giovedì 12 gennaio 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 303° pagina.


La follia assoluta del più completo delirio di onnipotenza. Credeva davvero di poter conquistare il mondo e fare dell’umanità tutto quello che voleva.

Si domandò se, a furia di maneggiare sostanze e strumenti alchemici, non si fosse intossicato il cervello. In fin dei conti, era capitato a non pochi alchimisti.

Quando aveva trovato il suo cadavere sparpagliato in strani pezzi accuratamente separati sulla neve e sui rami del bosco, sul momento aveva provato pietà per lui. Pensava che nessun essere meritasse una fine del genere. Ma leggendo quel diario, ora si stava convincendo che la sua morte era stata una punizione fin troppo lieve.

In altre pagine, infatti, aveva già scoperto che quell’uomo aveva commesso dei veri e propri delitti, per ottenere i suoi scopi. Aveva rubato materiali alchemici che gli servivano, arrivando a volte a ucciderne i proprietari, unendosi a bande di briganti che assalivano le carovane di mercanti, o ad altri delinquenti dei bassifondi della città di Prini, che penetravano nelle case di notte. E questo persino dopo aver ricevuto la consacrazione di sacerdote.

Ora scopriva anche che aveva perseguito un delirante progetto di conquista del Veltyan, a cui sarebbe seguito un folle massacro di massa, in cui sarebbero morte tutte quelle persone che non si adeguavano ai suoi canoni di vita fondati sulla conquista e la ricerca del potere. Uomini, donne e bambini sarebbero stati sterminati magari solo perché usavano la mano destra e perciò non potevano essere istruiti nell’alchimia.

Velthur non aveva mai sentito parlare di una follia del genere. C’erano stati parecchi tiranni, parecchi assassini nella storia degli Uomini di Kellur, ma non aveva mai saputo di nessun tiranno, nessun capo barbaro che aveva voluto sterminare un popolo o una categoria di persone per inseguire il sogno di creare un mondo nuovo.

Nemmeno aveva mai saputo di alcun Uomo che avesse inseguito il sogno di conquistare il mondo intero, dopo la caduta dell’impero dei Giganti con il Diluvio.

Ora, avrebbe voluto sapere con precisione quali erano i suoi progetti politici. Voleva trasformare l’intero regno del Veltyan in un esercito di alchimisti? E chi avrebbe coltivato la terra? Svolto i lavori umili? La risposta gli venne dal seguito della lettura, subito ripresa da dove l’aveva interrotta.



…. Per fortuna, O.M. e io continuiamo a trovarci d’accordo su tante altre cose. Lì sembra avere un atteggiamento più deciso e privo di debolezze. Concorda con me sul fatto che, dopo che avremo stabilito il nuovo ordine, le nuove armi alchemiche dovranno essere impiegate per conquistare tutti i territori a nord delle Montagne Albine, fino all’Oceano Occidentale e alle coste settentrionali del Mare Iperboreo. Tutti i popoli nordici dovranno essere sottomessi, per poter procurare le legioni di schiavi che lavoreranno per noi quando i Thyrsenna verranno tutti istruiti a diventare alchimisti, e anche per servire i colonizzatori che cominceremo ad inviare in tutti i territori di Kellur, deserti o abitati che siano. In particolar modo, dovranno servire da milizia di conquista.

Il loro carattere nazionale di feroci guerrieri finalmente tornerà a nostro favore, dopo aver subìto le loro invasioni e scorrerie per tanti secoli. Così nessun Thyrsen dovrà più sacrificare la propria vita in guerra, ma solo dedicarsi a una vita di sapere, di industrioso lavoro e di grandiose opere.

Così finalmente anche la malefica e rozza razza dai capelli rossi troverà una sua utilità nel cammino della civiltà.

Alla fine, dovranno esistere due stirpi umane: una di sapienti governanti, l’altra di ubbidienti lavoratori e combattenti.

Certo, saranno utili anche le scarse popolazioni delle altre regioni del mondo, in particolar modo i Sileni, che sono notoriamente una stirpe robusta e possente….


Lo scritto continuava parlando di cose molto meno interessanti, quindi Velthur decise di leggere un altro brano. Durante la prima lettura avvenuta anni prima, aveva già notato questa strana abitudine di Aralar di nominare le persone e i luoghi solo con le loro iniziali. A volte non riusciva neanche a capire se stesse parlando di un uomo o di una donna, o di che tipo di luogo stesse parlando, se di

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