sabato 3 dicembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 264° pagina.


«Strano metodo per togliere il maleficio: usare lo stesso mezzo che secondo te lo avrebbe fatto venire!».

Arnith scattò seduto sul giaciglio, furibondo.

«Non è la stessa cosa! Una volta andavo regolarmente al belk, e mi piaceva! Ma è successo qualcosa, una volta…. una cosa che mi ha fatto convincere a non andarci più! Ho visto delle cose durante le visioni del belk, delle cose spaventose che mi danno gli incubi ancora adesso. Cose ancora più spaventose di quelle che ho visto stanotte! Cose di cui non voglio parlare. Le ho riferite al sacerdote che officiava il belk a cui partecipavo, e lui mi ha detto che avevo incontrato qualcosa che non avrei mai dovuto vedere né conoscere, e che dovevo seguire dei riti speciali, per scongiurare il pericolo di non incontrarlo di nuovo. Ma io avevo troppa paura, e semplicemente non sono più andato al belk, non c’ho più partecipato, anche se ufficialmente faccio ancora parte di quella congrega…. ma forse quella cosa mi ha inseguito, mi ha trovato di nuovo ieri sera, magari per colpa di qualche strega che ha voluto punirmi per essermi allontanato dalla congrega.

E allora adesso andrò da Tarkisi Ferstran, la cugina di Syndrieli, lei è una strega. Una volta era la mia moglie notturna. Era della mia stessa congrega. Dopo che mi è successa…. quella cosa, non sono più andato a trovarla, ma chissà, magari non mi sbatte la porta in faccia!».

«Buona fortuna, allora!».

Velthur sapeva che i partecipanti alle congreghe del belk non potevano rivelare cosa succedeva durante i riti a cui partecipavano, per cui non provò neanche a chiedere ad Arnith cosa avesse visto da spaventarlo al punto da non voler più partecipare a quella festa orgiastica

Gli bastava, per il momento, sapere cosa gli era successo quella notte e anche sapere che la supposizione che aveva fatto dopo che aveva visto quella misteriosa luce rossa muoversi sui monti prima dell’aurora, si era rivelata giusta. La Tregua dell’Ignoto era finita e ora ricominciava tutto daccapo.

I gigli rossi si sarebbero di nuovo diffusi nei prati primaverili. D’altra parte, non se ne erano mai andati del tutto. In quei sette anni, ne aveva sempre visto qualcuno qua e là, come onnipresenti moniti.

La sera seguente, qualcos’altro successe in una casa lungo il fiume, appena fuori del paese, una casa di contadini benestanti, che avevano fatto un sacco di pentacoli ospitando i pellegrini del Santuario d’Ambra nella loro grande casa. La famiglia si chiamava Kalatur.

Con i soldi dei pellegrini avevano ampliato ulteriormente la casa, comprato schiavi, assunto servitù, e in pratica erano diventati una locanda-fattoria, come tante altre nella zona.

Poco dopo il calar del sole, una delle ragazze più giovani della famiglia, di nome Alasni, stava riordinando una delle stanze destinate ai pellegrini più prestigiosi.

In quella grande stanza, dotata di un grande specchio circolare, era stato ospitato una volta lo stesso Shepen della città di Ermonel. Alasni aveva il compito di controllare che quella stanza fosse sempre a posto e in ordine per il prossimo prestigioso ospite che fosse arrivato alla locanda.

Stava controllando la pulizia proprio del grande specchio, quando vide alle sue spalle, contro la parete opposta, vicino a una delle due finestre, una cosa che gli fece gelare il sangue.

Una figura scura, altissima, che in pratica sfiorava il soffitto, che sembrava velata di nero dalla testa ai piedi. Come se non bastasse, appariva semitrasparente. Era come un essere fatto di ombra solidificata, a parte gli occhi che trasparivano dal velo che copriva il suo volto, se davvero aveva un volto. Erano due ovali bianchi, lucenti, argentei, e sembravano guardare malignamente Alasni.

Alasni si voltò lanciando un grido soffocato, ma di fronte a sé non vide affatto l’ombra nera, ma qualcosa che, anche se molto meno terrificante, comunque appariva innaturale.

Nello stesso punto in cui nello specchio aveva visto l’essere d’ombra, stava invece una piccola sfera di luce rossa pulsante, non più grande di un chicco d’uva, che fluttuava nell’aria, baluginando.

Alasni aveva sentito dire che a volte gli spiriti si manifestano sotto forma di globi di luce, ma non immaginava che quei globi fossero di luce rossa pulsante.

Si voltò di nuovo, e vide che nello specchio appariva di nuovo l’ombra nera, altissima, svettante, immobile.

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