domenica 9 ottobre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 214° pagina.


«Pensavo di trovare in questo libro cose orribili e minacciose, invece semplicemente non capisco quasi niente di quello che c’è scritto.

Una delle poche cose che riesco ad afferrare è che si tratta di un testo che tocca anche l’alchimia cosmologica, un campo di cui non so pressoché niente. E il guaio è che non conosco nessuno che sia esperto del campo, che è praticato da pochi. Oltre a quello, ci sono riferimenti mitici, resoconti di antiche leggende sui Geni, gli Elfi della Luce, ma non mi sembrano molto chiari neanche quei brani.

Un’altra cosa che capisco, è che si parla di specchi alchemici….».

«Come quello che hai tu? Quello che hai usato su Thymrel?».

«No, di un altro tipo. Qui si parla di “specchi sferici”, che non so cosa siano…. specchi intesi come “porte sull’Altrove”, ma non capisco come uno specchio alchemico possa essere una porta all’Altrove….».

L’improvviso russare di Menkhu lo fece tacere, e proseguì s sfogliare il libro leggendo qua e là, alla disperata ricerca di un’ispirazione.

Poi la trovò, più o meno a un terzo del volume. L’illustrazione dei Tre Fiori dell’Ignoto. Sulla pagina accanto c’era il brano che l’eremita pazzo gli aveva letto in quella mattina di follia nel suo eremo.

Era indubbia la grande somiglianza di quel brano con quello che era riportato in uno dei suoi libri di esoterismo, il brano che tante volte aveva letto senza capire, interrogandosi invano sul suo significato. Somigliante, ma non identico.

Nel brano che si trovava nel libro maledetto di Cthuchulcha, si parlava anche dei colori dei Tre Fiori, cosa che non c’era invece nel brano del libro che aveva a casa.

Come un’intuizione improvvisa, pensò che forse nel libro maledetto si potesse trovare la spiegazione di quel brano, la chiave per quei simboli.

Nell’illustrazione comparivano i Tre Fiori disposti a triangolo equilatero. Anzi, c’erano tre segmenti che univano i Tre Fiori in modo da formare un triangolo. Il Fiore Bianco dell’Enigma appariva in basso a sinistra, il Fiore Nero del Segreto in basso a destra, e il Fiore Rosso del Mistero in alto.

Ed erano tutti e tre dei gigli. Il Fiore Rosso era chiaramente uno dei misteriosi gigli rossi della Valle dei Gigli.

Gli balzò il cuore in gola. Come aveva fatto a non intuire prima il collegamento di quei simboli con la Valle dei Gigli? Con frenesia, lesse in fretta il brano legato a quell’illustrazione.

In esso c’era in effetti qualcosa che poteva essere un utile indizio.

Dopo il misterioso brano dei Tre Fiori dell’Ignoto, ce n’era un altro, senz’altro ambiguo ed enigmatico anch’esso, ma molto allusivo, che forse poteva far capire qualcosa delle intenzioni di Aralar Alpan:



Chi cerca il Vermiglio Fiore del Mistero, può trovarlo là dove Quelli dalle Ali Nere si recano invisibili e nascosti, e coglierlo per ottenerne il vino dell’invisibile, l’elisir di veggenza. Chi riuscirà a ottenerne l’etereo vino, e riuscirà a berlo quando la Luce di Sil è più debole, allora potrà varcare la Soglia dell’Altrove.



Il significato del brano era abbastanza chiaro per capirci qualcosa, e spiegava una cosa che non aveva avuto ancora modo di chiarire.

Gli venne in mente quel mattino di usiltin alla Polenta Verde, prima che avvenisse il grande delirio collettivo, quando aveva visto la giovane Harali Frontyakh con un cesto pieno di gigli rossi. Il brano sembrava alludere alla preparazione di una pozione alchemica, forse una droga, una cosa simile al vino delle Fate, o forse un suo perfezionamento.

Non poteva non notare che i Tre Fiori dell’Ignoto sembravano rappresentare nei colori le Tre Madri del Fato: Bianco, Nero e Rosso. La Luce, la Notte e il Crepuscolo.

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