venerdì 26 febbraio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 47° pagina.


«Il mio fratellino….. Mi tiene la mano e mi dice di guardare verso il lago,…. in lontananza, sull’altra riva. Io mi volto…. e vedo qualcosa uscire dal lago, un animale…… Un cervo bianco, bianchissimo…… con le corna rosse. È quasi brillante da tanto è bianco……., sembra splendere di luce bianca. Una macchia bianca in mezzo a tutto quel rosso…. Tutta quella luce rossa….».

«Il cervo sta uscendo dall’acqua del lago? L’hai visto emergere dalle acque?».

«Sì…. quando mi sono voltata ho visto le sue corna che spuntavano dalle acque, e la sua testa bianca… poi ha raggiunto la riva ed è uscito dall’acqua….. sembra enorme. Adesso sta correndo nei prati di fiori rossi….. bianchissimo….. adesso sento delle urla, urla umane, ma non so cosa dicono. Sembrano urla di terrore…. il mio fratellino mi si stringe contro, ha paura anche lui… dice che non ha mai visto niente del genere, che gli fa paura…..».

«In che direzione va il cervo?».

«Lo vedo correre verso il paese, corre proprio sullo sfondo della luce rossa del tramonto…. il sole è appena tramontato sulle cime…. proprio dietro di lui. Lo vedo sparire in lontananza….».

«E poi? Non vedi nessun altro?».

«Non vedo più niente, è calata la notte. Sono nello stesso posto, ma è notte. Non c’è più il mio fratellino accanto a me, ma…. non credo di essere sola. Sento ancora le urla e vedo…. c’è ancora il cervo. Sta ancora correndo tra i prati, ma adesso corre verso il lago, come se volesse ritornarci…..  e dietro, dietro vedo una schiera di persone…. tanta gente che urla e che corre….  gente che sembra impazzita…. ho paura….».

«Come fai a vederli, se è buio?».

«C’è la luna piena, è una notte luminosa, luminosissima. La luna è bianchissima, come non è mai d’estate. Sembra più grande del solito. Quando c’è la luna piena, le vette risplendono sotto la sua luce, perché sono bianche…. per questo le chiamano le Montagne della Luna. Perché sono bianche come la luna….  Anche il cervo è bianco, splende quasi come la luna, in mezzo ai prati, e le sue corna sembrano braci ardenti, scarlatte…. corre, ma non tanto velocemente, per permettere alla gente dietro di seguirlo…. la gente che urla, sembra impazzita….».

«Tu cosa stai facendo, Thymrel?».

«Niente, io non faccio niente. Sono ferma immobile sotto gli alberi vicino a casa mia, e guardo cosa sta succedendo. Sono paralizzata dal terrore….la gente segue il cervo e…. anche la gente è strana…. Non è gente normale, sembrano anche loro bianchissimi…. Sembrano dei fantasmi e urlano, urlano, hanno le bocche aperte e urlano, li vedo bene mentre si avvicinano sotto la luce della luna…. il cervo si getta nell’acqua…. Sprofonda nelle acquae…. E la gente dietro, si getta anch’essa… uomini, donne, bambini, vecchi, giovani…. Tutti quanti. Si gettano in acqua e scompaiono nel lago…. le acque diventano luminose…. È come se ci fosse qualcosa dentro il lago che manda una luce rossa….come un fuoco sotto le acque…. Scompaiono tutti quanti nelle acque…. Moriranno tutti annegati e allora quando anche l’ultimo è scomparso nel lago…. Quando anche l’ultimo è sott’acqua…. urlo anche io…. urlo di paura….. di terrore…..».

Fu allora che Thymrel lanciò un urlo spaventoso.

L’urlo colse di sorpresa Velthur, perché fino a un secondo prima la sua voce non pareva spaventata, mentre invece quell’urlo era terribile, lacerante, assoluto. Lanciato con tutta la forza che poteva avere la sua voce.

Cercò affannosamente di farla uscire dalla trance.

«Thymrel.! Ascolta la mia voce! Non c’è niente che ti possa far del male! Ora sei qui, in casa dei Ferstran! Sei al sicuro! Non sei più nella Valle dei Gigli. Sei di nuovo qui con noi! Segui la mia voce! Quando te lo dirò, sarai qui con noi e avrai dimenticato tutto! Ascoltami!».

Ma niente, lei continuava ad urlare, un urlo senza fine, senza interruzione, che sembrava durare un’eternità, mentre Syndrieli era diventata isterica e urlava anche lei: «Fai qualcosa, dottore! Fai qualcosa!».

Poi, come era cominciato, l’urlo cessò. Ma Thymrel non era tornata normale.

Guardava fissamente di fronte a sé, verso lo specchio alchemico. Velthur intuì che non si era affatto svegliata dall’ipnosi, era ancora in trance. E forse stava vedendo qualcosa.

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