Verde potevano esserci delle fughe di vapori sotterranei che
avevano l’effetto di droghe allucinogene.
Pensò che forse anche in casa sua c’era una di quelle fughe.
Irauni era una donna così scettica e autocontrollata, che
persino in quei momenti sconcertanti, riusciva a ragionare su quello che stava
vivendo.
Ma quella spiegazione che per pochi istanti confortò la sua
ragione, fu spazzata via dallo scontro finale con quell’assurda realtà.
Infatti la donna piangente, udendo i passi dietro di sé, si
alzò di scatto e mostrò il suo volto verde pallido.
Un bel volto pieno di lacrime che mutarono in un istante in
una maschera che lanciava un urlo spaventoso.
La donna si rialzò in piedi e continuando ad urlare parole
incomprensibili afferrò una brocca di metallo verde, piena d’acqua che si
trovava presso il grande letto, e la scagliò contro Irauni, colpendola in
testa.
La brocca, sotto il fondo, aveva un bordo tagliente che ferì
la matriarca sopra la tempia, rimbalzò e proseguì il suo volo oltre la porta
aperta.
Irauni, barcollando fece cadere la lampada perenne che aveva
in mano, e si diede alla fuga da dove era venuta.
Richiuse la porta dietro di sé con un tonfo pesante e corse
urlando per il corridoio, fino alle scale, in fondo alle quali Kernon e Thefren
aspettavano, anch’essi sconvolti dopo aver udito l’urlo potentissimo e
lacerante.
Fuggirono tutti e tre alla ricerca degli altri occupanti
della casa, mentre Kernon continuava a ripetere che doveva dargli il permesso
di chiudere il corridoio con delle assi.
Invece, quando trovarono Elori, la sorella minore di Irauni
questa, mentre curava la ferita della sorella, mandò la schiava Nemerarn a
chiamare i gendarmi in paese, perché venissero subito, e che chiamasse anche il
dottor Laran, anche perché non solo Irauni era ferita e perdeva parecchio
sangue, ma sembrava delirare. Sul momento, nessuno riuscì a capire cosa fosse
successo.
Elori non dette retta alle suppliche di Kernon, che gli
pareva diventato ancor più matto di Irauni. Anche Elori non era molto disposta
a credere a strane superstizioni sulle Fate.
Quando Nemerarn entrò nella postazione dei gendarmi in
paese, raccontò solo che qualcuno era penetrato in casa loro e aveva ferito la
matriarca, qualcuno che poteva ancora essere in casa o nei paraggi, e che forse
aveva anche rubato qualcosa.
Siccome la famiglia Vipinas, anche se decaduta, era una
famiglia di athumna, furono celeri
nell’accorrere alla villa. Il dottore arrivò un attimo dopo di loro.
E anche se all’inizio sembrava che dovesse semplicemente
essere l’aggressione di un ladro nella notte, temeva di dover scoprire che
anche quello era un caso misterioso.
Presentimento che si rivelò esatto nel momento in cui arrivò
a Villa Vipinas, nel pieno della notte.
Uno dei due gendarmi, appena lo vide, gli disse subito una
cosa molto strana.
«Ben arrivato, dottor Laran. Forse voi ci aiuterete a capire
come abbiano fatto a far sparire una porta!».
«Prego?».
«Pare che sia sparita una porta da uno dei corridoi al primo
piano della villa dei Vipinas…..».
«Cioè, dei ladri sarebbero entrati in casa, avrebbero ferito
in testa la matriarca Irauni e si sarebbero portati via…. una porta?».
«No, no. Non mi sono spiegato. Kernon il Gael, lo schiavo
dei Vipinas, dice che la matriarca è entrata per una porta di uno dei corridoi
del primo piano, una porta che adesso non c’è più. Al suo posto c’è solo il
muro!».
Velthur sperò fino all’ultimo che il gendarme avesse capito,
grazie alla sua scarsa intelligenza, chissà che cosa di un caso che in realtà
non aveva nulla di magico e di misterioso, e chiese di poter vedere subito la
matriarca Irauni.
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