mercoledì 3 febbraio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 24° pagina.


Gli Elfi della Luce erano grandi e potenti, simili agli Dei, simili a una pura fiamma senza fumo. Essi sono i Geni del lontano Oriente dei miti antichi, coloro che regnarono con gloria e splendore prima che il loro orgoglio venisse punito e il loro splendore andasse perduto tra le sabbie dei deserti.

Gli Elfi del Crepuscolo sono le Fate, le Custodi del Destino, che profetizzano il futuro, disvelano i segreti del passato e vedono ciò che è lontano.

Gli Elfi delle Tenebre sono i Nani industriosi, che regnarono sulla superficie della Terra in un passato remoto, ma che furono costretti a ritirarsi nelle viscere di Kellur quando il loro impero fu distrutto.

Poi vennero i Sileni, o Silvani, che vivono liberi e selvaggi nelle foreste, custodi delle cose antiche, abitatori delle caverne, fratelli delle bestie e figli degli alberi.

Poi vennero gli Uomini, incostanti e ignoranti creature, come tutti i giovani, che nulla sanno delle ere incommensurabili che li hanno preceduti, né sanno nulla del destino che li attende. Ad essi è vietato ancora spingersi troppo lontano dal loro sguardo, poiché sono come bambini.

Poi vennero i Giganti, che dominarono il mondo con scettro di ferro fino a quando il Diluvio non distrusse anche il loro impero, sterminandoli.

Questa è la genealogia delle Sette Stirpi di Kellur, che viene insegnata ovunque e di cui nessuno dubita, ma coloro che custodiscono gli antichi segreti sanno di una Ottava Stirpe che ha abitato la Terra, e che segretamente la può ancora visitare.

Di Essi solo alcuni sanno, e preferirebbero non saperne niente. Essi vedono ogni cosa sulla Terra, ma non sono visti da nessuno, se non nelle ombre della notte. Vivono nell’ombra e si nutrono di terrore. Oh, sfortunato chi li incontra! Sventurati i villaggi che sfiorano la Loro presenza. Essi ne terrorizzeranno le notti. Essi non hanno nome, ma alcuni li chiamano Quelli dalle Ali Nere».

Poi riprese a rantolare frasi incomprensibili, non si riusciva neanche a capire in quale lingua.

E poi improvvisamente finì tutto. Il suo corpo si afflosciò e sembrò passare direttamente dal delirio al sonno. Si era anche urinato addosso.

Qualcuno pensò bene di andare a prendere un secchio d’acqua e versarglielo addosso lentamente, per lavarlo dell’urina e per svegliarlo.

Infatti si riscosse subito, si alzò seduto e si guardò attorno dondolando la testa.

Poi si mise le mani sulla testa e rimase lì seduto, immobile, con la lunga barba e la folta capigliatura grigia che stillava acqua, come a prendere respiro e cercare di ricordarsi cosa stava facendo fino a poco prima. Poi parlò, con una voce impastata, ma per il resto normalissima.

«Ora, invece del vino, vorrei ancora della birra».

Erkan, anche se era rimasto dietro il gruppo di adulti che si era raccolto attorno al Sileno, aveva ascoltato bene il delirio di Prukhu, e ne era rimasto così impressionato da ritenere che doveva trattarsi di un messaggio divino, diretto a lui.

Non poteva essere un caso che il delirio di Prukhu fosse avvenuto subito dopo che gli era stata rivelata l’esistenza del misterioso belk, e che il vecchio Sileno doveva esservi legato.

L’Ottava Stirpe. Quelli dalle Ali Nere. Aveva sentito bene quei nomi. Conosceva bene la genealogia delle Sette Stirpi di Kellur. Prukhu ne aveva parlato diverse volte, nelle sere d’inverno in cui era stato ospite anche nella fattoria dei Ferstran.

Ma dell’Ottava Stirpe non aveva mai narrato.

Più tardi, se ne avesse avuto l’occasione, gli avrebbe chiesto di parlargliene.

Ma rimase deluso nel vedere che poco dopo il vecchio sileno si appisolò definitivamente, appoggiandosi a un albero. Per scherzo, uno dei giovani gli rimise in testa la corona di foglie di vite, e una ragazza gentilmente gli lasciò i suoi vestiti accanto.

Addormentato così ai piedi di un massiccio noce, sembrava appartenere a un dipinto, o a un affresco di una villa nobiliare, come una delle divinità terrene le cui immagini adornavano i giardini e le sale dei nobili, per celebrare la bellezza della natura e assicurare protezione alla casa e alla famiglia.

E presto Larsin avrebbe ricondotto suo figlio a casa, e Prukhu sarebbe rimasto là, a dormire sotto l’albero…

Gli venne un’idea.

Nessun commento:

Posta un commento