epoca, dove tutto fosse cambiato, ma d’altra parte lo
spaventava l’idea di lasciare per sempre tutto quello che aveva conosciuto.
Ma oltre a questo, Thefren possedeva un gatto, che aveva
trovato qualche tempo prima nel parco della villa.
Era uno dei grandi gatti grigi e neri della razza
valgiglina. L’aveva chiamato Rhuan, dal nome del più grande eroe epico dei
Gaelna.
Kernon gli aveva detto che sicuramente Rhuan era il suo
spirito-guida, il suo protettore totemico che gli Dei gli avevano dato per
guidarlo e seguirlo. Per Thefren era più che altro il suo compagno di giochi,
che lo consolava della sua solitudine.
La sera seguente alla quale Alasni Kalatur aveva avuto le
sue spaventose visioni, Thefren vide il proprio gatto correre su per la scala
di legno che conduceva a uno dei corridoi abbandonati della villa. Uno dei
corridoi che tanto lo spaventavano.
Forse aveva visto un topo, forse era stato attirato da un
odore particolare, forse semplicemente stava inseguendo una di quelle cose che
gli Uomini non riescono mai a capire cosa siano, quando i loro gatti
improvvisamente guardano in un punto dove non sembra esserci niente, e guatano
nelle ombre, o addirittura scattano verso le ombre stesse, anche se
apparentemente non c’è niente che possa giustificare il loro comportamento.
Fatto sta che Rhuan corse su per la scala e scomparve in un
battibaleno.
Proprio in quel momento, c’era anche Kernon accanto a lui.
«Guarda dove è andata a cacciarsi, quella bestia. Valla a
riprendere, sai che tua nonna e tua zia non vogliono che vada in quel
corridoio».
«Non… voglio. Ho paura di quel posto. Ho paura degli
spiriti».
«Come??? Come pensi di diventare un guerriero se ti spaventi
solo ad andare in un vecchio corridoio buio?».
«Devo proprio?».
«Vai a prendere Rhuan, e quando sarai nel corridoio, pensa
all’intrepido eroe Brenwyn, che affrontò le legioni dei Cani dei Defunti,
quelli bianchi con le orecchie rosse, che uscirono dal regno dei morti per
impedirgli di accedere al Castello di Cristallo nell’isola di Sen, il regno
della crudele Regina delle Fate, Mor Rixin, la Regina Nera.
Come vinse lui le legioni dell’aldilà solo con il suo
coraggio, così puoi vincerle tu. Ma sono sicuro che non le incontrerai. E poi
ci sarà Rhuan accanto a te, lui che invece sembra non avere paura di niente.
Non sembra neanche un gatto, da tanto è coraggioso….»
L’idea di essere un emulo degli eroi nordici che ammirava,
fu uno stimolo sufficiente per spingere Thefren a decidersi.
Un quarto d’ora dopo, la matriarca dei Vipinas, la nonna
Irauni, passando anche lei davanti alla scala di legno che conduceva al
corridoio proibito, trovò un Thefren tremante e in lacrime, di fronte a Kernon
che, inginocchiato di fronte a lui, cercava di calmarlo.
Alta, magra, altera e ancora piena di una sua attempata
bellezza, l’athum matriarca di Villa
Vipinas chiese subito con tono severo cosa fosse successo.
«Mia signora, vostro nipote era andato a prendere il suo
gatto al piano di sopra, nel corridoio delle camere deserte, ma qualcosa l’ha spaventato….».
«E tu l’hai lasciato andare da solo? È così che custodisci
mio nipote?».
«Perdonate, mia signora, ma mi pareva che il ragazzo fosse
abbastanza grande per affrontare da solo un corridoio buio. Aveva questa
lampada perenne con sé!».
«Quelli della tua stirpe sanno essere solo sciocchi e
arroganti! Qualsiasi cosa abbia spaventato Thefren, tu dovevi essergli accanto!
Allontanati da lui, voglio sapere cosa è successo».
Ma neanche la nonna riuscì a capire che cosa avesse
spaventato Thefren, il quale balbettava frasi senza senso.
«Il cavaliere è morto, la principessa piange oltre la porta
verde! Rhuan mi ha impedito di andare da loro!» continuava a ripetere.
«Il gatto è ancora nel corridoio?».
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