trasformare la sega di rame rendendola più potente, assieme
ai raggi di luna e al farthankar dei
Nani?
Troppe le cose che avrebbe voluto capire, e troppo faticoso
leggere, troppo faticoso ascoltare il dottore con attenzione mentre parlava.
Capiva perché ci volessero anni per imparare qualcosa a
scuola.
Si consolò guardando l’illustrazione di quel capitolo del
libro di storia, che rappresentava Larth Turan e i tre Nani attorno alla pietra
alchemica. Era la prima raffigurazione dei Nani che vedeva in vita sua. Tre
piccoli ometti tozzi e barbuti, seminudi, con berretti non molto diversi da
quelli dei Thyrsenna, che tendevano le loro mani sul pentacolo inciso sulla
pietra, mentre uno di loro proiettava un raggio di luna con la sua sfera di
cristallo.
Ne rimase affascinato, e quella immagine rimase
profondamente scolpita nella sua mente per molto tempo.
Quasi come l’aveva sempre affascinato il ciondolo al collo
del dottore, che lui diceva essere anch’esso opera dei Nani.
Avrebbe desiderato averne uno uguale, ma il dottore gli
aveva detto che probabilmente nessun alchimista umano sarebbe stato capace di
creare un oggetto simile. Non si riusciva neanche a capire cosa fosse
esattamente. Le linee di luce all’interno del tetraedro trasparente sembravano
seguire una geometria del tutto sbagliata, che creavano lati di figure
geometriche incomprensibili.
Tornando a casa dalla lezione, Loraisan continuava a
guardarsi le mani, a provare ad immaginare cosa significasse usare la forza del farthankar facendola scaturire dai
palmi delle mani.
Dunque, anche lui sicuramente aveva il farthankar, in qualche misura. Ma non poteva sapere se era
sufficiente per diventare un alchimista.
Come avrebbe desiderato poter fabbricare cose meravigliose e
potenti con le sue mani, ma per riuscire a fare questo di fronte a lui si
stendeva una lunga strada da percorrere. E per i bambini, anche pochi anni
possono sembrare un tempo lunghissimo.
Mentre camminava, si fermò di fronte a una piccola edicola
dedicata a Sethlan, il Dio del Fuoco e dell’arte dei fabbri, una delle divinità
più venerate dagli alchimisti.
Naturalmente, gli venne in mente di pregare Sethlan di
concedergli il potere del farthankar,
qualunque cosa fosse, per diventare un buon alchimista.
Avvicinò la mano sinistra ai piedi della statua che
rappresentava un uomo massiccio, nudo, con una barba e una chioma di fiamme e
un grosso martello che teneva rovesciato verso terra, con i palmi sulla punta
del manico, appoggiandosi su di esso. La sua pelle era dipinta di un brillante
color ambra, e la barba e le chioma fiammeggianti erano di un colore
rosso-arancio. Tutta la sua figura sembrava emanare calore ed energia.
Un’aureola di raggi dorati circondava il suo volto ridente e bonario.
Pregò il Dio del Fuoco di fargli capire cosa era il farthankar, di farglielo sentire dentro
di sé.
Fosse stata solo suggestione, o fosse davvero lo smuoversi
di qualcosa dentro di lui, sentì come un brivido intenso e caldo che gli
partiva dalla sommità della schiena per arrivargli alla mano, che sentiva
stranamente calda, anzi caldissima.
Pensò che il farthankar
dovesse essere una specie di fuoco, di fiamma invisibile che si nascondeva
nelle profondità del corpo e della mente, e che scaturiva ogni volta che veniva
invocata con l’aiuto degli Dei.
Pensò anche che fosse il caso di fare un’offerta, un omaggio
a Sethlan, perché non si poteva chiedere agli Dei senza offrire qualcosa in
cambio, anche solo un semplice gesto di cortesia.
Notò che crescevano alcuni gigli rossi al limitare della
strada lastricata dove si trovava l’edicola del Dio del Fuoco. Gigli scarlatti
con sfumature di rubino e di arancio, come fiamme e sangue.
Gli sembrò l’offerta adatta da dedicare allla divinità del
fuoco.
Strappò alcuni fiori dal gambo e li pose sotto l’edicola,
sotto la cavità che era stata fatta per le offerte in denaro. Quelle più
raccomandate dai kametheina etariakh, ma che Loraisan non poteva
permettersi ancora.
Dopo aver offerto i fiori, rifece la supplica a Sethlan
bisbigliando una preghiera.
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