non si poteva escludere la possibilità che davvero non ci
fosse qualcuno, che magari vi viveva nascosto, magari qualche schiavo fuggiasco
o qualche fuorilegge, qualche emarginato che, non avendo contatto con nessuno,
aveva potuto viverci indisturbato. E forse la misteriosa Thymrel era stata una
di loro.
Velthur richiuse il libro. Quegli eventi erano ormai così
lontani nel tempo che si poteva dubitare che fossero mai veramente accaduti.
Dopo tutto quel tempo, la vicenda si era colorata di mille sfumature, di mille
leggende che la circondavano. Era difficile, se non impossibile, distinguere
ciò che poteva avere un fondamento storico da ciò che erano semplicemente delle
storie popolari.
Cosa ci fosse stato scritto nel misterioso diario del
segretario, non fu dato sapere. Lo Shepen di Korton non volle riferirlo
pubblicamente. Tuttavia erano trapelate alcune informazioni, e un personaggio
della corte dello Shepen di Korton disse che si trattava, più che di un diario,
di una cronaca delle vicende della Valle dei Gigli, dove erano stati riferiti
gli episodi più misteriosi che avevano preceduto la scomparsa degli abitanti.
L’episodio del misterioso cervo bianco, per esempio,
proveniva da quel libro di cronache. Ma cosa vi era scritto riguardo gli ultimi
giorni della Valle prima della scomparsa dei suoi abitanti, nessuno lo sapeva,
se non lo Shepen in persona.
Velthur si accorgeva che stava solo rimuginando su misteri
inesplicabili, e basta. Il fascino dell’ignoto l’aveva sempre attratto, ma
nello stesso tempo riconosceva che la sua era solo una morbosa ossessione, che
le parole di Thymrel prima, e quelle di Prukhu dopo, avevano rinfocolato.
Avevano stimolato quella passione per l’esoterismo e l’occulto che l’aveva
condizionato in gioventù, e che credeva di avere sopito con l’impegno concreto
e quotidiano del suo lavoro di medico e con la meditazione della sua religione,
la mistica dottrina dell’Aventry.
«Una perdita inutile di tempo!» disse rivolto alle ombre
della notte. «Solo una lunga, inutile perdita di tempo!» ripetè avviandosi
verso la sua camera da letto. Voleva solo riuscire a dormirci sopra.
CAPITOLO V: ESPERIMENTO ALLO SPECCHIO
L’estate continuava
ad essere calda, maledettamente calda. Nelle lunghe giornate non spirava aria
fresca dalle montagne, e non pioveva. L’afa ristagnava umida e appiccicosa
ovunque, addosso alle persone, alle cose. Per fortuna, le spesse mura delle
case di pietra bianca rimanevano sufficientemente fresche, ma lavorare fuori,
nei campi, era quasi insostenibile. Insolazioni e malori colpivano a man bassa
e Velthur Laran aveva il suo daffare a consigliare i contadini su come evitare
spiacevoli incidenti e come riprendersi una volta subìto un colpo di calore.
Questo l’aveva tenuto indaffarato a sufficienza per non
pensare a quello che gli aveva raccontato Prukhu, né aveva parlato con la
giovane Kai di cosa potesse avere visto o sentito alla festa di Tinsi Kerris.
Pensava che prima o poi avrebbe ricevuto notizie di lui, in
qualche modo. Di andare a cercarlo, non ci pensava neanche. Il bosco delle Fate
non era luogo per lui, né voleva avere più a che fare con quella gente, a causa
di passate, sgradevoli esperienze.
Invece, si preoccupava molto della giovane Thymrel. Non solo
perché voleva sorvegliare la sua gravidanza, ma anche perché voleva andare a
fondo della sua strana storia, anche se non riusciva a raggiungere risultati
apprezzabili.
Andava a trovarla almeno una volta alla settimana, se non
anche più spesso.
Alla fattoria dei Ferstran cominciavano a sospettare che il
dottore si fosse invaghito di lei. Nulla di male, anche se c’erano almeno
trent’anni di differenza.
La nonna matriarca dei Ferstran aveva deciso di adottare la
ragazza e il nascituro, e la storia di farla passare per una cugina povera di
Larsin era stata una cosa facile da far credere a tutti.
La ragazza stava bene, e con lei il bambino che portava in grembo, ma la
sua strana amnesia parziale continuava ad affliggerla. Diceva di ricordare bene
solo che veniva dalla Valle dei Gigli, di
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