venerdì 19 febbraio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 40° pagina.


questa ragazza, che deve pur essere o essere stata la figlia o la sorella di qualcuno, è viva e sta bene?»

«Lei non sembra voler ricordare niente della sua famiglia. Per me, quella ragazza non si è lasciata niente di buono, alle spalle. Io penso che sia meglio lasciare le cose come sono, non solo per lei, ma per il bambino che sta aspettando, e che presto nascerà».

«Se dovessi scoprire qualcosa di non buono, non lo verrebbe a sapere nessuno. Se necessario, neanche tu».

«Quella ragazza t’interessa molto, ecco la verità. D’altra parte, un uomo di cinquant’anni che non ha una donna…. è comprensibile».

«È comprensibile che un dottore che si trova di fronte un caso di amnesia cerca di venirne a capo, prima che lo faccia qualcun altro».

«E chi dovrebbe farlo, se non tu?».

«Magari qualche gendarme….».

«Per tutti quanti, lei è una cugina di Larsin. E così deve rimanere».

«Fino al giorno in cui qualcuno che viene da fuori, vedendola per caso, magari la riconoscerà. E racconterà una storia che nessuno voleva sentire».

«Fantasie. Pericoli che t’inventi tu. E poi da questo paese i forestieri passano così di rado…».

«Lei dov’è, ora?».

«In casa, nel soggiorno. Sta ricamando. È molto brava a ricamare. Ma non si ricorda chi glielo ha insegnato, naturalmente».

«Naturalmente».

Velthur entrò in casa e la trovò nell’ampia sala da pranzo con caminetto,  seduta su di una sedia, intenta a ricamare una tovaglia verde-azzurra con filo bianco e rosso. La seconda sorella di Syndrieli, Sethonei, stava ricamando assieme a lei, ma lavorava su di un tovagliolo.

«Come stai oggi, Thymrel?».

«Come sempre. Bene. Qui sto benissimo, mi trattano bene, mi vogliono bene. Vogliono che stia con loro, io e il mio bambino. Ho già scelto il nome che gli darò: Loraisan. Sento che sarà un maschio».

«Bel nome. Ha un significato speciale, per te? Ti ricorda qualcosa?».

«Non lo so. Semplicemente mi piace».

Loraisan significava “fiore divino”, e non era un nome dei più comuni. Ma sicuramente non sarebbe bastato di per sé ad essere un possibile indizio sul misterioso passato di Thymrel.

«Loraisan Ferstran, o Loraisan Nerkan. Suona bene, anche se un po’ altisonante e molto lungo, soprattutto nella prima forma».

«Lo si può abbreviare in Lor. Lo chiameremo con il suo diminutivo».

«Cosa gli dirai, quando sarà un bambino grande e magari vorrà sapere chi è suo padre?».

«Forse gli dirò la verità. Gli dirò che non mi ricordo chi sia. O magari inventerò una storia adeguata. Gli dirò che è morto, ma non credo che alla fine lo farò. Non mi piace raccontare bugie, e tanto meno mi piacerebbe raccontarle a mio figlio, a meno che non sia proprio necessario».

«Beh, in ogni caso c’è tanto tempo, per decidere».

Velthur fu attirato dal disegno che stava ricamando sulla tovaglia.

«Syndrieli dice che sei molto brava a ricamare. Cosa stai facendo, di bello?».

Thymrel, senza dire niente, alzò e distese con le mani la tovaglia, in modo che Velthur potesse vedere il disegno che stava ricamando.

Un cervo bianco stilizzato, con le corna, gli occhi e gli zoccoli di un rosso scarlatto, meravigliosamente disegnato con ago e filo sullo sfondo verdazzurro.

«Finito il cervo, ci metterò attorno un cerchio di gatti tigrati, neri e bruni… ti piace?».

Un brivido profondo corse per la schiena di Velthur, e per alcuni secondi rimase senza parole.

«Scusa, devo dire una cosa a Syndrieli…. ci vediamo dopo».

Scappò letteralmente all’esterno, e si sedette sotto il portico di pietra della grande fattoria.

Incontrò Larsin che proprio là stava affilando una falce.

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