L’albero ornato dai mille ninnoli colorati e dalle lampade
perenni si era ulteriormente abbellito con la neve, e la gente era convinta che
quella festa del dopo solstizio avrebbe annunciato una primavera carica di
fiori e frutti. Le cose sembravano voler andare bene. Sembravano.
Ma l’evento del prodigio al tumulo era troppo recente, e poi
c’erano certe storie che piacevano troppo agli animi molto religiosi, in
particolare quelli che tutti chiamavano ormai “i Risanati”.
C’erano stati non pochi casi di persone guarite da gravi
infermità o da invalidità varie in occasione dell’evento prodigioso.
Naturalmente, erano molti gli infermi e gli invalidi che si
erano recati al Santuario d’Ambra in occasione della visita della Regina, per ottenere
la benedizione e sperare nella guarigione.
Nel Veltyan vigeva la credenza secondo cui se la Regina poneva le mani sopra
un malato, questo sarebbe guarito grazie alla Luce di Sil trasmessa dalla
regale persona consacrata, in quanto la Regina del Veltyan era una figura soprattutto
religiosa, ancor prima che politica.
In quel caso, sembrava che tale credenza fosse stata
confermata da parecchi poveracci capitati là. C’erano storpi che avevano visto
raddrizzarsi la gamba e gobbi che avevano visto raddrizzarsi la schiena,
naturalmente c’erano ciechi che avevano riacquistato la vista e sordi che
avevano ripreso a sentire, e paralitici che avevano ripreso a camminare.
Diversi lebbrosi erano guariti e avevano visto addirittura cominciare a
ricrescere le dita delle mani e dei piedi, oltre che vedere il volto
ricomporsi. Soprattutto parecchi psoriaci , con la pelle completamente
devastata dalla malattia, videro sparire le macchie e le croste sulla loro
pelle nel giro di pochi giorni.
Addirittura, pareva che un pellegrino che aveva avuto sempre
il vizio di usare la mano destra per scrivere, divenne, se non mancino, almeno
ambidestro, cosa che anche se non era vista come una normalità, almeno non era
vista come un difetto.
Vanalashi Sakni, una povera donna di cinquant’anni rimasta
sola con un figlio e senza nessuna erede femmina, dato che aveva adottato una
bambina che poi le era morta, e che era diventata cieca a causa di una
misteriosa malattia, aveva recuperato la vista e ora andava quasi ogni giorno
in giro per il villaggio urlando come una matta le lodi di Sil e della Regina,
dicendo a tutti di ringraziare costantemente gli Dei per poter ottenere doni
belli come quello che aveva avuto lei.
In preda all’esaltazione religiosa, aveva dimenticato tutte
le sue disgrazie e contribuiva validamente all’atmosfera di fanatismo religioso
che ormai si stava diffondendo nel Veltyan a macchia d’olio. Quasi ogni giorno
Vanalashi si recava al Santuario d’Ambra, e raccontava ai pellegrini il
prodigio di cui era stata protagonista, di come i suoi occhi si erano aperti
sul Sole Vermiglio, e aveva visto una figura splendente volare alta nel cielo,
che naturalmente per lei era la stessa Sil.
Velthur non si faceva illusioni. Non sarebbe stato un Giorno
del Sole Vittorioso sereno e felice, anche se le profezie delle Tre Madri del
Fato non si fossero realizzate.
E alla fine venne la vigilia del Tinsi Garepanusil, innevata
e scintillante sotto un cielo terso, appena offuscato da una leggera foschia di
cristalli di ghiaccio sopra il bianco orizzonte.
La tormenta di neve dei giorni precedenti si era calmata, e
aveva lasciato il posto a un sole sfolgorante, che era sorto in un’alba non
rossa, ma dorata, da tanto era terso l’orizzonte.
La tormenta era stata per Velthur una scusa che aveva trovato
per non recarsi all’eremo di Monte Leccio, ma una volontà superiore sembrava
esprimersi in altro senso.
Guardando fuori dalla finestra del primo piano di casa sua,
e vedendo le cime delle montagne che spuntavano a nord-est, completamente
innevate, sfolgoranti nella loro gloria antica, si sentì senza scuse, come se
la legge universale in cui credeva la dottrina dell’Aventry gli avesse
ricordato il suo dovere di recarsi da Aralar per scoprire cosa stava facendo e
fermarlo, se possibile.
Guarda caso, Menkhu si era svegliato anche lui dopo aver
dormito, come al solito, sul tappeto del soggiorno. Una cosa che attirava
sempre il disappunto della signora Mendibur, che si lamentava di trovare il
tappeto pieno di lunghi peli rossi. Nelle notti precedenti non era uscito, a
causa della lunga nevicata.
Mentre facevano colazione con i tradizionali dolci di frutta secca e
miele e con il pane dolce con il miele e le nocciole del Tinsi Garepanusil,
Menkhu gli disse che sarebbe andato all’eremo, a dare
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