al male in ogni sua forma, ma anche a tutto quello che gli
Uomini consideravano più grande e più importante.
Velthur quella sera ebbe l’impressione che le Fate fossero
in qualche modo delle eterne bambine, che si erano chiuse per sempre in un
mondo fatto di oggetti naturali e che, per scelta, non volessero in nessun modo
allontanarsene, rimanendo come in una tana protetta, inconsapevole. Come se del
mondo esterno vedessero solo quello che volevano vedere, le cose che servivano
loro a mantenere quello stato di pace perenne.
Un tempo aveva creduto che fossero un popolo sapientissimo,
su cui la saggezza e la conoscenza di innumerevoli millenni si erano incrostate
come una corazza, rendendole degli esseri in grado di vedere più lontano di
chiunque altro. Ora invece si domandava se fosse veramente così. Se invece la
verità fosse che il tempo si era cristallizzato in loro, congelandole in una
sorta di eterna infanzia che aveva fermato la loro storia. Forse le Fate
sapevano tutto, ma in realtà non capivano niente. Vedevano cose lontane nel
passato e nel futuro, e in paesi lontani, ma in realtà non comprendevano
veramente le cose che vedevano, così come il sognatore non capisce quello che
sta sognando. Semplicemente, le riferivano come le vedevano, e per questo poi i
loro vaticini apparivano così ingannevoli.
Ad un certo punto della conversazione, Velthur sussurrò a
Prukhu che gli sedeva accanto.
«È scortesia domandare a una Fata quale sia la sua età?».
«Naturalmente no. Lo scorrere del tempo ha molto meno
importanza per le Fate di quanto ne abbia per gli Uomini».
La matriarca rispose ancora prima di aver sentito la
domanda. Maledetta capacità fatata di leggere nelle menti.
«Ho quattrocentotrentotto primavere, e la mia primogenita ne
ha trecentoventisei. In media, viviamo almeno cinquecentoquaranta primavere.
Per questo siamo così poche, sulla Madre Terra. Le nostre generazioni sono così
lunghe che la nostra popolazione è molto lenta nel crescere,
Quando avvenne il Diluvio, che per noi non è un evento così
remoto come lo è per voi, anche le nostre schiere furono sterminate, come per
ogni altro essere vivente sulla Madre Terra, e solo pochissime di noi si
salvarono sulle cime dei monti. Da allora, sebbene siano passati più di
quattromila primavere, non abbiamo ancora fatto in tempo a diventare numerose,
come invece voi Uomini, che avete una vita tanto breve e che perciò vi
moltiplicate a grande velocità».
Velthur sapeva già che le Fate avevano una vita molto lunga,
ma non immaginava così tanto.
«Eppure, matriarca, voi apparite non più vecchia delle
vostre figlie!».
La Fata non lo considerò un complimento.
«La vecchiaia pesa pochissimo sui nostri corpi. Non conosciamo
il decadimento fisico che subìte voi Uomini. Noi semplicemente ci spegniamo
come queste candele, quando viene il momento del trapasso. Ci addormentiamo e
raggiungiamo il regno della Grande Madre Trifronte e del Grande Padre Cornuto
nel grembo di Kellur, passando dal sonno alla morte senza quasi accorgercene».
«E conoscete anche quale sarà il giorno della vostra
morte?».
«Sì, naturalmente. Noi non conosciamo la paura della morte
come voi Uomini».
«E come mai?»
«Semmai dovresti chiederti perché la temete voi. Certo,
possiamo essere un po’ tristi all’idea di lasciare le nostre case, i nostri
boschi, gli animali e le piante che abbiamo tanto amato, ma certamente non
abbiamo il terrore che avete voi della morte. Perché noi sappiamo di andare
incontro all’eternità, anche se non sappiamo come sarà la nostra vita oltre a
questa, ma siamo certi che potremo avere ancora grande gioia. In qualche modo,
saremo ancora vicine a questo mondo, alle cose che abbiamo amato in questa
vita. Saremo ancora presenti nel vento, negli alberi e nelle acque. Noi lo
sappiamo, perché sentiamo le voci dei nostri defunti nelle cose che ci
circondano. Non li vediamo, ma li sentiamo.
Se io guardo di fronte a me, nel giorno della mia morte, io vedo quello
che vedono tutti quelli del mio popolo: una strada che si stende all’infinito,
verso un orizzonte illimitato, la strada della vita eterna. Voi invece a volte
vedete la promessa della visione dei vostri Dei nei loro giardini celesti, a
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