giovedì 29 dicembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 289° pagina.


Quel giorno, non si era portato dietro il suo inseparabile ciondolo a tetraedro, perché aveva pensato che fosse offensivo portarlo al collo in presenza della Triplice Regina delle Fate.

Ma siccome senza di esso ormai si sentiva nudo, per l’esigenza di sentire qualcosa al collo si era messo invece una sua catenina con un ciondolo d’oro rosso di significato religioso: la triplice svastica a spirale, simbolo dell’Aventry.

Appena il pellegrino l’ebbe notata, lanciò un urlo rauco e isterico, puntando il dito accusatore contro il medico.

«Abominio! Un malvagio Avennar miscredente e nemico degli Dei si trova sulla nostra strada di pellegrini! Purifichiamo il male, o sorelle e fratelli!».

A quel punto successe qualcosa di veramente sorprendente. Tutti gli otto pellegrini, uomini e donne, estrassero delle corte spade di acciaio adamantino dalle loro bisacce, e si avventarono verso Velthur.

Menkhu e Prukhu furono lesti nel reagire menando grandi bastonate con tutte le loro forze, fino a quando le potenti lame di metallo alchemico tagliarono a fette  i loro stessi bastoni.

Velthur disse loro di scappare. Le sottili lame di trasparente acciaio adamantino potevano tagliare in due anche una roccia. Era il loro straordinario potere che difendeva il regno del Veltyan da ogni invasione ormai da diversi secoli.

Ma cosa ci facessero in mano a un gruppo di apparentemente pacifici pellegrini, non si sapeva.

Certo, qualche arma se la portavano sempre dietro, ma vederli armati quasi come soldati sul piede di guerra non era previsto.

Così  i tre amici si trovarono inseguiti da una banda di furie fanatiche invasate dall’odio religioso.

Scapparono prima lungo la strada lastricata verso Tulvanth, poi Prukhu urlò: «Disperdiamoci nel bosco! Tu Velthur, corri giù nel bosco verso il fondo valle! Ci pensiamo noi due a questi qui!».

Cosa volessero fare esattamente Prukhu e suo figlio, Velthur non lo sapeva, ma poteva immaginarlo.

Se ci fosse stato solo Menkhu assieme a lui, questi avrebbe potuto caricarsi il medico sulle spalle e correre come il vento, seminando quegli scalmanati, ma evidentemente i due Sileni non volevano semplicemente seminarli, ma combatterli e vincerli.

Nel bosco, gli Uomini non potevano battersi facilmente con i Sileni, nemmeno se armati fino ai denti. Il bosco era il loro elemento naturale, e là la loro potenza e astuzia era al massimo. Non per niente l’altro nome dei Sileni era Silvani, la Gente del Bosco.

Prukhu non era per niente rallentato dall’età, perché la vecchiaia pesa sui Sileni molto meno che sugli Uomini, e assieme a suo figlio avrebbe potuto confondere e disorientare gli aggressori, cogliendoli alle spalle uno ad uno, per disarmarli e, se necessario, ucciderli spezzando loro il collo con la sola stretta delle fortissime mani.

Ma se nei primi istanti Velthur era convinto che i due Sileni sapessero il fatto suo, poco dopo cominciò a dubitarne.

Perché gli otto pellegrini fanatici si erano messi ad inseguire soprattutto lui nel bosco, e non i Sileni, dato che era lui l’Avennar, il malvagio miscredente da eliminare a tutti i costi. E tra l’altro, anche il più debole ed indifeso.

Tra l’altro, i boschi di quella valle erano aperti e luminosi, dagli alberi grandi e distanziati, che lasciavano passare la luce del sole; boschi di querce, betulle e ippocastani che permettevano senz’altro a Velthur di correre a perdifiato verso il fondovalle, ma anche ai suoi inseguitori di vederlo da lontano. Non vedeva un posto dove nascondersi.

Solo dopo si accorse di aver sottovalutato i suoi amici, perché sentì le urla degli inseguitori trasformarsi in breve tempo da urla di rabbia e folle odio in grida di dolore e paura. Uno per uno, venivano raggiunti dagli invisibili Sileni e abbattuti a suon di pugni in testa o sonore bastonate con rami raccolti dal terreno, uomini e donne.
L’ultimo inseguitore, un uomo alto e magro, con una faccia patibolare segnata da una cicatrice, stava per raggiungere Velthur, alzando la sua spada cristallina e lanciando un urlo di battaglia come un guerriero che sta per affrontare il nemico. E avrebbe potuto raggiungere il medico, se non si

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