domenica 11 dicembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 272° pagina.


Verde potevano esserci delle fughe di vapori sotterranei che avevano l’effetto di droghe allucinogene.

Pensò che forse anche in casa sua c’era una di quelle fughe.

Irauni era una donna così scettica e autocontrollata, che persino in quei momenti sconcertanti, riusciva a ragionare su quello che stava vivendo.

Ma quella spiegazione che per pochi istanti confortò la sua ragione, fu spazzata via dallo scontro finale con quell’assurda realtà.

Infatti la donna piangente, udendo i passi dietro di sé, si alzò di scatto e mostrò il suo volto verde pallido.

Un bel volto pieno di lacrime che mutarono in un istante in una maschera che lanciava un urlo spaventoso.

La donna si rialzò in piedi e continuando ad urlare parole incomprensibili afferrò una brocca di metallo verde, piena d’acqua che si trovava presso il grande letto, e la scagliò contro Irauni, colpendola in testa.

La brocca, sotto il fondo, aveva un bordo tagliente che ferì la matriarca sopra la tempia, rimbalzò e proseguì il suo volo oltre la porta aperta.

Irauni, barcollando fece cadere la lampada perenne che aveva in mano, e si diede alla fuga da dove era venuta.

Richiuse la porta dietro di sé con un tonfo pesante e corse urlando per il corridoio, fino alle scale, in fondo alle quali Kernon e Thefren aspettavano, anch’essi sconvolti dopo aver udito l’urlo potentissimo e lacerante.

Fuggirono tutti e tre alla ricerca degli altri occupanti della casa, mentre Kernon continuava a ripetere che doveva dargli il permesso di chiudere il corridoio con delle assi.

Invece, quando trovarono Elori, la sorella minore di Irauni questa, mentre curava la ferita della sorella, mandò la schiava Nemerarn a chiamare i gendarmi in paese, perché venissero subito, e che chiamasse anche il dottor Laran, anche perché non solo Irauni era ferita e perdeva parecchio sangue, ma sembrava delirare. Sul momento, nessuno riuscì a capire cosa fosse successo.

Elori non dette retta alle suppliche di Kernon, che gli pareva diventato ancor più matto di Irauni. Anche Elori non era molto disposta a credere a strane superstizioni sulle Fate.

Quando Nemerarn entrò nella postazione dei gendarmi in paese, raccontò solo che qualcuno era penetrato in casa loro e aveva ferito la matriarca, qualcuno che poteva ancora essere in casa o nei paraggi, e che forse aveva anche rubato qualcosa.

Siccome la famiglia Vipinas, anche se decaduta, era una famiglia di athumna, furono celeri nell’accorrere alla villa. Il dottore arrivò un attimo dopo di loro.

E anche se all’inizio sembrava che dovesse semplicemente essere l’aggressione di un ladro nella notte, temeva di dover scoprire che anche quello era un caso misterioso.

Presentimento che si rivelò esatto nel momento in cui arrivò a Villa Vipinas, nel pieno della notte.

Uno dei due gendarmi, appena lo vide, gli disse subito una cosa molto strana.

«Ben arrivato, dottor Laran. Forse voi ci aiuterete a capire come abbiano fatto a far sparire una porta!».

«Prego?».

«Pare che sia sparita una porta da uno dei corridoi al primo piano della villa dei Vipinas…..».

«Cioè, dei ladri sarebbero entrati in casa, avrebbero ferito in testa la matriarca Irauni e si sarebbero portati via…. una porta?».

«No, no. Non mi sono spiegato. Kernon il Gael, lo schiavo dei Vipinas, dice che la matriarca è entrata per una porta di uno dei corridoi del primo piano, una porta che adesso non c’è più. Al suo posto c’è solo il muro!».

Velthur sperò fino all’ultimo che il gendarme avesse capito, grazie alla sua scarsa intelligenza, chissà che cosa di un caso che in realtà non aveva nulla di magico e di misterioso, e chiese di poter vedere subito la matriarca Irauni.

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