mercoledì 18 gennaio 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 309° pagina.


Di fronte a me, come un lungo serpente argenteo di schiere innumerevoli, si stendeva nel cielo notturno la Società di Ianarthi, che comprendeva tutti coloro che in quella notte, in tutto il Veltyan e oltre, praticavano il belk.

In quella notte di plenilunio, come in tutti i pleniluni, migliaia di persone praticavano il sacro rito nei boschi e nelle valli più isolate, e facevano sì che le loro anime si staccassero temporaneamente dai corpi, per vagare al seguito dei due grandi Dei, e delle anime che nei secoli e nei millenni li avevano preceduti nella pratica di quel culto.

E io ero in mezzo a loro, e volavo con loro, ma non mi accontentavo di vagare e guardare il mondo dall’alto. Io volevo di più. Io volevo andare oltre al mondo degli Uomini.

Per questo ho fatto proprio quello che mi era stato detto di non fare, quando mi fossi trovato libero del mio corpo: allontanarmi dalla schiera della Società di Ianarthi, e librarmi per conto mio negli spazi notturni. I sacerdoti dei misteri del belk mi avevano insegnato che se l’avessi fatto, avrei rischiato di perdermi. Ma era esattamente quello che volevo fare. Per poter trovare la Verità, bisogna rischiare di perdersi. Ogni conquista richiede un sacrificio, e un grande rischio.

Così, concentrai tutte le mie forze sul mio desiderio di andare lontano, verso orizzonti non sconosciuti, di ritornare in quei luoghi considerati maledetti e proibiti che già avevo visitato anni fa, molto lontano da qui, oltre i mari e le terre.

Cercai di contrastare con la sola forza della volontà la corrente che mi trascinava fra la terra e il cielo, verso il luogo segreto in cui vengono riunite le anime di tutte le congreghe stregonesche, di tutte le comunità fatate e di tutte le piccole tribù sileniche, perché possano trovare la risposta alle piccole, meschine domande della loro piccola e meschina vita, cose che riguardavano il raccolto, l’amore, i figli,  le malattie, il commercio, i rapporti con amici e parenti. Domande di chi non può guardare più in là di queste piccole, insignificanti cose consumate nell’irrilevante. Oppure per poter trovare un momento di magia e di esaltazione in una vita grigia e noiosa, o per sfuggire per poche ore alla propria povertà, o alla solitudine, o alla disperazione e al dolore, così come ci si ubriaca con il vino.

Ma io non avevo piccole, egoistiche domande da fare agli Dei, io avevo solo grandi interrogativi, a cui non avrebbero voluto o potuto rispondere. Perché gli Dei non rispondono sui misteri dell’esistenza, rispondono solo su ciò che non ha vera importanza. Perciò dovevo cercare per conto mio le risposte.

All’inizio dovetti divincolarmi, facendo vibrare e ondulare la corrente attorno a me, scuotendo me stesso e i miei compagni di viaggio più prossimi. In qualche modo, sentivo di avere ancora un corpo, anche se non un corpo di carne. Era come se fossi fatto di una sorta di gelatina rarefatta, mi sentivo quasi un ammasso di liquido vibrante. Sentivo una sensazione simile a quella che si prova immergendo una mano dentro una forte corrente d’acqua.

Quando alla fine riuscii a staccarmi dalla corrente del fiume di spiriti, lanciai un urlo di vittoria. Quelli che mi stavano vicino sembrarono agitarsi un attimo, ma non mi trattennero. Forse neanche si resero conto che mi ero allontanato da loro.

Non riuscivo bene a comprendere come fosse quella strana condizione che pareva immateriale, ma non incorporea. Le anime sono anch’esse corpi, ma diversi da quelli che abbiamo sulla Madre Terra. Corpi in qualche modo simili a quelli degli Dei, anche se molto meno potenti.

Eppure, abbastanza potenti da poterci svincolare dal loro dominio quando lo desideriamo veramente.

Corpi fatti di etere luminoso, e non di carne.

Mi lanciai libero nel volo della notte, mentre prima, me ne accorgevo solo allora, ero attirato solamente dal potere trascinante dei Due Grandi Dei del belk, fin dal momento in cui ero uscito dal mio corpo fisico.
Non c’erano più limiti di spazio, i luoghi più lontani divenivano vicini a un solo gesto della mia volontà. Bastava volerlo. Se qualcuno mi chiedesse se mi sentivo lucido, potrei rispondere che lo ero, ma non come lo si è da svegli. Sentivo che i miei pensieri, le mie emozioni erano tutte diverse,

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