venerdì 30 dicembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 290° pagina.


fosse fermato all’improvviso a pochi metri da lui, congelato con un braccio in alto, con gli occhi sbarrati come di fronte a un’apparizione improvvisa.

L’uomo calò lentamente la spada, come a voler cessare le ostilità. Sembrava non vedere più Velthur, ma guardare qualcosa che era oltre di lui.

Poi all’improvviso, continuando a fissare un punto del bosco oltre il fondovalle, si piantò la spada dritto nel cuore e crollò in avanti senza un gemito. Il suo corpo rimase riverso con le braccia aperte, con la lama scintillante e lorda di sangue che torreggiava dritta fuori dalla sua schiena.

Nel bosco calò di nuovo un silenzio assoluto, nemmeno rotto dai versi degli uccelli.

Velthur aveva corso ancora per alcuni metri, prima di accorgersi di non essere inseguito. Quando si voltò, aveva visto giusto in tempo il pellegrino folle togliersi la vita.

Avvicinandosi per guardare il corpo, vide la corteccia di un ippocastano là accanto trasformarsi in una figura simile a quella umana, o meglio fatata.

Azyel era rimasto nascosto là accanto, travestito da albero. L’espressione dello Gnomo non era meno sconcertata di quella del medico.

«È opera tua? L’hai spinto tu a uccidersi?».

«Noi queste cose non le facciamo! Per noi la vita è sacra, e avrei potuto benissimo proteggerti senza ammazzare nessuno. Io gli ho fatto apparire di fronte l’immagine di sua madre che gli diceva di non uccidere, non gli ho detto che doveva ammazzarsi con la sua spada! Non capisco perché l’ha fatto….».

«Tu sapevi che sarebbe successo questo, naturalmente! Avresti potuto dircelo prima, e li avremmo evitati!».

«Sì, e questi otto pazzi, o meglio ormai sette, sarebbero andati in giro con le loro pericolosissime spade per ammazzare qualcun altro! Non li avreste affrontati di vostra volontà, se io vi avessi avvertiti. Otto spade di acciaio adamantino, come quella del fabbro Hermen Vanth! Una cosa che a malapena hanno i gendarmi di Arethyan, e nessun altro dei tuoi compaesani. Sai cosa volevano fare, questi pazzi? Sono seguaci di una setta di fanatici, che ricorrono al furto e all’omicidio pur di ottenere i loro scopi. Queste spade le hanno rubate. Ora invece sono in mano dei nostri amici Sileni, i quali, ti assicuro, si sono divertiti molto ad abbattere e disarmare questa banda di assassini scalmanati. Se voi non li aveste fermati, avrebbero causato molti morti. Grazie a voi, molte persone ora sono salve, almeno per il momento».

«Ma perché questo qui si è ammazzato?».

«Non lo so. Nei suoi ultimi istanti di vita, quando gli ho fatto comparire l’immagine di sua madre, ha visto qualcos’altro, qualcosa che non sono riuscito a leggergli nel pensiero. Ho visto un’ombra scura, che lui fissava nel profondo del bosco, e deve essere stata quell’ultima visione a dirgli di uccidersi».

«Allora adesso il bilancio è di tre morti e un ferito».

«Cosa intendi dire?».

«Il primo morto è stato Aralar Alpan, sette anni fa. Il secondo è il giovane che si è sgozzato di fronte all’immagine di Sethlan ad Arethyan, qualche giorno fa. Il terzo è questo qui. Il ferito è la matriarca patrizia Irauni Vipinas, che si è beccata un vaso di metallo in testa da una misteriosa donna dalla pelle verde…. insomma, sta diventando un’epidemia di follia! Siamo nei guai seri…».

«Lo saremmo ancora di più se non avessimo fermato questa banda di fanatici. Le Tre Madri del Fato hanno visto cosa volevano fare. Volevano entrare nel Santuario d’Ambra e uccidere tutti i sacerdoti che vi avrebbero trovato, per “purificarlo”. Poi sarebbero andati in tutti i templi della zona e avrebbero fatto lo stesso con tutti i kametheina, uno per uno. Non gli importava niente di morire. Credono di doversi sacrificare in nome della volontà degli Dei, sono convinti che il Santuario di Silen è guidato da sacerdoti corrotti, come tutto il Veltyan... ».

«Beh, lo è anche per noi Avennarna, anche se non siamo ancora arrivati ad ammazzare la gente, per combattere la corruzione».

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