Sono fermamente deciso
a ripetere l’esperienza più e più volte. Parteciperò a ogni belk, e ogni volta cercherò di raggiungere
Irhyel e i suoi segreti, fino a quando sarò riuscito a scoprire come venivano
fabbricati i portali triangolari.
Tutto quello in cui
credo, tutto quello che faccio dipende solo da questo.
Velthur richiuse il diario. Aveva letto a sufficienza per
rimanere perplesso e sconcertato come poche altre volte. Il racconto era ancora
più incredibile di tutti gli altri che aveva ascoltato dai suoi compaesani. Più
della figura nera nello specchio, più del mostruoso essere con la testa a
occhio e la processione di misteriosi monaci ultraterreni, più della porta
fantasma aperta su di un mondo di crepuscolo verde. Incredibile quasi come le
paurose leggende intorno alla Valle dei Gigli.
Cercava di dirsi che probabilmente si era trattato solo
dell’allucinata visione di un pazzo pieno di droghe di ogni tipo, ma c’erano
altre cose che lo inquietavano.
«È stato ad Irhyel, quel maledetto….. ha trovato Irhyel e ne
è tornato vivo! Non ci posso credere! È riuscito nell’impresa che tanti
viaggiatori hanno fallito».
Disse rivolto alle pagine, pentendosi di non aver voluto
leggere prima quel diario maledetto.
Forse il viaggio onirico era stato solo un miraggio, ma non
per questo poteva essere sicuro che lo fosse stato anche il viaggio reale nella
mitica città morta avvenuto anni prima, a cui Aralar aveva accennato qua e là.
Indubbiamente la profezia delle Tre Madri del Fato si stava
realizzando. Dentro le pagine del diario stava trovando le risposte alle
domande che l’avevano assillato sette anni prima e che poi aveva cercato di
dimenticare assieme a chi le aveva suscitate.
Irhyel era un’antica leggenda che i mercanti navigatori del
Veltyan avevano portato dalle coste occidentali di Edan Synair.
La gente dei villaggi di pescatori e di pastori, stretti fra
il mare e le montagne che confinavano con il Deserto Rosso, conservava
religiosamente il ricordo di un passato remoto, splendido e perduto, che aveva
suggestionato anche i navigatori e i mercanti, i quali avevano sognato di poter
ritrovare le rovine di Irhyel, la Città dei Geni, perduta tra le sabbie del
deserto. Ma le tribù di nomadi che sapevano qualcosa della sua ubicazione si
erano sempre rifiutate di condurre qualsiasi straniero a tali rovine, poiché
erano considerate maledette e proibite dai superstiziosi locali.
Perun Oyarsun aveva narrato tali leggende in uno dei suoi
libri, accennando agli spiriti demoniaci che infesterebbero ancora le rovine, e
che sorveglierebbero i suoi immensi tesori nascosti nelle grandi catacombe
sotto le sabbie del Deserto Rosso.
Non pochi viaggiatori del Veltyan si erano persi nel
deserto, alla ricerca di quel regno favoloso. Altri erano tornati senza aver
trovato nulla. Uno però, da quel che ricordava, era riuscito a tornare dicendo
di aver trovato la città maledetta, ma
era completamente impazzito, forse per il sole implacabile del deserto.
E quel pazzo assassino perverso di Aralar Alpan raccontava
nel suo diario di averla trovata e di essersi pure avventurato nei suoi
sotterranei. Sicuramente non mentiva, dato che era il suo diario segreto.
Certo, poteva essere che anche quello fosse il parto malato della sua mente
folle, e che lui semplicemente si fosse convinto di aver trovato la mitica
Irhyel. Forse il sole del deserto aveva fatto impazzire anche lui.
Ma ora era più chiaro cosa veramente aveva voluto fare
l’eremita. Aveva desiderato di avere il dominio assoluto dei passaggi
all’Altrove, il potere di aprire porte verso mondi sconosciuti dovunque, e di
averne l’assoluto controllo. Un tale potere certamente l’avrebbe reso l’essere
più potente di Kellur.
Voleva il potere che era stato degli antichi Geni, per
essere uguale a loro. Essere uguale a un Dio. I portali triangolari dei Geni
erano la vera Soglia dell’Altrove, e permettevano a intere schiere di esseri di
passare da un mondo all’altro tutte le volte che volevano.
C’era da chiedersi, adesso, se avesse davvero scoperto il potere
dei portali triangolari che aveva descritto, e se davvero tali portali erano
mai esistiti, o erano solo frutto del suo delirio di onnipotenza. Ma se erano
esistiti, forse erano stati quelli la causa della sua morte.
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