«Non lo so! Chi mi ha sentito non capiva neanche di cosa
parlavo, è il mio amico, quello che mi ha lasciato addormentato nel suo
fienile, che mi ha riferito cosa ho detto. Ma non si ricorda molto di questo.
Forse non ho detto niente, ma è stato sufficiente che li abbia nominati. Quelli
bisogna, se possibile, fare a meno persino di pensarli, figurati nominarli!».
«Credi di averli evocati?».
«No, non credo. Ma quello che credo io non ha nessuna
importanza. Ma potrebbero essere…io temo siano vicini. Non so come, non so
dove, ma devono essere qui, nei paraggi. È per questo che non vedo l’ora di
andarmene!»
«Va bene, parlerò con Kai e….».
Ma Prukhu era già fuggito dalla stanza, con una rapidità
incredibile, la velocità di un Sileno che era cresciuto e vissuto correndo nei
boschi come una lepre o un cervo inseguito dai cacciatori.
Velthur sentì la porta d’entrata sbattere violentemente, e
quando corse fuori, non c’era più nessuno nella piccola piazza di fronte a casa
sua.
Gli sembrò però che ci fosse un’ombra oltre l’entrata
illuminata del tempio dall’altra parte della piazza. Forse era Prukhu, che si
era rifugiato nel tempio per la notte, per sentirsi al sicuro dalle ombre
minacciose che sembravano averlo terrorizzato.
Velthur non pensò di andare ad indagare. Non aveva
importanza. Sapeva che qualsiasi cosa avesse potuto dire o fare, non avrebbe
potuto cambiare niente.
Rientrò in casa, addolorato al pensiero di aver perso un
vecchio amico.
Di amicizie perse in modo tragico, o semplicemente assurdo e
doloroso, ne aveva avute già parecchie nella sua lunga vita, ma questa volta
gli sembrava veramente una storia troppo insensata..
Sentì tutto il rimpianto di non aver potuto andare alla
festa di Tinsi Kerris, di non aver potuto assistere di persona a quello che era
successo.
Si ripromise di andare senza indugio dalla giovane Kai per
cercare di chiarire quella pazzesca vicenda.
E se non ci fosse riuscito, avrebbe chiesto udienza alla
Regina delle Fate, sulle Colline di Leukun.
Quella notte non riuscì a dormire per l’ansia e l’agitazione
che gli facevano rimuginare all’infinito la situazione.
Nel silenzio della notte, la mente di Velthur cominciò a
divagare, e gli venne in mente Thymrel, la strana ragazza ritrovata in riva al
fiume da Larsin Ferstran. La ragazza che diceva di venire dalla misteriosa ed
oscura Valle dei Gigli.
Prukhu aveva saputo qualcosa di quella ragazza? No, altrimenti
ne avrebbe parlato. Il vecchio sileno raccoglieva tutte le storie più strane
dovunque le trovasse. E quante volte aveva raccontato anche lui la storia della
Valle dei Gigli e del suo agghiacciante mistero.
Rimase a rigirarsi per un’ora nel letto, in preda ai
tormenti dell’insonnia, fino a quando si decise ad alzarsi dal letto e a
scoprire dal suo velo nero la lampada perenne della sua camera da letto.
«Per tutti i Santi!» mormorò alle ombre. «Sto qui a
rimuginare sopra un cumulo di sciocchezze verificatesi per una malaugurata
coincidenza! Non c’è niente, niente su cui vale la pena rimuginare. Una giovane
pazza che dice di venire dal nulla, un vecchio ubriacone vittima delle sue
paure e di vecchie, folli tradizioni di un branco di selvaggi, e un’altra giovane
che ha avuto una allucinazione dovuta ai fumi dell’alcool!»
Si recò al suo studio tenendo in mano l’alchemica lampada
perenne, che oscillava dal sottile manico di rame, gettando ombre danzanti nel
corridoio con la sua fredda luce color azzurro ghiaccio.
Entrato nello studio, prese in fretta quel libro che aveva
ricominciato a leggere poco tempo prima, L’Ombra
delle Leggende di Perun Oyarsun.
Aveva lasciato il segnalibro sulla pagina in cui aveva
dovuto interrompere la lettura, qualche giorno prima, quando aveva cercato di
rileggere la paurosa vicenda della Valle dei Gigli.
Dato che non riusciva a dormire, l’unica era cercare di
liberarsi di quei pensieri cercando di entrarvi fino in fondo, nella speranza
di avere la riprova che le sue elucubrazioni erano solo vuote fantasie.
Nessun commento:
Posta un commento