lunedì 30 gennaio 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 321° pagina.


Da parte sua, Loraisan non solo era divenuto ancora più curioso e perplesso di fronte alla reazione del suo mentore, ma la sua immaginazione di bambino l’aveva portato a ipotesi oscure.

Da tempo, ormai, serbava dentro di sé il terrificante segreto che non osava confidare a nessuno. Nessuno se ne poteva accorgere, perché era già strano il suo comportamento prima, e non lo era molto di più dopo il fattaccio legato all’edicola sacra di Sethlan.

I grandi avevano cercato di nascondere ai bambini il misterioso suicidio del giovane pellegrino senza nome, ma certe cose non possono essere nascoste in un piccolo paese, e le chiacchiere che riguardavano gli strani eventi di Arethyan erano un torrente in piena che nessun argine può contenere. Un morto suicida nella strada vicino a casa tua, non è una cosa che ti possa essere nascosta.

Quando sua sorella Eukeni gli aveva detto di quella morte misteriosa, Loraisan si era convinto ancora di più che ci doveva essere qualcosa di sbagliato in lui. Qualcosa legato al suo farthankar. Qualcosa che forse offendeva gli Dei. E lui aveva molta paura degli Dei e delle loro punizioni. E quando il dottor Velthur gli aveva detto che non poteva parlare a lui degli Dei perché sua madre glielo aveva proibito, ebbe il sospetto che sua madre avesse capito qualcosa di quello che non andava in lui, o che magari lo avesse sempre saputo, e che volesse nasconderglielo. E se voleva nasconderglielo, doveva essere qualcosa di molto grave.

In fin dei conti, lui si era sempre sentito diverso dagli altri. Ma non che si sentisse semplicemente speciale, si sentiva estraneo a tutto e a tutti, come se fosse piombato da un altro mondo. Ogni volta che aveva a che fare con una persona, con una qualsiasi persona, persino i suoi genitori, sentiva come un muro invalicabile, una sorta di barriera di vetro infrangibile che si poneva fra lui e gli altri. Era come se non ci fosse niente di veramente in comune fra lui e tutti gli altri viventi. Sentiva solo separazione ed estraneità, e questo lo faceva sentire sempre a disagio. Non riusciva ancora a dare un nome a quello che sentiva, né poteva analizzarlo; ma le sue azioni, le sue espressioni parlavano per lui e per la sua consapevolezza che doveva ancora crescere e darsi un nome.

Solo alla sua paura e alla sua angoscia, riusciva a dare un nome e un volto, per il momento.

Dopo quella lezione, Loraisan giurò a se stesso che non avrebbe cercato mai di praticare l’alchimia, sperando così di evitare la punizione divina, che sentiva sospesa su di lui come una spada di Damocle.

Avrebbe voluto anche chiedere a sua madre perché non voleva che il dottor Laran gli parlasse di religione, ma aveva paura della risposta, e anzi si sentiva quasi sicuro che lei non avrebbe voluto rispondergli. Più ci rimuginava sopra, e più si convinceva che sua madre gli nascondesse qualcosa su lui stesso. Forse, era nato con una maledizione, un marchio divino che gli impediva di avere una vita normale e simile a quella degli altri. Avrebbe tanto voluto essere come tutti gli altri bambini, che a lui apparivano tutti uguali.

La gente, il mondo gli appariva tutto uguale, privo di vere differenze. L’unica vera differenza che sentiva, era fra lui e il mondo intero. Una differenza senza nome, senza causa, senza un vero volto. Esisteva e basta, e lo riempiva di infelicità.

Per questo forse voleva sapere, conoscere sempre più. Voleva poter leggere tutte le storie del mondo, ed evadere dalla propria soffocante diversità.

Per questo per lui il doppio appuntamento settimanale dal dottor Laran stava diventando un evento irrinunciabile, atteso con grandi aspettative. Ora che avevano cominciato a leggere insieme il Tinsina Entinaga, voleva scoprire tutto di quel libro. Forse chissà, avrebbe capito il perché della sua sofferenza, del suo sentirsi diverso. Se avesse conosciuto meglio gli Dei, avrebbe forse imparato il giusto modo per entrare in rapporto con loro, e gli Dei gli avrebbero permesso di cambiare, di ottenere una vita più felice e meno tormentata.
La volta seguente, cominciarono a leggere il capitolo in cui si parlava della creazione degli Uomini. Loraisan fu colpito dal fatto che il Tinsina Entinaga non parlava della creazione delle altre stirpi, né delle Fate né dei Sagusei né tanto meno dei Nani o dei Sileni. Anzi, delle Fate, dei Nani, dei Sagusei e dei Sileni manco accennava, come se non esistessero. L’unica stirpe della cui genesi

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