giovedì 8 dicembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 268° pagina.


epoca, dove tutto fosse cambiato, ma d’altra parte lo spaventava l’idea di lasciare per sempre tutto quello che aveva conosciuto.

Ma oltre a questo, Thefren possedeva un gatto, che aveva trovato qualche tempo prima nel parco della villa.

Era uno dei grandi gatti grigi e neri della razza valgiglina. L’aveva chiamato Rhuan, dal nome del più grande eroe epico dei Gaelna.

Kernon gli aveva detto che sicuramente Rhuan era il suo spirito-guida, il suo protettore totemico che gli Dei gli avevano dato per guidarlo e seguirlo. Per Thefren era più che altro il suo compagno di giochi, che lo consolava della sua solitudine.

La sera seguente alla quale Alasni Kalatur aveva avuto le sue spaventose visioni, Thefren vide il proprio gatto correre su per la scala di legno che conduceva a uno dei corridoi abbandonati della villa. Uno dei corridoi che tanto lo spaventavano.

Forse aveva visto un topo, forse era stato attirato da un odore particolare, forse semplicemente stava inseguendo una di quelle cose che gli Uomini non riescono mai a capire cosa siano, quando i loro gatti improvvisamente guardano in un punto dove non sembra esserci niente, e guatano nelle ombre, o addirittura scattano verso le ombre stesse, anche se apparentemente non c’è niente che possa giustificare il loro comportamento.

Fatto sta che Rhuan corse su per la scala e scomparve in un battibaleno.

Proprio in quel momento, c’era anche Kernon accanto a lui.

«Guarda dove è andata a cacciarsi, quella bestia. Valla a riprendere, sai che tua nonna e tua zia non vogliono che vada in quel corridoio».

«Non… voglio. Ho paura di quel posto. Ho paura degli spiriti».

«Come??? Come pensi di diventare un guerriero se ti spaventi solo ad andare in un vecchio corridoio buio?».

«Devo proprio?».

«Vai a prendere Rhuan, e quando sarai nel corridoio, pensa all’intrepido eroe Brenwyn, che affrontò le legioni dei Cani dei Defunti, quelli bianchi con le orecchie rosse, che uscirono dal regno dei morti per impedirgli di accedere al Castello di Cristallo nell’isola di Sen, il regno della crudele Regina delle Fate, Mor Rixin, la Regina Nera.

Come vinse lui le legioni dell’aldilà solo con il suo coraggio, così puoi vincerle tu. Ma sono sicuro che non le incontrerai. E poi ci sarà Rhuan accanto a te, lui che invece sembra non avere paura di niente. Non sembra neanche un gatto, da tanto è coraggioso….»

L’idea di essere un emulo degli eroi nordici che ammirava, fu uno stimolo sufficiente per spingere Thefren a decidersi.

Un quarto d’ora dopo, la matriarca dei Vipinas, la nonna Irauni, passando anche lei davanti alla scala di legno che conduceva al corridoio proibito, trovò un Thefren tremante e in lacrime, di fronte a Kernon che, inginocchiato di fronte a lui, cercava di calmarlo.

Alta, magra, altera e ancora piena di una sua attempata bellezza, l’athum matriarca di Villa Vipinas chiese subito con tono severo cosa fosse successo.

«Mia signora, vostro nipote era andato a prendere il suo gatto al piano di sopra, nel corridoio delle camere deserte, ma qualcosa l’ha spaventato….».

«E tu l’hai lasciato andare da solo? È così che custodisci mio nipote?».

«Perdonate, mia signora, ma mi pareva che il ragazzo fosse abbastanza grande per affrontare da solo un corridoio buio. Aveva questa lampada perenne con sé!».

«Quelli della tua stirpe sanno essere solo sciocchi e arroganti! Qualsiasi cosa abbia spaventato Thefren, tu dovevi essergli accanto! Allontanati da lui, voglio sapere cosa è successo».

Ma neanche la nonna riuscì a capire che cosa avesse spaventato Thefren, il quale balbettava frasi senza senso.

«Il cavaliere è morto, la principessa piange oltre la porta verde! Rhuan mi ha impedito di andare da loro!» continuava a ripetere.

«Il gatto è ancora nel corridoio?».

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