Corse da suo padre e gli fece una supplica.
«Il povero Prukhu dovrà dormire tutta la notte sotto
l’albero, papà? È completamente ubriaco e dorme profondamente. Anche se
riuscisse a svegliarsi, non potrebbe camminare sulle sue proprie gambe. Non
potresti accompagnarlo a casa nostra e farlo dormire da noi? Se la mamma trova
da ridire, facciamolo dormire nel fienile!».
Anche Larsin aveva bevuto parecchio, ma era ancora quasi del
tutto lucido. Resisteva bene agli alcoolici anche lui.
«È un Sileno, è abituato a dormire sotto le stelle nelle notti
d’estate. Qui non corre pericoli. Se ne andranno via tutti solo al mattino».
«Ma sembrava stare tanto male. Delirava, aveva la bava alla
bocca….».
«Sì, lo so bene. Sono andato a soccorrerlo, sembrava un
epilettico. Ma ora sono sicuro stia bene. Ha solo bevuto troppo … Non devi
lasciarti impressionare da quello che può aver urlato. Hai ascoltato quello che
diceva, per caso?.».
Larsin conosceva troppo bene suo figlio per non aver già
subodorato qualcosa.
«… non lo so cosa ha detto. Ha cominciato a parlare di
antiche storie, dei Geni, delle Fate….».
«Ah, ecco! Mi pareva! Proprio non puoi fare a meno di queste
storie, vero? Mi sembrava strano che fosse solo per buon cuore! Non lo sai cosa
dice il proverbio? Chi perde la testa,
perde anche il cuore! Tu hai perso la testa tra le nuvole, e se fai
qualcosa di giusto, è solo per caso!»
«Ti prego, papà!
Voglio solo sapere qual è la leggenda di cui parlava, voglio solo farmela
raccontare quando sarà sveglio e sobrio. Ti prego!».
Larsin alzò gli occhi al cielo, e stava per dire qualcosa,
ma intervenne il suo amico Arnith, che gli sedeva accanto sulla panchina di
legno.
«Perché t’interessa tanto quello che ha da raccontarti Prukhu?
Perché t’interessi tanto ai farfugliamenti di un ubriaco?».
Erkan esitò un attimo. La domanda l’aveva un po’ spiazzato,
ma era così diretta che non poté fare a meno di dire la verità. Quando gli
facevano una domanda in quel modo inquisitorio, non sapeva mentire, perché si
sentiva colpevole.
«Ha parlato di un’Ottava Stirpe dalle Ali Nere….. qualcosa
del genere…. di esseri spaventosi che compaiono di notte…. mi piacciono le
storie così!»
Arnith sembrò pietrificato dalle parole del ragazzino. Ma
solo per un attimo. La lingua gli cadde quasi fuori da sotto i baffoni neri e a
Erkan stava quasi per scappare una risata, ma per fortuna non fece in tempo a
farlo.
Arnith si rivolse direttamente a Larsin e gli disse
seccamente:
«Dì a tuo figlio di lasciar perdere queste storie! E senza
tanti ma! Se riprova a farti ancora certi discorsi, mollagli un ceffone! Ma di
quelli tosti! Anzi, due o tre! Convinti, mi raccomando!»
Larsin lo guardò perplesso, poi si rivolse al figlio.
«Erkan, gira al largo. Non parlarmi più di Prukhu. Fra poco
torniamo a casa e non ne parliamo più, va bene? Lascia stare Prukhu, ora e sempre!»
Erkan scappò via, infuriato e piangente. Andò a sedersi
proprio sotto lo stesso albero presso cui dormiva il vecchio Sileno. E rimase
là, imbronciato e arrabbiato con il mondo intero.
Mentre lo guardava allontanarsi, Larsin si rivolse
all’amico, chiedendogli spiegazioni.
«Spiegami un po’: perché mio figlio non deve sapere niente
delle favole narrate da un vecchio Sileno?».
«Beh, me l’hai detto tu stesso che non hai piacere che tuo
figlio insegua tante favole. Non fai altro che raccontarmi che tuo figlio ha
sempre la testa tra le nuvole, crede a tutto quello che gli viene raccontato,
mentre invece tu non credi a questo, non credi a quello, non credi alle magie,
agli spiriti….
Mi dici sempre che la gente crede a un sacco di scemenze
anziché badare alle cose concrete, e che si vivrebbe meglio se non si
seguissero tanti sogni e miti…. dovresti essere d’accordo con me, no?»
Nessun commento:
Posta un commento