lunedì 9 gennaio 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 300° pagina.


al male in ogni sua forma, ma anche a tutto quello che gli Uomini consideravano più grande e più importante.

Velthur quella sera ebbe l’impressione che le Fate fossero in qualche modo delle eterne bambine, che si erano chiuse per sempre in un mondo fatto di oggetti naturali e che, per scelta, non volessero in nessun modo allontanarsene, rimanendo come in una tana protetta, inconsapevole. Come se del mondo esterno vedessero solo quello che volevano vedere, le cose che servivano loro a mantenere quello stato di pace perenne.

Un tempo aveva creduto che fossero un popolo sapientissimo, su cui la saggezza e la conoscenza di innumerevoli millenni si erano incrostate come una corazza, rendendole degli esseri in grado di vedere più lontano di chiunque altro. Ora invece si domandava se fosse veramente così. Se invece la verità fosse che il tempo si era cristallizzato in loro, congelandole in una sorta di eterna infanzia che aveva fermato la loro storia. Forse le Fate sapevano tutto, ma in realtà non capivano niente. Vedevano cose lontane nel passato e nel futuro, e in paesi lontani, ma in realtà non comprendevano veramente le cose che vedevano, così come il sognatore non capisce quello che sta sognando. Semplicemente, le riferivano come le vedevano, e per questo poi i loro vaticini apparivano così ingannevoli.

Ad un certo punto della conversazione, Velthur sussurrò a Prukhu che gli sedeva accanto.

«È scortesia domandare a una Fata quale sia la sua età?».

«Naturalmente no. Lo scorrere del tempo ha molto meno importanza per le Fate di quanto ne abbia per gli Uomini».

La matriarca rispose ancora prima di aver sentito la domanda. Maledetta capacità fatata di leggere nelle menti.

«Ho quattrocentotrentotto primavere, e la mia primogenita ne ha trecentoventisei. In media, viviamo almeno cinquecentoquaranta primavere. Per questo siamo così poche, sulla Madre Terra. Le nostre generazioni sono così lunghe che la nostra popolazione è molto lenta nel crescere,

Quando avvenne il Diluvio, che per noi non è un evento così remoto come lo è per voi, anche le nostre schiere furono sterminate, come per ogni altro essere vivente sulla Madre Terra, e solo pochissime di noi si salvarono sulle cime dei monti. Da allora, sebbene siano passati più di quattromila primavere, non abbiamo ancora fatto in tempo a diventare numerose, come invece voi Uomini, che avete una vita tanto breve e che perciò vi moltiplicate a grande velocità».

Velthur sapeva già che le Fate avevano una vita molto lunga, ma non immaginava così tanto.

«Eppure, matriarca, voi apparite non più vecchia delle vostre figlie!».

La Fata non lo considerò un complimento.

«La vecchiaia pesa pochissimo sui nostri corpi. Non conosciamo il decadimento fisico che subìte voi Uomini. Noi semplicemente ci spegniamo come queste candele, quando viene il momento del trapasso. Ci addormentiamo e raggiungiamo il regno della Grande Madre Trifronte e del Grande Padre Cornuto nel grembo di Kellur, passando dal sonno alla morte senza quasi accorgercene».

«E conoscete anche quale sarà il giorno della vostra morte?».

«Sì, naturalmente. Noi non conosciamo la paura della morte come voi Uomini».

«E come mai?»

«Semmai dovresti chiederti perché la temete voi. Certo, possiamo essere un po’ tristi all’idea di lasciare le nostre case, i nostri boschi, gli animali e le piante che abbiamo tanto amato, ma certamente non abbiamo il terrore che avete voi della morte. Perché noi sappiamo di andare incontro all’eternità, anche se non sappiamo come sarà la nostra vita oltre a questa, ma siamo certi che potremo avere ancora grande gioia. In qualche modo, saremo ancora vicine a questo mondo, alle cose che abbiamo amato in questa vita. Saremo ancora presenti nel vento, negli alberi e nelle acque. Noi lo sappiamo, perché sentiamo le voci dei nostri defunti nelle cose che ci circondano. Non li vediamo, ma li sentiamo.
Se io guardo di fronte a me, nel giorno della mia morte, io vedo quello che vedono tutti quelli del mio popolo: una strada che si stende all’infinito, verso un orizzonte illimitato, la strada della vita eterna. Voi invece a volte vedete la promessa della visione dei vostri Dei nei loro giardini celesti, a

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