martedì 9 febbraio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 30° pagina.


Ogni mezza verità finisce per essere una mezza bugia, per le orecchie di chi non la riconosce come tale, ricordalo. Così non mi potevo mai sentire in colpa, perché una bugia per intera non l’ho mai raccontata!».

«E questo, in soldoni, cosa vorrebbe dire?».

«Che quelli come me, intendo dire quei Sileni che apparentemente hanno lasciato il bosco per vivere con gli Uomini, non hanno mai veramente lasciato la propria gente e il proprio regno. Te l’ho fatto credere con le mie storie, ma non era vero.

Le Fate hanno occhi e orecchi dappertutto, quando si tratta della Gente del Bosco. Non ho mai potuto nascondere niente a coloro con cui ho danzato e cantato nel bosco tanto tempo fa, quando ero giovane. Loro non mi hanno mai dimenticato, non avrebbero potuto. Né io avrei potuto farlo con loro. Se le Fate pongono la loro attenzione su qualcuno, quel qualcuno non può nascondere loro niente, lo sai bene. E nel loro occhio ci sei anche tu, ricordalo.

Ora è tempo di tornare alle mie origini, ma a te dico, amico mio: sta attento! Forse quello che mi è successo, forse quello che ho avvertito sono solo deliri di un vecchio confuso e stanco, ma se quello che ho percepito è reale, tu devi tenere gli occhi aperti! Anche per questo sono venuto a trovarti, prima di andarmene».

«Attento a che cosa? E cosa dovrei fare?».

«Attento a qualsiasi cosa che ti appaia strana o inspiegabile. Non so dirti di più. E se ti sembrerà che ci sia una minaccia in questo villaggio, o nei dintorni, chiama la mia gente. Sai come fare. Accorreremo subito, e vedremo cosa possiamo fare. Chiederò alla Regina di sorvegliarvi a distanza, e che gli Dei ce la mandino buona».

Velthur guardò verso la finestra. Quel luogo gli era sembrato sempre troppo tranquillo, perché adesso potesse cominciare a vedervi qualcosa di minaccioso ed oscuro. A parte qualche brigante, erano tanti anni che in quel luogo non avveniva niente di particolarmente minaccioso, almeno non niente che fosse al di sopra della media di quel pacifico regno, il più pacifico al mondo.

«Se non sapessi che sei un Sileno, direi che esageri. Scusa, ma non mi bastano le tue sensazioni per pensare che in questo villaggio ci sia qualcosa che non va».

«Non ho ancora detto tutto. Oggi ho parlato con Kai Ellavor, quella ragazza che vive vicino al Ponte delle Erbe. Hai presente?»

«Sì, certo che ce l’ho presente. L’ho curata diverse volte, quando era bambina. Cosa vi siete detti?».

«È venuta da me, con la scusa di portarmi del pane fatto da lei, e mi ha raccontato una cosa strana. Ha detto che poco dopo che io sono cascato in preda al delirio alcoolico, lei si è appartata con un ragazzo, un certol Tarkon, che non conosco.

Comunque, lei e il ragazzo si sono appartati fra gli alberi e lei ha visto qualcosa che l’ha terrorizzata. L’ha descritto come un essere mostruoso, deforme, che però è subito sparito nel nulla senza lasciare traccia. Dice che aveva bevuto poco, e io non ho avuto motivo per dubitarne».

«E allora? Ogni tanto qualche animo pauroso crede di vedere nel buio cose che non ci sono: spiriti, orchi, mostri vari. Ti ho già detto altre volte cosa penso di queste visioni, soprattutto in occasioni di feste in cui scorre vino, birra e sidro a fiumi….».

«Quella ragazza la conosco bene. Un tipo senza molta fantasia, molto scettica, devo dire. Più di una volta mi ha detto che le mie storie le considerava solo delle storie. Ma mi è sempre stata amica. Ieri però era diversa, mi fece delle domande come se, per la prima volta, fosse disposta a credere che quello che le avevo raccontato quand’era bambina fosse vero. Era spaventata, e la cosa che la spaventava di più sembrava che fosse il fatto che avesse visto quella creatura dopo che avevo parlato nel delirio».

«Ma di quali demoni inferi hai parlato, mentre eri ubriaco? Me lo vuoi dire?».

Prukhu evitò il suo sguardo. Si mise il mantello grigio sul volto, quasi con vergogna, ma la sua doveva essere pura e semplice paura.

«Ho parlato di Loro…. Loro! Hai capito? Ho parlato di coloro che non devono neanche essere nominati, gli Innominabili!».

«Per i Santi! E cosa hai detto, sul loro conto?».

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