mare, sui cui fianchi si aprivano delle porte, come di
sepolcri scavati nella roccia, dentro una cava dove crescevano dei cipressi,
alberi sacri ai morti.
Di fronte all’isola, una barca scura approdava alle sue
sponde, con un nocchiero nero e curvo seduto a remare, dalle fattezze
indistinguibili, mentre una figura in piedi, bianca e velata, sembrava essere
il passeggero destinato a venire sbarcato nell’isola.
Sotto l’illustrazione c’era il titolo: L’Isola dei Morti.
«Suggestiva, vero? Questa è l’illustrazione che preferisco.
Chiaramente rappresenta il passaggio dell’anima all’aldilà, ma credo anche che
simboleggi l’approdo finale dell’anima al mistero dell’Altrove, dell’Estremo
Ignoto, del Totalmente Altro. Infatti è l’ultima delle illustrazioni. È anche
l’unica illustrazione che riesca a capire. Le altre sono… incomprensibili. Sono
piene di cose troppo strane».
«Sa qualcosa di questo presunto ermeneuta in grado di
interpretare i simboli di questo libro?».
«Magari lo sapessi. Ho provato a chiedere ai miei clienti
cosa aveva di tanto interessante quel libro, e solo qualcuno si è sbottonato a
tal punto da dirmi che c’era un sacerdote di dottrine misteriche che aveva
scoperto un nuovo genere di alchimia, che si fondava proprio su questo libro,
ma che non voleva rivelare i suoi segreti, se non a pochi, devoti eletti».
«Qualcuno vi ha parlato di un tal Aralar Alpan? Un eremita
che vive verso le montagne?».
Hulxas tirò in basso la bocca, fissando l’aria con aria
perplessa.
«No, non direi….».
Velthur trattenne Hulxas nella conversazione per parecchi minuti,
cercando di trovare indizi sui compratori del libro. Sembrava che gli
acquirenti, tutti ovviamente benestanti, appartenessero soprattutto alla classe
degli alchimisti, com’era ovvio pensare, ma molti altri erano sacerdoti. Lui
invece era il primo Avennar che lo comprava.
Alla fine Velthur pagò: ben cinquanta pentacoli, pagati in
monete in rame da dieci.
Velthur lo mise nella borsa di cuoio che si era portato
appositamente da casa per proteggerlo dal viaggio, e fece per uscire dalla
libreria.
Solo allora si accorse che Menkhu si era allontanato a tal
punto da perdersi nelle salette piene di scaffali della grande libreria.
«Scusate, forse il mio amico Sileno si è lasciato
trasportare dalla novità del luogo. Capite…. È la prima libreria che vede in
vita sua».
«Bene, vuol dire che ha delle curiosità culturali, il vostro
amico. Ma sa anche leggere?».
«No, affatto. Probabilmente è rimasto colpito dalle figure».
Velthur lo chiamò ad alta voce e la possente figura del
Sileno sbucò silenziosamente e rapidamente da dietro una serie di scaffali
nella saletta accanto.
«Dove demoneoscuro ti eri cacciato?».
«Niente, guardavo i libri…. Mi piace guardare le figure…».
«Non sono tuoi, Menkhu. Non puoi sfogliarli senza chiedere
il permesso…».
«Non importa, non importa, dottore» - intervenne, affabile,
il libraio. - A un altro non glielo avrei permesso, ma se è un amico vostro è
come se glielo avessi dato, il permesso. E poi, la curiosità per i libri è
sempre una cosa buona».
Velthur si scusò ancora per Menkhu, e poi si congedò da
Hulxas.
Appena fuori dalla libreria, assalì l’amico.
«Cosa stavi facendo in giro per la libreria? E non venirmi a
dire che volevi guardare le illustrazioni dei libri….».
«Ho dato un’occhiata sul retro, dove c’è il laboratorio di
stampa. Ti dirò, sono stato attratto da uno strano odore. Nella stamperia ho
sentito distintamente un odore simile a quello che si sentiva nell’eremo di
Alpan. Molto meno intenso, mescolato ad altri sentori, di muffa e di vecchio,
ma l’ho sentito.
E mentre curiosavo nel laboratorio, ho notato qualcosa… una porticina in
un angolo della stanza, una di quel tipo di usci che portano alle cantine,
quando li vedi in una casa di campagna. Ho
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