domenica 21 febbraio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 42° pagina.


«Ah beh… guarda che sei proprio un bel tipo! Magari lei ti dice di no e allora cosa ti è servito avvertire me? Solo a preoccuparmi e basta! Quella ragazza è ormai quasi una figlia, per me. Quando dico in giro che è mia cugina, non mi sembra neanche di mentire».

«Sì, hai ragione. Ma ho voluto parlarne prima con te, per vedere cosa ne pensavi. Se tu non approvi la cosa, non le chiederò niente. Cercherò di capire qualcosa basandomi solo sui vaghi frammenti che riesce a ricordare, nella speranza che un giorno ricuperi da sola la memoria».

«Dammi il tempo di pensarci. Questa storia mi fa paura. Ma io non credo che lei venga dalla Valle dei Gigli. Penso che lei creda di venire da lì, questo sì, e non capisco perché, ma tutti sanno che nessuno è mai più andato a vivere in quel luogo maledetto. Madre Santissima, credo che ci sia persino una legge da chissà quanti anni, che proibisce a chiunque di andare a stabilirsi là. Se ci vive qualcuno, sono solo briganti e schiavi fuggiaschi, e che devono avere anche un bel fegato! E lei non può essere una di loro».

«Ma perché avrebbe dovuto inventarsi questa storia? Non ti sembra molto strano?».

«Sì…. ed è per questo che ho paura».

«Potrebbe darsi che sia stata prigioniera là, che qualche brigante l’abbia rapita e tenuta in quel luogo maledetto, poi a causa delle sofferenze subìte, i suoi ricordi si sono confusi. Probabilmente è stata violentata, e alla fine lei ha confuso la sua vita precedente con la prigionia nella Valle dei Gigli. Questa è la cosa più probabile a cui riesco a pensare».

«Sì, forse hai ragione. Ma allora, non so se sarebbe giusto che ricordasse. Sarebbe terribile per lei ricordare il rapimento, le violenze….».

Velthur capiva che Larsin aveva la paura di dover scoprire che forse certe paurose leggende su fatti soprannaturali potessero essere vere. Il suo rozzo scetticismo temeva di venire smentito, e questo Velthur poteva accettarlo.

Non poteva accettare invece quello che aveva appena visto in mano a Thymrel, e quello che gli aveva detto. Una cosa che apparteneva ad eventi semileggendari avvenuti tre secoli prima. Forse era solo il riflesso, il ricordo inconscio e confuso di storie che qualcuno le aveva narrato da bambina.

Quella era la spiegazione che sperava vera. Che qualcuno le avesse narrato tutta la storia della Valle dei Gigli, o che lei avesse letto un libro su quelle vicende, magari lo stesso libro che possedeva Velthur, e una volta persa la memoria lei avesse finito col confondere i pochi ricordi reali con il ricordo di una narrazione che l’aveva impressionata fortemente.

Era la spiegazione migliore, ma non ne aveva le prove. Lui doveva sapere. Esserne certo, per non vivere con quell’angoscia.

Dentro di sé, ammise di essere un egoista. Non lo stava facendo per Thymrel, e forse Larsin aveva ragione. Era meglio lasciare tutto come stava. Ma lui era ossessionato dall’idea di dove sapere la verità, la cui ignoranza lo tormentava troppo spesso.

«Ti assicuro che nel momento in cui dovessi vedere che la cosa può avere degli effetti negativi su Thymrel, interromperei subito l’esperimento».

«Vabbè…. Fammi sapere cosa ne pensa lei, allora».

«Glielo chiedo subito».

Rientrò in casa e vide che la ragazza continuava a ricamare il suo cervo bianco.

«Thymrel, volevo chiederti se volevi permettermi di fare un esperimento per farti recuperare la memoria. Sempre che tu sia interessata a ricordarti il passato. Ti avverto che potremmo scoprire delle cose molto brutte, che potrebbero sconvolgerti».

«Perché pensate che nel mio passato ci siano cose così brutte da sconvolgermi?».

«Beh, per un motivo del quale non abbiamo ancora parlato. Tu dici di venire dalla Valle dei Gigli. Ma dalla Valle dei Gigli non può venire nessuno, perché non ci vive nessuno da trecento anni. Gli abitanti di quella valle sono tutti scomparsi da tempo».
«Sì, me l’ha detto Syndrieli una volta. Dice che deve essere una cosa che mi sono inventata io…. ma io non capisco. Io ricordo bene di essere venuta da lì, e che c’era un sacco di gente, quando ci vivevo! Non sto mentendo, e non ho sognato. E poi, è trecento anni fa che non ci viveva ancora nessuno. Me lo ricordo, questo. Mi ricordo molto bene che mi hanno detto che prima di cento anni

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