domenica 30 ottobre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 235° pagina.


e brillante, e sembrava quasi che la luna fosse più grande e vicina e più fulgente. I suoi mari apparivano di un azzurro più intenso, meno schermato dagli arabeschi di bianche nuvole che a volte avvolgevano il globo del satellite nel loro manto splendente. Strano, perché era proprio quando era avvolta di più dalle nubi, che la luna splendeva, e non quando si diradavano e permettevano di vederne le terre e i mari.

Proprio in quelle notti comparve una cometa, grande e rossa, che appariva nel cielo ad occidente appena il sole tramontava, con la coda nella direzione contraria al sole.

Per i Thyrsenna, le comete erano presagi divini che indicavano grandi eventi storici, normalmente guerre, epidemie o altre disgrazie, oppure la nascita di un grande personaggio. O anche entrambe le cose.

Ma i presagi minacciosi in quei giorni sereni non sembrarono poter guastare l’umore della gente, poiché tutto alla fine si riduceva a nuovi racconti paurosi che circolavano ormai abitualmente nelle lunghe sere d’inverno attorno al focolare.

Lo sapeva bene, Menkhu, che si ritrovò a raccontare un numero incredibile di volte la storia di quando lui e il dottore avevano scoperto le orme nella neve del misterioso mostro a sei zampe che sembrava essersi volatilizzato nel nulla, e di come seguendole erano finiti nell’eremo dell’eremita pazzo, per scoprire la fine che aveva fatto.

Naturalmente, ogni volta ometteva molti particolari, per esempio quello di cosa aveva fatto il dottore ai misteriosi fili ambrati che avevano trovato sugli alberi, che tra l’altro adesso erano stati tutti accuratamente  tirati via dal bosco.

Alcuni erano stati mandati a degli esperti alchimisti perché riuscissero a capire di cosa erano fatti, altri invece erano stati presi per curiosità da gente del posto, la quale aveva scoperto poi che si poteva usarli come corde di una qualità e una resistenza davvero incredibili, sia quelli trasparenti ed ambrati, sia quelli opachi e rossi, alterati dalla Chiave d’Argento.

Appena scoperto quello, molti ne avevano fatto man bassa, fino a farli sparire tutti. Ma non erano molti quelli che ne avevano approfittato, perché la maggior parte della gente pensava che fossero opera di un’infausta stregoneria, e che portassero male.

E considerando quello che era successo, era difficile pensare che si trattasse solo di una superstizione.

Ma in quei giorni, cominciò a scendere su Arethyan anche uno strano oblìo. Anche se le leggende popolari si moltiplicarono in quell’inverno, destinate a rimanervi nei decenni a venire, di fatto la gente sembrò dimenticare, nella vita di tutti i giorni, gli strani eventi che aveva vissuto.

Le giovani donne e i bambini non fecero più strani incubi, non raccontarono più di aver visto un misterioso demone dalla grandi ali nere e dagli occhi rossi che li spiava dalla finestra, né alcun nottambulo uscendo dall’osteria disse di avere visto quello stesso demone appollaiato sopra i tetti delle case, osservarlo dall’alto per poi spiccare il volo verso il cielo e sparire.

La gente cominciò a non parlare più delle misteriose visioni che aveva avuto nel Giorno del Prodigio Scarlatto, ormai se ne era stancata.

Certo, c’erano ancora i vari fanatici religiosi che predicavano per le strade urlando che spaventosi eventi si annunciavano, e che bisognava compiere molti sacrifici ed offerte agli Dei per stornare la punizione celeste. Ma chissà perché, la gente non sembrava dare loro molta retta. Persino il presagio dell’apparizione della cometa, anch’esso sfruttato nelle prediche dei sacerdoti, non sembrava colpire più di tanto, se non per il bello spettacolo che dava la sera.

Sembrava che la morte di Aralar avesse steso un bianco velo di oblìo su tutta la regione.

Aralar fu sepolto nella locale necropoli, nelle gallerie scavate nella roccia sui fianchi di una delle colline presso Arethyan. Questo su richiesta della Reverenda Madre Axili Kalpur, che pareva avere avuto una notevole ammirazione per l’eremita, e che si era dimostrata particolarmente addolorata per la sua morte.
Gli aveva trovato un posto nella parte della necropoli riservata ai sacerdoti, e aveva fatto in modo di poter celebrare un funerale con tutti gli onori dovuti a un rispettabile membro della teocrazia del Regno Aureo. Addirittura aveva fatto in modo, a sue spese, che il suo corpo dissezionato

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