lunedì 31 ottobre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 236° pagina.


assurdamente venisse conservato in un sarcofabo ripieno di liquido imbalsamante, perché potesse conservarsi nei secoli.come si faceva con tutti i membri delle classi abbienti, in omaggio alla vecchia credenza popolare che il mondo dell’aldilà non fosse sostanzialmente diverso da quello dell’aldiqua e che conservare il corpo del defunto avesse la sua importanza.

Come l’avessero messo nel sarcofago, però, non era ben chiaro. Pareva che avessero sovrapposto le varie parti una sopra l’altra come una pila di orrorifiche frittelle: le ossa e le cartilagini sotto di tutto, con i visceri avvolti nella cassa toracica, poi sopra i muscoli e il grasso, poi sopra il sistema circolatorio, infine quello nervoso e per finire la pelle come un orrido sudario. Il tutto poi immerso nell’azzurro liquido alchemico imbalsamante, con la tradizionale lampada perenne ai piedi del corpo, per accompagnare l’anima del defunto lungo il tenebroso passaggio all’Aisedis.

Ma il rito funebre era stato officiato in tutta fretta, e quasi in segreto, anche se con tutti gli orpelli e gli ornamenti possibili. Axili aveva presenziato lei la sepoltura, alla quale era stata presente anche la giovane Harali, che era stata avvertita subito da Menkhu, non appena era arrivato alle Colline di Leukun.

Lei naturalmente si era fiondata subito ad Arethyan, dove era andata subito a parlare con il dottore Velthur per farsi riferire da lui cosa era successo, dopo che Menkhu aveva provato a spiegarle, senza riuscirci, cosa era successo ad Aralar. Menkhu poté dirle solo che “un essere misterioso o una forza ignota aveva smembrato l’eremita, ma mantenendo intatti tutti i pezzi”. Una cosa non molto chiara da dire.

Si era presentata alla porta del dottore, coperta solo dal grigio mantello incappucciato dei monaci eremiti, per chiedergli la sua versione dei fatti. Velthur fu felice di accoglierla in casa e di parlargli. Sarebbe stata l’occasione di sapere se aveva qualcosa da raccontargli riguardo gli ultimi giorni di Aralar e quello che stava facendo.

Aveva gli occhi cerchiati, una cosa che non favoriva la sua già scarsa bellezza. Si capiva che non aveva dormito e che probabilmente aveva pianto molto.

«Che cosa farete adesso, Harali? Tornerete nella vostra famiglia, a Tulvanth?».

«No di certo, dottore. Chiederò di poter proseguire l’opera di Aralar. Glielo devo. Ma soprattutto, è tutto quello che mi rimane di lui. Mi aveva dato il suo sapere, mi aveva coinvolto nella sua ricerca della verità, mi aveva trasmesso la sua passione, e adesso questa sua passione è l’unica eredità che mi lascia, a meno che non mi permettano di vivere ancora nel suo eremo, studiare i suoi libri e vivere come è vissuto lui».

«Intendete dire che proseguirete nelle stesse ricerche alchemiche che stava compiendo lui?».

«Io non so neanche cosa stesse facendo, dottore. Lo so che voi vorreste sapere da me qual è l’esperimento che lo ha ucciso, ma non ne so niente. Lui mi aveva detto di andare a passare il Tinsi Garpen Silal a casa della mia famiglia, perché lui sarebbe stato molto impegnato nelle sue ricerche, e che preferiva non avere nessuno attorno per quel periodo. Eravamo d’accordo che sarei tornata dopo la festività e che lui mi avrebbe mostrato se era riuscito nel suo intento.

Diceva sempre che l’alchimia è soprattutto una forma di elevazione spirituale, e che quello che faceva non era solo per la sua crescita spirituale, ma anche per quella di tutti coloro che cercano la verità. E quando lo diceva, io non potevo dubitare che non ne fosse veramente convinto.

Ma forse si è sbagliato in qualcosa, se ha fatto la fine che ha fatto…. ».

Una fitta di senso di colpa invase Velthur, non poteva confessarle che temeva che in realtà Aralar non aveva commesso nessuno sbaglio, e che la vera causa della sua morte era lui. Un senso di colpa che ora gli imponeva di occuparsi di lei, di proteggerla da tutta quella storia assurda, se poteva.

«E non avete paura di fare la stessa fine, se intraprendete la sua stessa strada?».

«Ma io non ho certo la pretesa di fare le stesse cose che faceva lui! Tra l’altro, come ho detto non so neanche cosa stesse facendo! C’ho messo un po’ per convincere la Reverenda Madre Axili Kalpur che non ero a parte degli esperimenti di Aralar. Certo, qualcosa avevo visto…. L’avevo visto utilizzare i gigli rossi che gli raccoglievo in giro per i campi per fare quegli strani fili che sembrano d’ambra…. So che aveva usato anche altre sostanze vegetali, miele, resine varie, altre erbe…. Ma più in là non so niente. Non so neanche a cosa servissero quei fili!

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