«Davvero??? Forse dovrei farlo vedere a Prukhu, questo
libro, e magari leggerglielo….».
«Beh, non so quanto potrebbe saperne delle cose scritte là,
ma l’Albero Cosmico è una credenza del Grande Nord. Lui conosce molte cose dei
popoli nordici, delle loro leggende e delle loro credenze. Quei popoli adorano
gli alberi, proprio come noi Sileni, e credono che l’universo stesso sia
costituito da un gigantesco Albero Cosmico che attraversa tutti i mondi. Lui
però diceva che le sue radici affondavano nel regno dei morti, un mondo di
nebbie».
«Addirittura le leggende dei popoli barbari del nord! Mi
sembra un gran minestrone…. io comunque
della cultura di quei popoli non so praticamente niente. Non li ho mai trovati
interessanti».
«Male. Magari è proprio là che puoi trovare cose utili per
risolvere l’enigma di tutta questa storia».
Quelle parole gli fecero venire in mente un particolare che
aveva dimenticato, tra gli innumerevoli di quella storia.
Nella lunga narrazione delle vicende misteriose della Valle
dei Gigli, c’era l’episodio del minatore originario delle terre dei Teudanna,
nelle lontane foreste del nord, che avendo sentito parlare dell’avvistamento del
misterioso cervo bianco dalle corna rossa, aveva abbandonato il lavoro in preda
ad un terrore superstizioso.
A questo punto, poteva immaginare che i popoli nordici,
considerati dai Thyrsenna barbari rozzi e ignoranti, fossero a conoscenza di
qualcuna delle misteriose forze che stavano agendo nel Veltyan.
In fin dei conti, non si avevano molte notizie di quei
lontani e selvaggi paesi oltre le Montagne Albine, dove oscuri sacerdoti
celebravano riti oscuri in cui venivano eseguiti cruenti sacrifici umani, e che
si trasmettevano oralmente dottrine segrete, che non venivano mai scritte,
perché non cadessero in mano ai profani.
Qualcuno sospettava che quei sacerdoti, pur vivendo in mezzo
a popoli primitivi e violenti, possedessero un sapere elevato proveniente dalle
epoche prima del Diluvio. Non era assurdo pensare che quel libro provenisse in
parte da quelle conoscenze segrete dei sacerdoti nordici.
Ma Velthur si sentiva scettico. Probabilmente ci sarebbero
voluti degli anni prima di venire a capo di tutti i simboli e le immagini del
libro maledetto. Anche investigando tutte le dottrine misteriche del mondo
conosciuto. E il tempo, purtroppo, stringeva.
Quando furono tornati ad Arethyan, Velthur si affrettò a
lasciar libero il dottor Erkorekan, ringraziandolo di averlo sostituito in quei
giorni di assenza e promettendogli che sarebbero rimasti in contatto
epistolare.
Aldilà del suo coinvolgimento con le trame del Reverendo
Padre Aralar, Velthur era interessato al suo sogno di creare una comunità autonoma
di Avennarna ai confini del regno, anche se non certo nella Valle dei Gigli.
Dopo, Velthur cercò di tornare alla sua vita di sempre.
Cercò di concentrarsi sul suo lavoro, sui consueti rapporti
con la gente del paese, con le piccole cose quotidiane che avevano continuato a
ripetersi imperturbate per anni prima di quel fatidico giorno d’estate in cui
il piccolo Erkan era venuto a casa sua a chiamarlo alla fattoria dei Ferstran.
La sera studiava il libro, cercava collegamenti con altri
libri di esoterismo, ma la sua ricerca rimaneva quasi del tutto infruttuosa.
Il libro sembrava quasi piovuto da un altro mondo. Seguiva
un linguaggio con termini dal significato sconosciuto, si serviva di simboli in
gran parte inconsueti e strani, che non riusciva a trovare in nessun altro
libro da lui conosciuto. Forse era davvero il frutto del contatto con culture
straniere, forse in parte nordiche, ma ancora di più orientali, o addirittura
provenienti da olre oceano, dove forse esistevano tradizioni e tecniche
alchemiche diverse da quelle dei Thyrsenna, anche se i Maestri Alchimisti erano
tutti concordi nel dire che l’alchimia esisteva solo nel Veltyan e presso i
Nani, perché tutto il resto del mondo era ormai barbaro e primitivo.
Ma il mondo era vasto e in gran parte sconosciuto. Nessuno
poteva escludere la possibilità che esistessero altre dottrine alchemiche in
paesi lontani. E d’altra parte, lo stesso Aralar aveva affermato di avere
incontrato molti segreti nei suoi viaggi ai confini del mondo.
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