Di fronte a me, come
un lungo serpente argenteo di schiere innumerevoli, si stendeva nel cielo
notturno la Società di Ianarthi, che comprendeva tutti coloro che in quella
notte, in tutto il Veltyan e oltre, praticavano il belk.
In quella notte di
plenilunio, come in tutti i pleniluni, migliaia di persone praticavano il sacro
rito nei boschi e nelle valli più isolate, e facevano sì che le loro anime si
staccassero temporaneamente dai corpi, per vagare al seguito dei due grandi
Dei, e delle anime che nei secoli e nei millenni li avevano preceduti nella
pratica di quel culto.
E io ero in mezzo a
loro, e volavo con loro, ma non mi accontentavo di vagare e guardare il mondo
dall’alto. Io volevo di più. Io volevo andare oltre al mondo degli Uomini.
Per questo ho fatto
proprio quello che mi era stato detto di non fare, quando mi fossi trovato
libero del mio corpo: allontanarmi dalla schiera della Società di Ianarthi, e
librarmi per conto mio negli spazi notturni. I sacerdoti dei misteri del belk mi avevano insegnato che se l’avessi fatto,
avrei rischiato di perdermi. Ma era esattamente quello che volevo fare. Per
poter trovare la Verità, bisogna rischiare di perdersi. Ogni conquista richiede
un sacrificio, e un grande rischio.
Così, concentrai tutte
le mie forze sul mio desiderio di andare lontano, verso orizzonti non sconosciuti,
di ritornare in quei luoghi considerati maledetti e proibiti che già avevo
visitato anni fa, molto lontano da qui, oltre i mari e le terre.
Cercai di contrastare
con la sola forza della volontà la corrente che mi trascinava fra la terra e il
cielo, verso il luogo segreto in cui vengono riunite le anime di tutte le
congreghe stregonesche, di tutte le comunità fatate e di tutte le piccole tribù
sileniche, perché possano trovare la risposta alle piccole, meschine domande
della loro piccola e meschina vita, cose che riguardavano il raccolto, l’amore,
i figli, le malattie, il commercio, i
rapporti con amici e parenti. Domande di chi non può guardare più in là di
queste piccole, insignificanti cose consumate nell’irrilevante. Oppure per
poter trovare un momento di magia e di esaltazione in una vita grigia e noiosa,
o per sfuggire per poche ore alla propria povertà, o alla solitudine, o alla
disperazione e al dolore, così come ci si ubriaca con il vino.
Ma io non avevo
piccole, egoistiche domande da fare agli Dei, io avevo solo grandi
interrogativi, a cui non avrebbero voluto o potuto rispondere. Perché gli Dei
non rispondono sui misteri dell’esistenza, rispondono solo su ciò che non ha
vera importanza. Perciò dovevo cercare per conto mio le risposte.
All’inizio dovetti
divincolarmi, facendo vibrare e ondulare la corrente attorno a me, scuotendo me
stesso e i miei compagni di viaggio più prossimi. In qualche modo, sentivo di
avere ancora un corpo, anche se non un corpo di carne. Era come se fossi fatto
di una sorta di gelatina rarefatta, mi sentivo quasi un ammasso di liquido
vibrante. Sentivo una sensazione simile a quella che si prova immergendo una
mano dentro una forte corrente d’acqua.
Quando alla fine
riuscii a staccarmi dalla corrente del fiume di spiriti, lanciai un urlo di
vittoria. Quelli che mi stavano vicino sembrarono agitarsi un attimo, ma non mi
trattennero. Forse neanche si resero conto che mi ero allontanato da loro.
Non riuscivo bene a comprendere
come fosse quella strana condizione che pareva immateriale, ma non incorporea.
Le anime sono anch’esse corpi, ma diversi da quelli che abbiamo sulla Madre
Terra. Corpi in qualche modo simili a quelli degli Dei, anche se molto meno
potenti.
Eppure, abbastanza
potenti da poterci svincolare dal loro dominio quando lo desideriamo veramente.
Corpi fatti di etere
luminoso, e non di carne.
Mi lanciai libero nel
volo della notte, mentre prima, me ne accorgevo solo allora, ero attirato
solamente dal potere trascinante dei Due Grandi Dei del belk, fin dal momento in cui ero uscito dal mio
corpo fisico.
Non c’erano più limiti di
spazio, i luoghi più lontani divenivano vicini a un solo gesto della mia
volontà. Bastava volerlo. Se qualcuno mi chiedesse se mi sentivo lucido, potrei
rispondere che lo ero, ma non come lo si è da svegli. Sentivo che i miei
pensieri, le mie emozioni erano tutte diverse,
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