteva solo nel Veltyan e presso i Nani, perché tutto il resto del mondo era ormai barbaro e primitivo.

Ma il mondo era vasto e in gran parte sconosciuto. Nessuno poteva escludere la possibilità che esistessero altre dottrine alchemiche in paesi lontani. E d’altra parte, lo stesso Aralar aveva affermato di avere incontrato molti segreti nei suoi viaggi ai confini del mondo.

Nessun commento:

Posta un commento