Riprese a parlare, ma non più con la sua voce. Era la voce
di un’altra persona.
Sembrava la voce di un uomo, o di qualcosa che assomigliava
a un uomo. Una voce vibrante, profonda, roca, quasi sibilante.
«Lascia stare la
ragazza, dottor Velthur Laran!».
«Thymrel…. cosa stai dicendo?».
«Non sono Thymrel! Ti
ho detto di lasciar stare la ragazza, smettila di farle domande!».
Velthur, ammutolito dallo stupore, guardò verso i tre
spettatori dell’esperimento, mentre stavano accorrendo nella sala altri membri
della famiglia, richiamati dall’urlo.
Larsin lo guardò con il terrore dipinto in volto, Syndrieli
si era coperta le mani e mormorava “è impazzita! Me l’ha rovinata, quel maledetto
miscredente!”.
Sua madre le diceva di calmarsi e Larsin cercava di
tranquillizzare gli altri parenti che sopraggiungevano.
Velthur si sentì come se fosse stato sul punto di
precipitare da un burrone, poi trovò il coraggio di riprendere in mano la situazione.
«Se non sei Thymrel, chi sei?».
«Non ti riguarda. Non
ti deve interessare. Ci basta che lasci stare la ragazza. Non le devi chiedere
più niente. Non abbiamo niente altro da dirti. Non insistere, è meglio per te e
per tutti».
«Voglio sapere chi sei, dimmelo».
Silenzio.
Poi Thymrel si riscosse. Il suo sguardo era tornato normale,
e anche la sua voce.
«Dottore, non è servito a niente, mi pare….».
Velthur tirò un sospiro di sollievo. O meglio, un mezzo
sospiro di sollievo. Non c’era molto di cui sollevarsi.
«Thymrel….. sì, mi dispiace, ma l’ipnosi non sembra essere
riuscita molto bene».
«E perché sono tutti qui a guardami in quel modo?».
Velthur fece il gesto ad Arinthi di mandarli tutti via.
«Ah, niente… per un attimo ti sei lamentata in modo strano e
loro sono venuti a vedere cosa è successo….».
«Ma ho detto qualcosa, per caso? Io non mi ricordo niente».
«Eri in trance, Thymrel. Per questo adesso non ti ricordi,
ma ti assicuro che non hai detto niente di utile. Hai raccontato delle cose
troppo confuse per riuscire a capirci qualcosa…. mi spiace».
Rimise lo specchio dentro la sua borsa, e fece per
andarsene, fingendo una calma che non aveva.
«Non vorrete andarvene così, dottore. Dobbiamo pur parlare
di questo….» gli disse Arinthi.
«Sì, certo, Signora Madre. Ma non qui, lasciamo riposare
Thymrel».
Il dottore fece segno di andare in un’altra parte della casa
tutti e quattro per parlare di quello che era successo.
«È posseduta da un demone!» gli disse Arinthi per prima
cosa.
«Noi medici lo chiamiamo sdoppiamento di personalità.
Succede con una certa frequenza con i pazienti in trance ipnotica. È come se ci
fosse dentro di loro un’altra persona che parla con un’altra voce e si comporta
in modo diverso, ma non è così».
«Voi non credete nei demoni, ecco tutto! Ma io so che è
posseduta da un demone, e che devo farla esorcizzare!».
«Voi non farete niente del genere. Farle credere di essere
posseduta sarebbe proprio quello che le servirebbe per farla stare peggio!».
«Ma voi avete sentito quella voce spaventosa con cui ha
parlato! Non era lei! Era qualcosa di spaventoso, di minaccioso! Non può non
essere invasata da uno spirito maligno!».
«Quello che abbiamo sentito non è uno spirito maligno!».
«E se tornasse fuori, dottore? Se dovesse di nuovo parlare
con quella voce? Cosa dovremmo fare? Lasciarla stare?».
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