Il loro comportamento, non appena erano giunti nella valle
con i primi pionieri, era stato molto strano. Sembravano perennemente nervosi,
inquieti, e la notte ululavano alle ombre con lunghi, lugubri ululati, che
facevano letteralmente impazzire i contadini.
Se non erano nervosi e aggressivi, sembravano come
paralizzati. Rimanevano in allarme come se ascoltassero qualcosa che sentivano
solo loro.
Le cagne non riuscivano a portare a termine le gravidanze,
abortivano tutte dopo una settimana o due. E se venivano liberati dalle catene,
fuggivano e sparivano tutti uno dopo l’altro.
Alla fine i contadini si rassegnarono: i cani non volevano
saperne di quella valle, e già quello aveva suscitato ogni genere di
superstizione, ma d’altra parte si trattava di gente molto povera e disperata,
alla ricerca di una vita migliore, e lì nella Valle dei Gigli, a parte i
problemi con gli animali, l’avevano trovata.
Infatti i raccolti erano sempre molto ubertosi. La Valle sembrava essere
protetta dalle altissime cime contro le intemperie. Le estati erano torride, ma
gli inverni erano miti, non cadeva mai molta neve. Non c’era mai siccità, i
boschi erano sempre ricchi di frutti selvatici e funghi. I frutteti di mele
prosperavano un po’ dappertutto nella valle, e producevano mele dolcissime, che
davano un ottimo sidro.
In più c’era anche una ricca e vasta miniera di rame, che
procurava prosperità a molti.
Molti artigiani del rame lavoravano il minerale grezzo della
miniera, e vendevano i loro prodotti ai mercanti che passavano di là.
Certo, non si potevano tenere cani da guardia, ma in fin dei
conti non ce n’era bisogno: né animali feroci, né briganti, né le tribù di
predoni dell’oriente o del settentrione arrivavano in quel luogo.
In compenso, i valligiani erano riusciti ad addomesticare
quei grossi e scuri gatti selvatici, che erano sì molto strani, ma erano degli
ottimi sostituti dei cani da guardia, dato che erano grossi quasi quanto un
cane di media stazza, ed erano molto attaccati ai loro padroni.
Ma anch’essi si comportavano in modo strano, a volte. E
cominciarono a correre molte dicerie e superstizioni anche su di loro.
Si sa, i gatti vedono nel buio e a volte sembrano guardare
nel vuoto, come se fissassero qualcosa che è visibile solo a loro. Ma i gatti
della Valle dei Gigli, non sembravano semplicemente fissare a volte nel vuoto,
sembrava che tenessero d’occhio delle vere e proprie presenze accanto a loro.
A volte, soprattutto la sera, li si vedeva appostarsi di
fronte alla porta d’entrata, e guardarla come se si aspettassero che qualcuno
fosse sul punto di entrarvi.
Dopo molti anni, nella Valle dei Gigli correvano molte
strane dicerie sul conto dei suoi gatti addomesticati. Si narrava che alcuni
gatti, in piena notte, dormendo accanto o sopra il letto dei padroni, si
svegliassero all’improvviso e cominciassero a vagare per la casa come se
inseguissero qualcosa di invisibile che volava nell’aria. E, a volte, rizzavano
il pelo e cominciavano a miagolare e lanciare zampate nell’aria, come se
aggredissero un nemico invisibile.
Altre volte, si diceva, si riunivano in gruppi nei campi e
nei cortili, come soldati schierati pronti alla difesa, e sembravano fissare
qualcosa che si muoveva nell’aria.
La gente della valle cominciò a considerarli degli amuleti
contro gli spiriti maligni, come una sorta di guardiani contro i demoni, che
invece terrorizzavano i cani.
Passarono parecchi
anni dagli episodi della ragazza morta nella radura e del contadino divenuto
muto per una sconosciuta visione spaventosa.
Fu nel 2789 che ricominciarono ad avvenire altri fenomeni
paurosi, che andavano molto aldilà delle strane luci notturne sulle cime o
nelle profondità dei boschi, o delle sparizioni rimaste irrisolte, e che
comunque non erano certo moltissime. Erano molte di più le morti per incidenti
acclarati, o per malattia, o per faide fra famiglie.
Fu nell’inverno di quell’anno, che cominciarono a udirsi
quegli strani suoni in tutta la valle.
Era come un suono basso, profondo ma fortissimo, che non si
riusciva a capire da dove provenisse, e che si propagava nella valle fino alle
cime inviolate. Stranamente, però, non provocava valanghe. Sembrava qualcosa di
simile al suono musicale di un corno, o di una tromba, e a volte sembrava di
poter udire una sorta di coro di voci.
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