E probabilmente non avrebbe trovato nessuno, fuorchè lui,
Aralar l’eremita pazzo, che avrebbe saputo spiegargli i significati del libro.
Intanto, ormai la festa del solstizio d’inverno era vicina.
Mancavano solo una settimana, quando Velthur ricevette la visita di Azyel.
Stava cominciando a nevicare, poco dopo il calare del sole, e larghe falde
bianche scendevano e si tingevano di riflessi azzurrini sotto la luce delle
lampade perenni.
Se lo ritrovò di fronte alla porta, avvolto nel suo mantello
verde e con il cappuccio che gli nascondeva il volto, ma di cui si
intravedevano le pupille fosforescenti che brillavano sinistramente nel buio,
dando alla sua figura incappucciata un aspetto più sinistro che mai.
Anche se non ne vedeva il volto, sapeva che era lui.
«Mi fai entrare o devo ricoprirmi di neve? Ti avverto che
nevicherà tutta la notte. Te lo dice uno che queste cose le sa».
«Che fine avevi fatto? Dopo quel disastro alla Polenta
Verde, non ti sei più fatto vedere».
«Ti spiegherò il possibile, se mi fai entrare».
Velthur notò che non aveva detto “ti spiegherò tutto”, bensì
“ti spiegherò il possibile”.
Si chiese se voleva nascondergli qualcosa, o semplicemente
non avesse parole per spiegarlo.
Una volta sedutisi nel soggiorno di fronte al caminetto
acceso, con un bicchierino di grappa al mirtillo per riscaldarsi, Azyel parlò
di cosa aveva fatto dopo il Prodigio del Sole Scarlatto, come ormai lo
chiamavano tutti quanti.
«Prima di parlarti di me e di quello che è successo, vorrei
chiederti di dirmi cosa hai intenzione di fare. So che hai comprato il libro
maledetto, e che l’hai letto. Ma non riesco a vedere niente di ciò che c’è
scritto nella tua mente, solo qualche immagine… le illustrazioni, che trovo
particolarmente inquietanti.
Vedo anche i tuoi ricordi del tuo breve viaggio a Enkar,
l’angoscia che ti ha dato, le cose strane e sorprendenti che hai visto e che
hai udito…. però non vedo cosa pensi di fare»
«Ah, bene! La cosa mi fa molto piacere…. ogni volta che
dichiari di non vedere qualche mio pensiero, ne sono grandemente felice. Comunque,
ti rispondo che non lo so ancora.
Nel libro non credo di avere trovato niente che mi abbia
fatto capire veramente cosa sta facendo Aralar e come. La profezia delle tue
Regine non sembra essersi realizzata, almeno al momento. Solo, ho qualche
sospetto che compirà un rito stregonico, o un’opera alchemica, usando dei gigli
rossi, in occasione della Festa del Sole Vittorioso, l’ultimo giorno del Mese
dell’Arciere, se conosci le nostre ricorrenze».
Azyel fece un lungo sospiro e si portò le mani al volto.
«È esattamente quello che pensiamo anche noi».
«Bene, allora adesso mi dirai cosa ti è successo in quella
mattina maledetta alla Polenta Verde. Menkhu mi ha detto che sei stato uno di
quelli che ha perso la testa più di tutti gli altri».
«Ho perso molto di più della sola testa, ho perso tutto me
stesso. E c’è voluto molto tempo perché riuscissi a ritrovarmi».
«Senza parlare per poetici enigmi, dimmi cosa ti è successo.
Cosa hai visto? Mi riesce difficile credere che sia stato più spaventoso di
quello che hanno visto gli altri, per esempio io. La visione che ho avuto me la
ricorderò finché vivo. Riesci a leggerla, nella mia mente?».
«No…. e non ci provo neanche. Se provassi a guardare quel
tuo ricordo, rivedrei quello che ho visto io, e ripiomberei nella follia. Da
quella mattina non mi sono più avvicinato a quel luogo maledetto e non voglio
più avvicinarmi in vita mia».
«A questo punto, mi viene da pensare che proprio non vuoi
dirmi cosa hai visto là».
«Non lo so cosa ho visto! Ricordo solo un abisso vuoto, immenso,
oscuro, freddo, senza fine, qualcosa che assomigliava agli abissi marini o a
quelli di una caverna senza fine. Un abisso che mi stava inghiottendo, e da cui
dovevo fuggire, prima di sprofondare nel vuoto. Non mi ricordo cosa ho visto in
quell’abisso, credo di aver voluto cancellare il ricordo, perché era troppo
orribile da ricordare.
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